Capitolo 3 Susan

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Michael è strano in questi giorni di vacanza. E adesso, oltre che essere distante col pensiero, mi mente pure. Non so da quando è sveglio, ma l'alito sapeva di birra quando mi ha baciata, quando di birra in giro non ce n'era e ieri sera a casa dei miei non ne abbiamo bevuta.
Ho fatto finta di bermi la storia che mi ha raccontato, perché non so davvero per quale cavolo di motivo debba mentire su una piccolezza del genere. Mica l'avrei rimproverato, credo.

Sono ancora persa in questi pensieri, quando ritorno di sotto, dopo il "risveglio" piacevole di poco fa, e gli chiedo "Cosa ti andrebbe di fare, oggi?"

Lui ci pensa un momento. "Volevo andare in palestra. Poi forse mi dovevo vedere con i ragazzi del vecchio giro per mangiare qualcosa" dice. Ah. Quindi nulla che comprenda anche me. Cerco di non restarci male, dato che speravo di fare un giro nei dintorni con lui, poi gli dico. "Ok. Io devo comunque tornare dai miei e fare delle commissioni".

"Ok" annuisce. Mi sento come se mi stesse tenendo lontano. "Vuoi organizzare qualcosa qui con i tuoi amici intanto che siamo ancora nei paraggi?" gli chiedo. Mi è venuta una delle mie paranoie e non riesco a stare zitta. Lui mi guarda per un momento, indeciso, non so se su cosa dire o come farlo, poi si decide a parlare. "Non li ho mai chiamati a casa mia, nemmeno quando c'era mia madre, dato che non approvava. Mi farebbe sentire a disagio". Va bene, in effetti non gli posso dare tutti i torti.

"Magari potrei raggiungervi in serata, se siete ancora in giro" butto lì.
Lui mi sembra leggermente irritato per la richiesta, confermando, di fatto, i miei sospetti.

"Michael, qualcuno dei tuoi amici sa che frequenti una tipa che non è proprio, popolare?" gli chiedo a bruciapelo. Questa cosa mi sta facendo innervosire.

"Cosa?" chiede. "Ehm, no, non ne abbiamo parlato l'altro giorno. Non abbiamo proprio parlato di ragazze" aggiunge. Certo. E io sono Madama Butterfly. "Ah, capisco" gli dico.

Sono profondamente delusa dalla sua risposta, finora non mi ero più soffermata a pensare che lui, con la sua reputazione di figo del liceo, potesse ancora avere delle remore a dire agli amici che ha una ragazza fissa. Che tra l'altro non è nemmeno lontanamente simile alle bionde anoressiche con cui usciva di solito. Che cretina. In pratica vado bene in casa e nel letto, ma fuori, almeno nella nostra città, nessuno sa di noi. A parte i miei genitori, chiaro.

Ho bisogno di allontanarmi da lui, così mi alzo e vado a lavare la tazza che ho usato per la colazione, per poi dirigermi di sopra, per finire di prepararmi.

"Susan..." inizia lui. Continuo a salire, senza voltarmi. "Devo andare a prepararmi" dico.

Mi chiudo in bagno, stringendo i pugni. Mi sento più stupida adesso di quando ci siamo conosciuti e me ne sono rimasta per un minuto imbambolata a fissarlo senza sapere cosa dire. Mi lavo i denti e spazzolo i capelli che ho lisciato ieri sera con talmente tanta foga che mi strappo un sacco di capelli. Mi trucco cercando di non ficcarmi l'eyeliner negli occhi e poi apro la porta. Lui mi aspetta appoggiato allo stipite della porta della camera più vicina.

"Susan..." ricomincia, mentre io cerco di oltrepassarlo per andare a prendere la borsetta. Mi prende per un braccio, e devo sforzarmi per non cercare di divincolarmi.

"Mi dici che cos'hai?" chiede. Guardo la mano che mi stringe e lui allenta la presa. "Non ho niente" provo a dire, ma lui non cede. "Dimmi che succede, Suz.. ti prego" dice addolcendo il tono nella speranza, sono sicura, di fare lo stesso effetto a me.

"Ti ho detto che non ho niente, ma ho molte cose da fare oggi, è meglio che mi sbrighi" gli dico.

Mi lascia il braccio e io vado a prendere la borsa. Quando scendo a prendere il cappotto per uscire, mi chiede: "Ci vediamo dopo?"

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