LUCKY BASTARD

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Spalancai gli occhi. Sopra di me, un soffitto bianco e tutto intorno delle pareti verde chiaro. Il mio cuore galoppava come impazzito, mentre muovevo lo sguardo appannato in giro per la stanza nel disperato tentativo di capire dove mi trovassi. Dopo un istante, una mano mi toccò il braccio.
-Dottoressa Quinzel. Mi sente? - La sua voce, all'inizio più simile ad un suono distorto e lontano, piano piano si fece sempre più nitida e vicina. Alzai gli occhi dalla mano che mi sfiorava la pelle del polso e visualizzai l'immagine di un uomo di mezza età, con un paio di baffi castani. I capelli leggermente brizzolati e degli occhiali scuri. Lo fissai confusa.
-Harleen? Mi sente?- Riprovò lui. Deglutii a fatica e pigolai -Si. Chi...chi è lei? Dove sono?-
L'uomo tolse la mano dal mio braccio e si sedette sulla sedia di fianco al letto. Ero in ospedale?
-Sono il commissario James Gordon. E' in ospedale dottoressa...ha dormito per più di ventiquattro ore da quando l'hanno portata qui-
Il dolore lancinante che avevo alla testa mi impediva di concentrarmi completamente su di lui, così rimasi in silenzio per qualche istante e solo allora, quando abbassai nuovamente lo sguardo sulle mie braccia, notai la flebo. Il pensiero dell'ago infilato dentro la mia vena mi diede il voltastomaco. Alzai gli occhi -Che ore sono?-
-Quasi le due del mattino. Volevo essere presente quando si fosse svegliata... e per quanto mi dispiaccia importunarla ora che si trova su un letto d'ospedale...devo farle alcune domande su ciò che è successo la notte scorsa ad Arkham-
Mi irrigidii all'istante mentre la mia mente riportava a galla immagini di fatti che fino a quel momento erano rimasti sopiti, in un angolo buio del mio cervello. Lui mi aveva rovinato! Aveva distrutto la mia vita e mi aveva abbandonato. Sentii una sgradevole, purtroppo familiare sensazione a livello dello stomaco. Il "bip" dei macchinari a cui mi avevano attaccata divenne più veloce.
Il poliziotto mi rivolse un'occhiata apprensiva. Perché lo aveva fatto? Perché? Cercai disperatamente di dare un senso al suo comportamento, ma tutto ciò che riuscivo a vedere davanti agli occhi era il suo rifiuto. Mi aveva usata. E io? Mi ero invaghita di lui come una stupida. Avevo lasciato che mi manipolasse...e la cosa più grave era che mi era piaciuto. Il mio unico desiderio era stato quello di renderlo felice, di farlo uscire da Arkham...e in cambio cosa avevo ottenuto?
-Ricorda cosa è successo, dottoressa?- Mi chiese ancora Gordon, interrompendo il filo dei miei pensieri impazziti.
-Si- Risposi secca -Mr...- Scossi la testa -Joker è evaso e...-
-...e le ha lasciato un regalo- Mi passò uno specchietto, per poi tornare a sedersi.
Osservai i piccoli segni rossi sulle mie tempie. Bruciature che probabilmente avrebbero lasciato delle cicatrici. "Voglio solo farti male...molto...molto...male" aveva detto, con un sorriso che mai, mai avrei potuto scordarmi. Ma chi volevo prendere in giro...
Abbassai lo specchio e lo restituii al mittente -Lei è l'unica sopravvissuta tra quelli che si trovavano ad Arkham al momento dell'evasione del clown. Ha idea del perchè l'abbia risparmiata?-
"Per farmi impazzire completamente" -Non lo so...sono morti tutti?- Ancora una volta attesi di essere assalita dal senso di colpa, ma non successe niente. Mi sentivo solo...vuota.
-Si. Esclusi i detenuti. Joker non li ha neanche liberati, li ha semplicemente lasciati dov'erano. Tipico. Ci ha involontariamente fatto un favore, comunque- Si passò una mano tra i capelli, poi parve ricordarsi di qualcosa -Ah, c'è un solo disperso. La dottoressa Joan Leland-
Annuii, per niente toccata da tutto ciò che mi stava dicendo.
-Il Joker ha mai manifestato l'intenzione di scappare durante le sue sedute con lei? Sappiamo che lo aveva in cura da quando era stato portato all'Asylum-
-No, mai- Se avessero scoperto che ero stata sua complice mi avrebbero linciato. Tutta Gotham avrebbe reclamato la mia testa.
Mi scrutò per un istante -Beh, avrò comunque bisogno dei nastri con le registrazioni delle vostre sedute e di qualunque altra cosa abbia buttato giù su di lui...fascicoli, appunti, scarabocchi. Qualsiasi cosa-
-Certo, vedrò di farle avere tutto al più presto- "Stai tranquilla" Mi dissi. Io e Mr. J eravamo stati piuttosto lungimiranti per quanto riguardava quell'aspetto. Sulla carta e sui nastri, sembrava proprio che lo stessi curando...invece mi stavo innamorando di lui. In ogni caso non avevano niente su di me, e non avrebbero avuto niente.
-Bene. E' incredibile che sia...- La porta si spalancò di colpo, interrompendo la frase di Gordon a metà e facendomi sobbalzare.
-Commissario, abbiamo trovato la dottoressa Leland- Un poliziotto corpulento fece il suo pesante ingresso nella stanza, una cartellina gialla tra le mani.
-Dettagli, Bullock- Gordon si alzò di scatto dalla sedia e si avvicinò al suo interlocutore.
-Era a qualche chilometro a sud di Arkham, morta, con una carta da gioco spillata in bocca. E Joker non l'ha scelta a caso...è stata un'esecuzione...-
Appinzai le orecchie, con il cuore che mi batteva all'impazzata.
-...le ha tagliato la lingua, prima di finirla. Ha anche lasciato il rasoio con cui ha fatto il lavoro vicino al cadavere- Mormorò il ciccione, porgendo la cartellina al commissario, che si riscosse e mi rivolse una veloce occhiata -Andiamo a parlarne fuori Bullock. Dottoressa Quinzel, lei cerchi di rimettersi. La cercherò io-
Annuii, assente. Mr. J aveva ucciso Joan, per me!? Era piuttosto ovvio perché le avesse tagliato quella linguaccia! Ma allora, se a me ci teneva, perché mi aveva abbandonato la notte prima?
Scossi la testa. Dovevo trovarlo e fargli cambiare idea, convincerlo a tenermi con lui. Ma come? Non sapevo nemmeno dove fosse, riflettei guardando fuori dalla finestra. Ero al piano terra.
Con tutte le intenzioni di alzarmi in piedi, mi tolsi di dosso i fili che mi collegavano ai macchinari e pensai di strapparmi la flebo, ma l'ondata di nausea che accompagnò quel pensiero mi convinse a portarmi dietro l'asta, che aveva comunque le ruote.
Ignorai le vertigini e mi misi in piedi. Arrivai senza particolari problemi alla finestra aperta e appoggiai le mani sul davanzale, sul quale era appoggiata una penna rossa e il peluche a forma di gattino che avevo regalato a Mr. J. Dovevo essere parecchio rincoglionita, perché lo fissai per qualche secondo prima di realizzare. Quando finalmente il mio collegamento occhi/cervello fu pienamente operativo spalancai le palpebre e presi in mano il peluche. Come diavolo era arrivato li? Era rimasto ad Arkham, ne ero certa! Il mio Mr. J era stato in quella stanza??
Me lo rigirai tra le mani tremanti e il mio cuore mancò un battito quando lessi cosa c'era scritto sul pancino del micio. "260, 53° strada. Gotham City. J."
-Dottoressa Quinzel! Cosa fa in piedi? Si metta subito a letto- Sbraitò una donna alle mie spalle. Mi voltai di scatto, nascondendomi il peluche dietro la schiena.
-Sto benissimo, voglio andarmene di qui- Dovevo andare da lui. Mr. J voleva che lo raggiungessi, altrimenti perché lasciarmi quell'indirizzo?
-Non dica sciocchezze...torni a letto, non faccia storie- Il tono accondiscendente che quell'irritante infermiera mi riservò mi fece appannare la vista e tutto si tinse di rosso.
-Sarà meglio che mi lasci andare- Sibilai, allungando una mano verso la penna abbandonata sul davanzale alle mie spalle.
Lei sbuffò spazientita e mi prese per un braccio, tirandomi verso di lei. Prima che potessi rendermene conto mi ero divincolata dalla sua stretta, mi ero strappata la flebo dall'altro braccio, le avevo afferrato una mano e gliela avevo sbattuta sul marmo freddo del davanzale, trapassandogliela con la penna. L'urlo lancinante che ne seguì fece da perfetto accompagnamento al rivolo di sangue denso che iniziò a sgorgare dalla sua mano, colando lentamente lungo il muro.
-Ops! - Le rivolsi un sorrisetto perfido e soddisfatto, per poi scavalcare la finestra e filarmela il più in fretta possibile. Proprio li davanti si estendeva un parcheggio. Corsi verso una fila di macchine non troppo lontana e provai ad aprirne qualcuna, ma erano tutte chiuse a chiave. "Maledizione!"
Provai con un'altra fila ma niente. Mi guardai intorno e individuai un gruppo di moto parcheggiate in lontananza.
Sorrisi trionfante quando le raggiunsi e vidi la prima della fila con la chiave sul quadro.

"260, 53° strada" continuavo a ripetermi, aprendo il mio armadio e infilandomi una camicia azzurra e un paio di jeans scuri. Non potevo certo andare da lui con addosso la "vestaglietta" ospedaliera. Lo avrei fatto scompisciare, quello si, ma non mi sembrava comunque il caso.
Dovevo andare via in fretta dal mio appartamento, sarebbe stato il primo posto dove sarebbero venuti a cercarmi. Il caro commissario Gordon, che era stato così fintamente gentile con me...
Diedi un ultimo sguardo a quella che era stata la mia casa nell'ultimo anno e mezzo. Il presentimento che non ci sarei mai più tornata mi rimase ostinatamente addosso mentre scendevo le scale rischiando di ammazzarmi, ma una volta che montai in moto e diedi gas sparì ogni pensiero che non fosse lui.

JONNY FROST (pov)

Lo osservai di sottecchi, celando l'agitazione dietro la maschera di calma che tutti pensavano fosse la mia vera faccia. Ma non mi illudevo neanche per un secondo di ingannare lui. Batté la testa sul finestrino per la terza volta da quando mi aveva ordinato di salire in macchina. Una Infiniti g35 coupé. Un sogno per chiunque fosse appassionato di auto, e sicuramente anche per quelli a cui non fregava un cazzo. Peccato per il colore, ogni volta che i miei occhi si posavano su quell'auto viola con dettagli oro mi si stringeva il cuore.
-Sarebbe un vero peccato se la mia dottoressa Quinzel non dovesse arrivare entro...diciamo...dieci minuti. Mi potrei spazientire- Sibilò Joker tra i denti.
-Io non ti capisco, capo. Perché l'hai lasciata a Arkham l'altra notte se volevi portarla con te?-
Lui si voltò di scatto -Io voglio che sia lei a strisciare da me...la ucciderò comunque, prima o poi. Ma quella ragazza mi piace, ha dimostrato di avere una certa...elasticità mentale! E' esilarante pensare che proprio lei facesse la psichiatra!-
Appoggiò la testa al sedile e continuò a ridacchiare per diversi secondi.
-Come sai che non è ancora sdraiata su quel letto d'ospedale? Potrebbe non aver visto affatto il peluche...in fondo ciò che le hai fatto ieri non è stata cosa da poco- Non aveva dato segni di volersi svegliare, quando avevo portato quel dannato peluche nella sua stanza, quel pomeriggio.
Con un movimento fulmineo Joker mi puntò la pistola alla testa, per poi prendermi per la cravatta e tirarmi lentamente verso di lui -Ti stai prendendo delle libertà, Jonny Jonny...sarà meglio per te che lei arrivi presto. Altrimenti...- "click" -...dovrò spiegare a tua moglie perché non tornerai a casa domattina...-
Mi sorrise beatamente, lisciandomi i capelli. Pregai silenziosamente che quella Harleen fosse tanto pazza da venirlo a cercare. A distanza di qualche interminabile secondo, il rumore di una moto in avvicinamento.
Joker si voltò lentamente verso la strada, aumentando la pressione con cui mi teneva la pistola piantata sulla tempia sinistra. Un istante dopo qualcuno si fermò esattamente all'uscita del vicolo dove ci trovavamo, completamente al buio. Al contrario, la strada era ben illuminata e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo quando riconobbi Harleen in sella a quel bolide.
-Sei un bastardo fortunato, Jonny Jonny- Ridacchiò Joker, mettendo via la pistola -Sparisci adesso-
Non me lo feci ripetere due volte, saltando velocemente giù dall'auto e accostandomi al muro.
Joker accese i fari e questo attirò l'attenzione di Harleen, che guardò nella nostra direzione senza ovviamente vedere nulla a parte la luce accecante. Una frazione di secondo dopo, il pazzo diede gas.

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