Capitolo 33 Susan

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Sono passate sei ore. Sei fottutissime ore. Nessuno è venuto a dirci niente, non si è più visto nessuno entrare o uscire da quella cazzo di porta. Stella si è offerta di andare a prendere qualcosa da mangiare per tutti, ma non ho voluto niente.

Ho dovuto penosamente reggere una specie di interrogatorio con il fratello di Luca, a cui ho ripetuto l'intera storia, di nuovo. Luca è incazzato da morire e non posso dargli torto.

Da parte mia, non mangio, non bevo, non vado al bagno. Sembro congelata, seduta su questa orrenda poltroncina in metallo che ha visto momenti migliori. Mi sono resa vagamente conto che ho chiuso la questione con Luca in una specie di scompartimento nella mia testa. Adesso che gli ho confessato tutto, so che mi odia. Ne ha tutte le ragioni, ma non avevo davvero intenzione di mentirgli. Non credo che potrà diventare amico di suo fratello, sempre che lui sopravviva. So che prova qualcosa di importante per me, e questo è un altro motivo di scontro. Perché io ho scelto Michael. Dannazione, sceglierei sempre Michael, anche se dovessi scegliere chi tra noi due deve vivere. Questo la dice lunga su come mi sento.

La gente arriva, se ne va. Noi restiamo tutti qui in attesa invece. I minuti sembrano non passare mai, tutto si dilata. Siamo rimasti solo noi, in questa sala d'attesa.

Ad un certo punto, un'infermiera esce da quella porta infernale e quando ci avviciniamo, come uno sciame agitato, chiede: "Chi di voi è Luca?" Lui si fa avanti, lo sguardo preoccupato.

"Suo padre è stato trasferito in una camera in chirurgia, le lascio la piantina per arrivarci. Sarà incosciente ancora per un paio d'ore circa, poi appena si sarà ripreso, potrà essere dimesso. Abbiamo avuto bisogno di parecchio sangue, quindi nei prossimi giorni non lo faccia stancare, mi sono spiegata?" dice, decisa. "Certo" risponde Luca e Tom dietro di lui annuisce.

"E.. l'altro ragazzo?" chiedo titubante.

Lei si volta, un'espressione infastidita sul viso. "Se non siete parent.." ma Luca la interrompe. "Il padre ha dato disposizione affinché le condizioni di salute del ragazzo vengano comunicate anche a loro oltre che a noi". Lo guardo con una riconoscenza incredibile. Spero davvero che le cose tra noi si sistemino, perché è davvero una persona eccezionale.

L'infermiera, una signora sui quarant'anni, ben piantata, ci guarda, poi sospira. "Abbiamo fatto tutto il possibile. Aveva la gamba destra rotta in due punti. Frattura scomposta. Ha perso davvero molto sangue, anche se ce la facesse dovrebbe seguire mesi di terapia prima di tornare a camminare" Il mio cuore ha registrato solo le parole Anche se ce la facesse. Sento caldo, mi gira la testa e penso che sto per svenire. Davide mi prende per un braccio, aiutandomi a stare in piedi, mentre l'infermiera continua a parlare, il suono mi arriva ovattato, perché sento un fischio nelle orecchie.

"Abbiamo dovuto aprire perché continuava a perdere sangue e conoscenza ma non riuscivamo a capire da dove provenisse l'emorragia. Lo abbiamo ricucito, ma ora sta a lui. Le sue condizioni sono gravi ma stabili. Le prossime ore saranno decisive" conclude e il macigno che sento sul petto pare schiacciarmi al suolo. Lei si scusa e fa per tornare in reparto, quando sento Davide chiedere: "Pensa che potremmo vederlo?".

"Al momento no, è in Terapia Intensiva. Se supererà la notte lo sposteremo di reparto e allora potremo parlare di visite. Non prima". Non aggiunge altro, mentre apre la porta tagliafuoco.

"Susan" sento chiamare e mi volto. Mi accorgo solo adesso di essere ancora ferma in piedi a guardare il nulla, mentre gli altri si sono seduti. E' stato Luca a parlare. "Susan, io e Tom andiamo da papà" dice solo. Si sta congedando. Lo so.

"Certamente. Vi prego di ringraziarlo, probabilmente il suo aiuto è stato fondamentale" dico, rifiutandomi di credere potrebbe essere tutto vano. "Luca. Mi dispiace, per tutto. So che te l'ho già detto, ma vorrei le cose fossero andate diversamente" aggiungo. 

Annuisce, triste.  Poi sospira."Mi serve tempo, Suz. Devi concedermelo. Ma ti farò avere notizie" dice, poi si lascia condurre fuori dal Pronto Soccorso da suo fratello.

Restiamo solo noi tre adesso. Vorrei farmi forza e dire ai miei amici di andare a casa, sono ormai le nove di sera e domani hanno lezione, ma ho paura. Ho paura che se resto qui da sola e stanotte Michael non.. non ce la farà.. mi spezzerò definitivamente. Quindi forse avrò bisogno del loro aiuto, per non impazzire.

Davide deve aver capito quanto in realtà io sia vicina all'andare in pezzi, perché mi si avvicina e mi dice che loro non se ne andranno. Stella è andata a chiedere qualcosa in accettazione e quando ritorna annuncia: "Possiamo andare. Dato che Michael è in Terapia Intensiva, non ha più senso che stiamo in Pronto Soccorso" dice poi mi fa segno con la testa di seguirla.

Quando arriviamo alla sala d'attesa della Terapia Intensiva, il bianco accecante dei corridoi mi acceca. Mi bruciano gli occhi per quanto ho pianto, e l'odore acre del disinfettante mi fa contrarre lo stomaco. Vado alla finestra, perché forse guardare fuori mi aiuterà a riprendere equilibrio. Non sento Davide uscire, ma sento quando ritorna e mi chiama. "Ti ho preso un panino al tacchino. Non fare quella faccia, devi mangiare" è perentorio.

Mi obbliga a sedere e controlla che io mangi. Riesco a buttare giù solo un paio di bocconi, poi mi rifiuto di mangiare altro. "Mangerò quando saprò che è fuori pericolo" dico sperando di avere la voce ferma. Lui sbuffa ma non mi forza. Mi passa una lattina di Coca e io scoppio a piangere. A dirotto. Solo ieri lui mi ha salvato la vita e adesso rischio di perderlo per colpa di un pirata della strada. Mi sento come se qualcuno avesse infilato una mano nel mio stomaco e mi stringesse le budella. E' un dolore continuo, che non accenna a placarsi.

Le ore scorrono inesorabili, una dopo l'altra. Mi sono assentata sono un paio di volte, per andare in bagno e per lavarmi il viso con acqua fredda. 

Cazzo stamattina non pensavo proprio che mi sarei ritrovata fuori dal reparto di un ospedale a sperare che il ragazzo che amo decida di non arrendersi alle proprio ferite ma lotti con le unghie e con i denti per restare ancorato alla vita. Questo dovrebbe insegnarmi a non fare piani, mai. Perché in un soffio tutto quello che desideri potrebbe esserti tolto. 

Sento un verso strozzato, e mi ci vuole ben più di un momento per capire che sono io. Singhiozzi asciutti mi squassano da capo a piedi e inizio a tremare. Mi abbraccio stretta, per fermare i tremori, mentre i miei amici si avvicinano spaventati. Forse è una reazione allo stress, al terrore di perdere Michael, non lo so, ma in quel momento scoppio a ridere. Una risata isterica fatta di lacrime e singhiozzi. Loro si guardano interdetti, non sapendo cosa fare, mentre io pian piano mi calmo.

"Scusate" dico. Ho perso il conto delle volte che l'ho detto oggi. Se pensavo di essere distrutta il giorno in cui lui mi ha tradita, o quando abbiamo deciso di lasciarci, beh, mi sbagliavo di grosso. Non avevo nemmeno idea dell'abisso di disperazione che mi si è spalancato davanti adesso.

"Tesoro, forse dovresti andare a stenderti un pò" dice Stella, ma la scaccio come una mosca fastidiosa. Non mi muoverò di qui finché non saprò che lui è fuori pericolo. Perché è così difficile da capire?

Non faccio in tempo a prendere fiato per dirle di lasciarmi in pace, che il suono di un'emergenza dentro il reparto ci fa scattare in pedi. Certo, potrebbe essere per uno qualsiasi dei pazienti ricoverati in condizioni critiche lì dentro, ma nulla ci toglie il pensiero che invece, a pochi metri da noi, Michael potrebbe aver perso la battaglia. 

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