Risvegli

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Una certa Anna Pemberton sosteneva che dentro di lei vivesse un'altra anima, un'anima di una ragazza bellissima: Victoria Lester. Anna era una strega vissuta nel 600, potentissima, una strega in grado di donare la vita o la morte...e probabilmente anche l'amore. Ma con tutto il suo potere, non riuscì a vincere l'orrore della vecchiaia, del decadimento, delle carni che avvizziscono. Ma la cosa più terribile al punto della sua morte (la morte di Anna Pemberton, non di Victoria), era la sua anima che non voleva morire, non voleva invecchiare con il corpo, si ribellava, e continuava a sognare.

La mia povera anima delirante non poteva trovare pace in un corpo così vecchio. Abbandonai me stessa, Anna Pemberton: il mio spirito era ancora troppo giovane per morire. Durante la mia vita appresi molte cose, ero a conoscenza del bene e del male, dell'odio e dell'amore, e custodivo i loro poteri. I poteri di Anna. Ma non me ne rendevo conto ancora. Non avevo pace, con la testa confusa e frammenti di ricordi che non riuscivo a ricordare. In una frazione di secondo, appena aperti gli occhi, mi passarono miliardi di pensieri, sensazione di rimpianto...sogni sfuocati...speranze. Ricordi di tutta una vita. E poi, d'improvviso: niente. I ricordi sfuggirono lasciando il posto alle sensazioni. Stupore. Paura. Morte. VITA. La mia psiche contro le mura del tempo. In un attimo che mi sembrò eterno, appresi di essere sveglia. Lentamente, e poi velocemente. Ero troppo confusa. Ma che cosa mi stava succedendo? Provai un accenno di dolore, lieve: erano le gambe a farmi provare questa sensazione, una dolce sofferenza, cosa che non provavo da anni, probabilmente secoli? 

In quel momento mi resi conto di essere in vita. Proiettata sulla scena del mondo. E questo era il mio corpo, erano i miei capelli, le mie mani...la mia anima. Così, senza volerlo, senza una spiegazione logica, io stavo vivendo. Io, Victoria Lester, ero viva, il mio cuore stava pulsando. Victoria...era sicuramente il mio nome. Ma chi ero?

Giacevo su di un prato bagnato, i fili d'erba avevano impregnato il vestito, avevo fame ed ero fradicia. Mi guardai intorno, sollevando la testa, mi misi seduta. Ero in un cimitero. Mi alzai a stento e riuscii a sentire la notte che sfiorava i miei lunghi e neri capelli. Ero in un cimitero sulla collina.

Quante, quante tombe stanno sulla collina,
quanti che sono morti dormono sulla collina.

E quant'è bello adesso,
adesso che è finita
tornare col pensiero a quella strana vita.
E quanto è strano,
ora,
ripensare alla speranza
di un altro giorno ancora, in quell'assurda danza.
E quanto è dolce ormai sapere che è passato
l'orrore di quei giorni
e il tempo se n'è andato.
E quanto è folle,
qui,
quello che fu un'avventura
di un giorno che finì,
di un'ora di paura.
E ora non tremate se il vento in mezzo ai rami
porta le nostre voci a voi gente di domani.
Ognuno ha una storia che vuole raccontare
per chi quando e come starà ad ascoltare.
Per chi volgerà il viso
sentendo tra le fronde
come un lieve lamento,
che poi il vento confonde.
Venite al tramonto,
quando l'aria si fa scura,
venite tra i fantasmi
in un mondo di paura.
Veniteci a sentire,
e se il terrore è forte,
sappiate che avrà fine comunque con la morte
e che sulla collina ci farete compagnia
e che la Consolatrice anche voi porterà via...

Mi sembrava di aver visto questo luogo, ma forse era un deja-vu della mia mente ancora stordita. Doveva essere un cimitero abbandonato da molti anni, e probabilmente ormai sconsacrato. Non vi era nessun fiore sulle tombe, le lapidi erano consumate dal tempo, le radici degli alberi si facevano largo insolenti sul terreno. Dagli alberi mi accorsi che doveva essere autunno inoltrato. L'autunno...riaffiorò un ricordo di Anna. Anna diceva che d'autunno, in qualunque cimitero di andasse, il vento aveva un suono strano, e si diceva che fossero le voci dei morti che si uniscono in un solo lamento. Ed io stavo iniziando a sentirlo...

...bisogna avere l'animo pieno di tristezza
per sentir le voci portate nella brezza...
...voci senza corpo,
nel buio, dentro di te, dove forse è sogno,
ma sonno non è.
E il vento passa ancora,
ritorna e se ne va,
e la Luna è la stessa che passò tanti anni fa.
Che passò sopra la gioia
e passò sopra al dolore.
Che illuminava chi vive,
e illumina chi muore.



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