Erano le 9 e mezza e Belle non era ancora sveglia.
Il padre bussò alla sua porta più e più volte ma la giovane non si svegliava, aveva chiuso a chiave prima di addormentarsi.
Poi d'un tratto uscì dal suo piccolo letargo e si preparò per andare.
Era impossibile che suo padre la stesse davvero affidando ad un estraneo; o almeno, non proprio un estraneo ma al figlio di un amico di un collega di suo padre.
In venti minuti era già pronta. Afferrò la valigia e andò da suo padre.
«Sarò sincera con te padre, non sono affatto convinta che questa sia una buona idea. Anzi...» sbuffò lei mentre l'ansia la divorava.
«Ti piacerà» si limitò a rispondere lui.
Certo come no. Pensò lei, era più che sicura che quella non fosse affatto una bella idea.
Suo padre le disse che il suo amico lo avrebbe accompagnato al centro per anziani, non si sentiva molto bene. Gli aveva iniziato a far male la schiena e il petto.
«Sei sicuro? Se vuoi resto con te...» Belle sperò che il padre le dicesse di sì, ma non fu così.
I due si salutarono, poi lui le diede l'indirizzo della villa così lei prese la bicicletta e mettendo la piccola valigia sul portapacchi dietro il sediolino della sua bici se ne andò. La villa era fuori città.
Decise più volte di tornare indietro, ma suo padre le aveva detto che gli avrebbero tolto la casa e anche se avesse voluto lei non avrebbe più avuto un posto dove stare, non poteva andare a vivere in un centro per anziani.
Quando arrivò credette di aver sbagliato strada, ma in fondo il padre le aveva accennato al fatto che il ragazzo che possedeva tutto ciò era ricco.
I grandi cancelli neri della villa erano altissimi, li trovò già aperti così lei proseguì dritta.
Alla sua destra e alla sinistra c'erano campi di rose. Tutte bianche.
La villa era enorme e sembrava anche molto antica, accanto al portone c'era un cespuglio di rose rosse.
La ragazza le sfiorò con le dita. Si chiese per quale motivo una persona dovesse essere talmente ossessionata da questi fiori da seminarne ovunque nel giardino fuori la propria villa.
Belle fece un respiro e suonò il campanello.
Non dovette aspettare molto, un ragazzo alto un metro e settantacinque, che poteva avere circa venti anni, le aprí la porta.
Aveva una cicatrice enorme, che andava da sotto l'occhio destro fino alla gola. Era a dir poco spaventosa.
«Ehm... io sono Belle, la figlia del mercante che ha chiesto di prendersi cura di... me» annunciò imbarazzata cercando di osservare il meno possibile quella grande cicatrice.
Era ridicolo, secondo lei, presentarsi in questo modo. Ma non c'erano altre parole per descrivere chi era al meglio.
Notò che di cicatrice ne aveva altre sul volto, una che gli tagliava la parte sinistra delle labbra e un' altra accanto all'occhio sinistro.
Si chiese come se le fosse procurate, forse un giorno era caduto in un cespuglio di rose con le spine affilate.
«Sebastian. Entra» disse lui in tono distaccato.
L'entrata era enorme il pavimento era in marmo. Con un tappeto rosso con su stampate delle rose bianche.
C'erano delle scale.
«Seguimi» la voce del ragazzo era spaventosamente ferma.
Belle annuì e lo seguì.
Salirono le scale e la condusse, attraverso un corridoio, in una camera.
«Questa è la tua camera, dentro c'è tutto quel che potrebbe servirti» aprí la porta e la fece entrare.
«Ci vediamo tra mezz'ora d'avanti alle scale, ti mostro le stanze della villa»
«Okay...» mormorò lei mentre lui chiuse la porta della sua camera.
Era enorme, grande quanto il salotto e il bagno della sua vecchia casa messi insieme. Il pavimento era in marmo. Il letto a baldacchino era disposto in fondo alla stanza, le lenzuola erano rosse. Al centro della stanza c'era un tappeto rotondo rosso con una rosa stampata sopra. Alla sua destra c'era un armadio enorme, dentro era vuoto.
Riempì neanche metà di quel gigantesco armadio dato che non aveva molti vestiti. L'unico paio di scarpe che possedeva lo aveva ai piedi.
Dietro il letto c'erano delle vetrate molto grandi che lasciavano passare tutta la luce solare.
Accanto al letto c'era un comodino in legno nei quali cassetti sistemò la biancheria intima; alla destra della porta c'era una grande scrivania con accanto una libreria piena di libri e uno scaffale vuoto perfetto per infilarci i romanzi che si era portata da casa.
Belle senza perdere tempo prese la valigia, la aprí e posò i libri nella biblioteca. Poi sistemò la sua biancheria intima e i vestiti nell' armadio, le foto e il suo album con le matite colorate sulla scrivania.
Rimase dieci minuti ad osservare la sua nuova camera, poi si affacciò dalla vetrata che mostrava il retro della villa, pieno di cespugli di rose, un ruscello, delle paperelle in uno stagno, più in là una foresta fitta e verde. Da quel momento decise che avrebbe dovuto ritrarre quel paesaggio al più presto.
Iniziò a fare un piccolo schizzo, poi si ricordò che dopo mezz'ora sarebbe dovuta andare d'avanti alle scale.
Aveva perso dieci minuti ad osservare la camera, altri tredici per sistemare la sua roba e cinque per fare lo schizzo del paesaggio.
Così si diresse dove Sebastian le aveva detto di andare.
«Sei in ritardo» annunciò lui. I suoi occhi neri gli davano un' aria da lupo, un lupo nero, malvagio.
La sua mascella era ben marcata, i suoi capelli erano marrone scuro; indossava dei Jeans e una felpa nonostante fosse fuori luogo visto l'eleganza di quell' abitazione.
Le mostrò le stanze della casa. I due bagni, la cucina, la sala da pranzo, il salotto, la biblioteca, eccetto la stanza di fronte a quella di Belle.
«Questa che stanza è?» chiede lei.
«La mia, ti sarei grato se non entrassi qui dentro» le rivolse una specie di sorriso. Un sorriso strano.
«La cena è alle 20 in punto nella sala da pranzo, non ritardare» la avvertì.
Lei annuí e andò in camera sua.
Iniziò a dubitare del fatto che venire a vivere qui fosse una buona idea nonostante all'inizio il dubbio sul cambiare idea riguardo questo fatto l'aveva rapita.
Si sdraiò sul letto.
Sebastian è così strano, è un ragazzo freddo. Chissà come si è procurato quelle cicatrici. Magari se prendiamo un po'di confidenza... potrei chiederglielo, tra qualche giorno. Pensò
Sembra così minaccioso, sembra che mi voglia uccidere da un momento all'altro. I suoi occhi neri mettono i brividi...
Prese il suo album da disegno e continuò il paesaggio che aveva iniziato, dimenticandosi della cena.
Alle 20:10 corse giù come un razzo e si fiondò in sala pranzo.
Seduto al tavolo c'era il ragazzo che la aspettava per iniziare la cena.
«Ehm... scusa Sebastian, stavo disegnando e non ho visto che ore erano...» farfugliò con il fiatone.
Sebastian la squadrò e si limitò a dire: «Siedi e mangia»
Lei in imbarazzo si sedette e inizò a mangiare il pollo.
Durante la cena nessuno disse nulla, non volò una mosca.
La giovane si offrì per lavare le stoviglie. Voleva essere utile in qualcosa, l'unica pecca era che Sebastian non le toglieva gli occhi di dosso. Neanche mente dovette lavare le stoviglie.
Dopo che ebbe finito andò in camera e non fece altro che rimpiangere suo padre e la sua casa fino al mattino.
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La bella e la bestia •||storia modernizzata||•
RomanceBelle era una giovane diciassettenne che aveva costato la vita a sua madre al momento del parto. Viveva con suo padre, ma lui andò in bancarotta, affidò la figlia ad un ragazzo ricco figlio di un amico di un suo collega dato che non aveva più i sol...