Capitolo 7

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A cena Belle era combattuta tra il restare in camera sua a pensare o andare a mangiare. Aveva fame, ma era sicura che ci sarebbe stato un disagio in tavola, un silenzio troppo imbarazzante. Aveva saltato il pranzo.
Le facevano ancora male i palmi delle mani, si era fatta davvero male cadendo dalla bici e la caviglia... Be' la caviglia stava molto male. Aveva corso fino in camera sua fregandosene del fatto che se l'era slogata ed era stato un miracolo che fosse caduta all'interno della stanza e non mentre la raggiungeva.
Ringraziò il fatto che era solo una leggera slogatura la quale guarigione si era allungata a circa tre giorni anziché due dato che aveva corso.
Si alzò aggrappandosi alla maniglia della porta. La aprì e si diresse in sala da pranzo, zoppicò verso il tavolo e perse l'equilibrio, cercò di aggrapparsi alla sedia per non cadere ma trascinò anch'essa a terra.
«Maledizione!» sussurrò lei.
«Belle?!» gridò Sebastian dalla cucina correndo verso la sala da pranzo. «Stai bene? Ti sei fatta male?» chiese lui preoccupato togliendole la sedia di dosso e aiutandola a rialzarsi.
«No non sto bene, e si mi sono fatta male!» sbottò lei nervosa.
Lui la fece sedere sulla sedia che aveva rialzato.
«Aspetta qua, apparecchio la tavola e ti porto la cena» disse il ragazzo andando a prendere la roba per poi apparecchiare la tavola.
Ritornò in cucina con una pentola con dentro del petto di pollo, le diede la fetta più grande.
Si sedette e iniziarono a mangiare.
«Che ne dici se andassimo a trovare tuo padre più spesso?» le propose lui quando ebbe quasi finito di mangiare.
«Dici sul serio?» esclamò lei sorpresa dalla proposta del ragazzo, di unrisposta lui annuí.
«Ti ci accompagnerò io, così non rischierai di ucciderti» disse con sarcasmo il ragazzo.
«Si! Sarebbe fantastico! Grazie!» esultò lei guardandolo con talmente tanta gioia che sembrava che da un momento all'altro sarebbe spuntato un arcobaleno.
Lui le sorrise increspando la cicatrice sulle sue labbra.
«Belle... ascolta, però devi promettermi una cosa» borbottò lui con il suo "solito" tono fermo.
Lei lo guardò incuriosita e preoccupata.
«Cosa?»
«Per favore non ti avvicinare alle rose, non voglio che tu ti faccia male con le spine»
«Se è solo per questo che non vuoi che io mi avvicini alle rose...»
«No» la interruppe «Non è solo per questo. Hai fatto appassire una rosa rossa e»
«Allora hai visto che una rosa era appassita!» esclamò lei puntandogli il dito contro e interrompendo quel che stava per dire Sebastian.
«Io...» lui cercò di darle una spiegazione ma lei lo bloccò nuovamente.
«Mi avevi detto che avevo le allucinazioni! Ti sei reso conto che quella rosa è tornata come prima?!» esclamò lei, era quasi vicina a svelare il segreto del ragazzo. Ne era certa.
«Belle stai lontana dalle rose, punto!» sbottò lui «Bianche o rosse che siano»
Lei lo guardò. Aveva urlato di nuovo.
Lei aveva rovinato tutto con la sua curiosità e voglia di conoscere la verità mentre lui con i suoi bruschi modi di fare.
Avrebbero potuto andare a dormire entrambi con un sorriso dipinto sulle labbra ma sia lei che lui avevano rovinato il momento.
Lui si rese conto di aver perso nuovamente le staffe. Cercò di scusarsi ma prima che ci fosse riuscito lei si era già alzata dal tavolo e si stava dirigendo in camera sua, sfortunatamente cadde. Si era dimenticata della caviglia.
Lui corse ad aiutarla.
«Lasciami perdere, faccio da sola!» sbottò lei. Non era il fatto che doveva stare lontana dalle rose che la faceva arrabbiare, ma era che lui continuava ad urlarle in faccia.
«Fatti aiut...»
«No!» gridò lei con gli occhi lucidi e involontariamente scoppiò a piangere sotto lo sguardo intimidatorio di Sebastian.
Lui venne preso alla sprovvista, non sapeva come reagire.
«Belle... io... scusami... vorrei dirti perché sono... così ma non posso... io non vorrei... non vorrei urlarti contro o... essere così scortese ma...» non poteva dirle la verità. Era la maledizione ad impedirglielo.
Avrebbe potuto svelarle le cose come stavano solo quando entrambi si sarebbero piaciuti a vicenda, era stata la strega a pronunciare queste parole nel momento in cui gettava la maledizione contro Sebastian.
«Ma cosa!?» sussurrò lei asciugandosi le lacrime.
«Non posso dirtelo...» la guardò mortificato.
Lei lo guardò negli occhi, lo sguardo della ragazza era un misto tra delusione, compassione, rabbia, sconvolgimento...
«Va bene...» mormorò la ragazza.
Si tirò su, perse l'equilibrio ma evitò di cadere aggrappandosi a Sebastian che la tenne evitandole di procurarsi altro dolore.
«Grazie»
«Di nulla»
La accompagnò in camera sua e la fece sdraiare sul letto rimboccandole le coperte.
«L'altro giorno ti ho vista disegnare nel giardino sul retro...» disse lui andando a prendere l'album da disegno di lei. Belle lo osservava muoversi nella sua camera.
«Piace anche a me sai?» ammise «Posso?»
Indicò l'album, voleva vedere i suoi disegni.
«Oh... ehm... no, sono... sono brutti. Lascia perdere» balbettò lei a disagio.
«Io invece trovo che tu sia brava» lui si voltò verso di lei sorridendo, la cicatrice sul suo volto si deformò.
«D'accordo, puoi vedere i miei disegni, però tu mi mostri i tuoi» contrattò lei.
Lui posò sulla scrivania l'album da disegno nuovo. «Ho cambiato idea...» borbottò lui.
«Dai Sebastian per favore, tu hai visto i miei disegni che erano caduti a terra... io vorrei vedere i tuoi...»
«Il fatto è che...»
«Ti vergogni?» la ragazza terminò la frase.
«No! Io non mi vergogno!»
«Ti vergogni eccome!» ridacchiò lei.
Lui sorrise.
«Come dici tu!» rise anche lui.
«Sebastian...» disse d'un tratto lei seriamente.
Lui le rivolse la sua attenzione guardandola e avvicinandosi al letto.
«Perché vivi in questa villa da solo lontano dalla città?»
Lui la guardò un po' arrabbiato, gli dava fastidio il fatto che gli facesse quella domanda. Era dolorosa sia quest' ultima che la risposta.
«Era dei miei genitori... cosa potevo fare? Venderla? Ho ricevuto in eredità tutto quanto... i soldi, la villa, i gioielli... io non me ne faccio nulla di tutto questo ma mi lega a loro...» rispose lui sorridendo per evitare di far scendere le lacrime. L'altro giorno Belle aveva distrutto i suoi tentativi di mascherare il dolore, toccava nervi scoperti che bruciavano peggio di tutte le ferite che si era procurato a causa delle rose perciò cercava con tutte le sue forze di ricostruire quella maschera con le macerie che erano rimaste.
«Vieni qua...» gli disse semplicemente lei. Lui si avvicinò alla ragazza che lo abbracciò.
«Mi... dispiace... davvero. So come ti senti più o meno... sono nata e mia madre é morta» sussurrò lei stringendolo.
Lui non rispose, si era sentito dire "mi dispiace" talmente tante volte, e molto probabilmente a pochi dispiaceva sul serio. Il giorno del funerale dei suoi tantissime persone si erano presentate, vide volti che non conosceva che gli dicevano che erano desolati.
"«Era un buon uomo...», «Era una donna spettacolare...», «Rimarranno nei nostri cuori»" e roba del genere. Nessuno li conosceva veramente. Gli davano fastidio, ormai, tutti quei «mi dispiace» ma quello di Belle lo accettò.
Lei una madre non l'aveva avuta a differenza sua.
Sciolsero l'abbraccio e lui si alzò per dirigersi verso la porta.
«Mi sento sola... dormi con me questa notte?» domandò lei mentre lui apriva la porta. Si voltò e la guardò in modo strano.
«D'accordo, vado. Torno subito...» rispose lui confuso. Andò nella sua stanza a mettersi una maglia a maniche corte e dei pantaloncini poi ritornò nella stanza di lei che si era messa il pigiama che teneva sotto il cuscino. I vestiti di quel pomeriggio erano messi a terra piegati.
Sebastian si infilò sotto le coperte accanto a Belle che si avvicinò al suo petto.
«Non ti senti solo a volte... a vivere qui da solo?» domandò lei alzando gli occhi verso quelli del ragazzo.
«In realtà sempre...» ammise lui in un sussurro.
Si guardarono entrambi negli occhi.
«Non esci ogni tanto? Dai tuoi amici?» domandò lei.
«Io...» fece una pausa. Si era isolato da quando i suoi genitori erano morti. Ha iniziato ad uscire sempre meno spesso fino a non uscire proprio se non per andare a fare spesa. «Si certo» mentì lui.
Non voleva passare per un debole bisognoso di affetto pieno di depressione. Anche se in realtà era così ma invece di essere depresso era solo molto triste e chiuso in se stesso per tornare alla sua vecchia vita.
«E tu?» chiese lui.
«Prima si...» ammise lei e abbassò lo sguardo a disagio.
«E adesso?»
«Adesso vivo qui...» affermò lei come per spiegare ogni cosa.
Lui capí. Non le dava la possibilità di uscire con le amiche.
«E poi ho perso le mie amicizie del liceo visto che non ho potuto continuare a studiare dato che i libri a partire dal terzo anno si devono comprare e nonostante abbia cercato di guadagnare qualche soldo non bastavano... mio padre aveva un po'di conti da pagare e io non potevo permettermi di utilizzare i miei soldi per i libri scolastici...» Belle cercò di mantenere la voce più ferma possibile. Parlare di tutto questo le faceva sentire il cuore pesante e non poteva non piangere. Sebastian se ne era accorto ma non disse nulla, si limitò a stringerla più forte.
La ragazza riuscì ad avere la meglio sulle lacrime.
Nessuno dei due disse piú nulla dato l'imbarazzo. Belle abbassò il volto all'altezza del petto di Sebastian e in poco tempo si addormentò.
Lui restò a guardarla per circa mezz' ora, non aveva sonno.
È bella, pensò.
«Non voglio che tu pianga a causa mia... come prima...» mormorò lui. Ormai Belle dormiva, era immersa nei suoi sogni e lui ne era consapevole.
La guardò e poi si addormentò.

La bella e la bestia •||storia modernizzata||•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora