Quella mattina Belle si svegliò alle 5:50. Avrebbe voluto farsi una doccia, ma era troppo occupata a scappare per andare da suo padre per fare troppo rumore con l'acqua della doccia.
Si preparò, chiuse a chiave la porta della sua camera da fuori e si portò la chiave per far credere a Sebastian che quel giorno lei non avesse voluto uscire dalla sua camera.
Vicino la porta per uscire c'erano due paia di chiavi uguali, ne prese una sperando che Sebastian non se ne accorgesse.
Aprì il portone, fu attenta a non fare rumore. Saltò in sella alla sua bicicletta e pedalò verso il cancello alto nero. Lo attraversò e cercò di ricordare la strada per andare in città.
Pedalò più velocemente possibile. Aveva paura che Sebastian la vedesse andar via. Si perse diverse volte.
Belle non ricordava bene la strada per tornare in città, nonostante questo riuscì a trovarla. Andò al centro per anziani del quale parlavano sempre lei e suo padre.
Chiese di lui e una donna la portò alla camera del vecchio.
«Questa è la sua camera. Suo padre non sta molto bene, ha la febbre» le riferì la trentenne mortificata.
«Okay, grazie» Belle le rivolse un sorriso. La donna se ne andò mentre la ragazza bussava alla porta.
Senza aspettarsi un «avanti» entrò.
Vide il padre sdraiato nel letto a riposare.
«Papà... ciao...» disse lei sorridendo e avvicinandosi al letto del padre. Si sedette accanto a lui e gli strinse la mano. Lui aprì gli occhi e sorrise.
«Belle» la guardò con tenerezza «Non sei un sogno vero?» borbottò lui con la sua voce roca.
«No papà, sono qui davvero» rise lei.
«Che bella che sei...»
«Grazie papà... come stai?» gli chiese lei preoccupata. Era ovvio che non stava bene.
«Sono un po' ammaccato, tutto qua. Un po'di febbre e qualche osso dolorante... ah la vecchiaia è una brutta bestia...» sorrise il vecchio alla figlia.
«Papà sono preoccupata per te, chi ti dà i soldi per restare alla pensione?»
«Sebastian» rispose lui. «Dice che non c'è alcun problema, ho insistito per reclinare, ma lui voleva a tutti i costi pagarla lui. Dice che non se ne fa nulla di tutti quei soldi» Belle rimase di sasso. Credeva che Sebastian fosse un ragazzo lussurioso, non avrebbe mai pensato che avrebbe pagato volentieri la pensione di suo padre.
«Ogni mattina mi fa una telefonata e si assicura che io stia bene» continuò lui con un caloroso sorriso. «Ti trovi bene da lui?»
Belle non gli disse del fatto che lui era stato con lei un ragazzo autoritario e lunatico, gli avrebbe spezzato il cuore.
«Si papà, mi trovo benissimo da lui. È molto... gentile e simpatico» gli sorrise, ritrasse le lacrime che minacciavano di uscire.
«Sono contento per te» dagli occhi del vecchio si vedeva che era molto felice.
«Però mi manchi padre» ammise lei cercando di abbracciarlo, lui si tirò a sedere e ricambiò l'abbraccio.
«Puoi venirmi a trovare tutte le volte che vuoi! I miei amici sono molto simpatici, anche se non ho avuto molto modo di conoscerli»
Belle guardò suo padre. Rimasero a parlare per un bel pò di tempo fino a quando Belle non si rese conto che si era fatto tardi.
«Padre devo andare!» si alzò dal pezzettino di letto su cui era seduta.
«Va bene, torna presto piccola mia! Ti voglio bene!» sorrise lui è si abbracciarono forte.
«Anche io ti voglio bene papà, guarisci presto!» gli rivolse un ultimo sorriso ed andò via.
Aveva passato tre ore con il padre. La ragazza si chiese se Sebastian si fosse accorto che lei non era in casa.
Pedalò più in fretta possibile la bici. Ci mise quasi un ora ad arrivare a un chilometro di distanza dal cancello dove cadde dalla bici. La ruota anteriore aveva preso un sasso grande.
«Ahia!» gemette lei. Si guardò i palmi delle mani graffiati, i pantaloni sporchi di terra e bucati. Le sanguinavano i graffi sulle mani e sulle ginocchia. Tentò di rialzarsi ma cadde a terra. La sua caviglia si era leggermente slogata.
«Cavolo!» urlò. Adesso come tornava alla villa? Si trovava in una stradina sperduta dove più o meno passava una persona al giorno.
Tentò di rialzarsi di nuovo. Questa volta non cadde. Si tenne alla bici e camminò, o meglio zoppicò. In quaranta minuti raggiunse l'altissimo cancello nero, attraversò il giardino.
Posò la bici accanto all'entrata e aprì la porta con le chiavi prese prima di uscire.
Entrò cercando di fare meno rumore possibile, posò le chiavi da dove le aveva prese e mentre si dirigeva verso la sua camera incrociò Sebastian.
«Dove sei stata!?» gridò lui furioso.
«Io... posso spiegarti tutto...» mormorò lei impaurita.
«Sarà meglio! Secondo te non mi sarei accorto che tu avevi rubato le chiavi!?» la sua voce era spaventosamente alta e riecheggiava nella villa.
«Ecco... sono andata... a trovare mio padre...»
«Mi pareva di averti detto che non potevi uscire dalla tua camera!» urlò il ragazzo. I suoi occhi neri da lupo puntavano dritti a quelli verdi della ragazza.
«Sebastian, è mio padre! Non lo sentivo da tre giorni! Ha la febbre, non sta bene! Cosa potevo fare!? Restarmene rinchiusa in camera mia!?» gridò lei cercando di sovrastare la voce del ragazzo.
«Perché non mi hai detto che lo chiamavi ogni mattina!?» chiese lei arrabbiatissima.
D'un tratto lui notò i graffi della ragazza. Del sangue le colava dalla fronte.
«Sei caduta»
«Io...»
«Vieni in bagno, fatti disinfettare quelle ferite» disse lui con tono fermo.
«No, non è nulla di grave. Lascia perdere»
«Invece tu vieni in bagno e ti lasci disinfettare quelle ferite» ringhiò lui.
Belle fece per andarsene in camera sua ma Sebastian la bloccò afferrandola per un braccio provocando un gemito di dolore da parte della ragazza.
«Vieni con me» le ordinò e la trascinò con se in bagno. La fece sedere su uno sgabello e prese l'acqua ossigenata con dei batuffoli di cotone.
Versò l'acqua sul batuffolo e cominciò a tamponare sulla fronte della giovane.
«Ah!» esclamò lei «Brucia»
«Lo so, stai ferma» disse lui e continuò a tamponare.
«Le ginocchia» disse. «Ce la fai ad alzare i pantaloni all' altezza delle ginocchia?».
Belle annuí e lo fece. Si fece disinfettare anche le ginocchia, Sebastian le mise dei cerotti su queste ultime e uno sulla fronte.
«Sciacquati le mani, sono sporche di terra».
Senza farselo ripetere due volte fece come stato detto, le asciugò e Sebastian prese a tamponare anche quelle.
«Sebastian...» mormorò lei.
Lui la guardò negli occhi.
«Volevo scusarmi per quel che ti ho detto ieri... e dirti grazie»
«Grazie per cosa?»
«Mio padre mi ha detto che gli paghi tu il soggiorno al centro per anziani... e poi... be' mi ospiti in casa tua...»
«Ah... be' riguardo a tuo padre, un amico di mio padre mi aveva raccontato di lui. Che era un mercante ed è andato in bancarotta. Ho pensato che avesse avuto bisogno di aiuto. Riguardo a te...» si interruppe e la guardò intensamente negli occhi lasciando perdere le ferite «Senti, mi dispiace per... per tutte le volte in cui sono cattivo e autoritario con te ma io...» smise di parlare.
«Cosa?» chiese lei.
«Nulla» riprese a tamponare le ferite.
«Continui a nascondere qualcosa Sebastian»
«Io non nascondo nulla Belle» ribatté lui «Neanche questo».
Senza darle il tempo di capire qualcosa lui la baciò.
Lei venne presa alla sprovvista, era confusa. Troppo confusa.
Il bacio durò poco, lei si toccò le labbra e corse in camera sua nonostante la caviglia fosse slogata.
Si chiuse a chiave e di buttò con la schiena contro la porta.
Cosa sta succedendo!? Pensò.
Mi sgrida, si arrabbia con me, mi disinfetta le ferite poi mi bacia. Non capisco più nulla!
Sentí bussare alla sua porta.
«Belle? Scusa, mi dispiace... non volevo baciarti contro la tua... volontà...» lei rimase con la schiena incollata alla porta senza dire una parola. Sentí i suoi passi allontanarsi e sparire dietro la porta della camera il quale accesso le era proibito.
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La bella e la bestia •||storia modernizzata||•
RomanceBelle era una giovane diciassettenne che aveva costato la vita a sua madre al momento del parto. Viveva con suo padre, ma lui andò in bancarotta, affidò la figlia ad un ragazzo ricco figlio di un amico di un suo collega dato che non aveva più i sol...