Capitolo 20.

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Il tempo passa sempre troppo velocemente per i miei gusti.
Sono passati due anni da quando ho conosciuto l'allegra combriccola e poco più di un anno e mezzo da quando io e Stephan ci siamo messi insieme.
Lisa e Bjordi sono una coppia fissa, come Lulo e Emilia.
Le cose tra Giulia e Manuel vanno a gonfie vele.
Manuel ha trovato la sua dolce metà a Savona e spesso e volentieri vengono a trovarci qui a Milano.
Di cose, in questo lasso di tempo , ne sono successe un sacco.
A partire dalla gravidanza di Giulia, tre mesi fa.
-Ragazze devo parlarvi.- ci dice durante uno dei nostri soliti pomeriggi insieme.
-Dobbiamo preoccuparci?- chiede Lisa.
-No, ma è una cosa strana.- risponde. –Tra qualche mese diventerete zie.-
Ci guardiamo stranite. La guardo e sto per domandarle ma mi precede.
-Si, sono incinta, sono entrata da poco nel terzo mese.- risponde sorridendo.
-Fatti abbracciare mammina!- l'abbraccio con le lacrime agli occhi.
-Io invece vado a convivere con Lulo.- dice Emilia.
-Giusto perché siamo in tema di novità, eh? Sono contenta per tutte voi. Spero di fare un passo così importante come quello che state facendo voi.- dico sorridendo, ma cercando di nascondere gli occhi lucidi.
-Fede, questa non è la fine. Ci vedremo e ci sentiremo sempre.- dice Emilia abbracciandomi.
-Lo so.- sussurro.
Non è la fine.

*due settimane dopo.*

Il giorno tanto atteso, quello della convivenza di Emilia e Lulo, arriva.
-Posso?- chiedo bussando alla porta di Emilia.
-Ehi entra!- mi risponde.
-Eccoci, qui.- sussurro sollevando le spalle rendendomi conto immediatamente dell'ovvietà appena uscita dalla mia bocca
-Già. Chi l'avrebbe mai detto.- risponde lei con lo sguardo perso nel vuoto.
-Ok, basta con la fiera delle frasi fatte.- dico dopo un po'.
-Grazie, anche perché non sarei riuscita a continuare ancora per molto!- dice cercando di sorridere.
-Non so da dove iniziare, Emi. Lo sai, non sono molto brava con le parole per cui ho pensato di fare così. Ti ho scritto una lettera che adesso ti leggerò. Ti prego, non ridermi in faccia altrimenti manco comincio!- alzo lo sguardo trovando i suoi occhi divertiti puntati nei miei.
-Promesso.- ribatte mentre apro il foglio di carta, leggendo ad alta voce.
-Emilia, amica mia. Scriverti è stata forse una cosa infantile, ma l'unica che mi permettesse di dirti tutto senza dimenticare niente.
Oggi è un giorno importante: hai lanciato il cuore oltre il muro di casa e stai per andare a riprenderlo. Come amica, non posso che essere felice, felice e ancora felice per te. Quest'anno vissuto a stretto contatto convivendo è stato semplicemente meraviglioso.
Ti ho vista spaesata, intimorita ma sempre armata di un sorriso.
Ti ho vista salire su una nuvola rosa insieme a Lulo, innamorata come mai prima.
Ti ho vista insicura, fragile e al contempo forte, una roccia, la mia ancora, il mio porto sicuro. Sarei falsa se ti dicessi che non vedo l'ora di vederti fuori di casa. La verità è che sono anche un'amica estremamente egoista: ti vorrei qui con e per me, sempre.
Tu sei quella che era solo da incontrare, ma che per me ci sarà sempre nonostante tutto. La mia sorella per scelta, perché tra tutte quelle che ho conosciuto è in te che ho visto più volte me stessa. Emilia, amica mia, questa casa da stasera sarà più vuota, più triste forse. Mancherai, tantissimo ma credimi quando dico che il meglio lo vivrai proprio in questo nido che insieme abbiamo arredato, curato e accudito in quest'ultimo mese.
Ti voglio un bene dell'anima.- concludo con gli occhi lucidi, tenendo lo sguardo basso tentando di trattenere le lacrime di fronte a lei, serrando le labbra in un sorriso idiota.
Ascolto il suo respiro diventare irregolare, ma prima che possa fare o dire qualunque cosa le porgo il pacco malamente incartato dalle mie mani inesperte. Lo apre delicatamente, per poi scoppiare a piangere come una bambina troppo felice.
-Non posso prenderlo.- dice vedendo il mio libro delle canzoni.
-Devi. Almeno ho la scusa per venirvi a rompere un po' le scatole con Alexandre.- rispondo ridendo.
Suonano alla porta e immediatamente i sorrisi diventano impercettibilmente più tesi. È Lulo che reclama la sua dolce metà. Ci alziamo lentamente per andare alla porta.
Il ragazzo è sorridente, la personificazione della felicità. Mi abbraccia stretta stampandomi un bacio sulla guancia.
-Amore, andiamo a casa?- chiede con uno sguardo luminoso alla sua ragazza che annuisce incapace di parlare.
Si volta a guardarmi, mi sorride, mi abbraccia e mi regala tre baci umidicci di lacrime.
-Ci vediamo presto. Prestissimo. Ti telefonerò, non ti libererai di me.- dice.
Prende la mano di Lulo e insieme si incamminano verso la loro macchina, diretti a casa loro.
Rientro.
Questa casa mi sembra più vuota senza la mia sister.
Il rumore di chiavi che girano nella serratura, mi colgono impreparata e mi spaventano. Un sorriso che amo compare da dietro la porta con una sacchetta di plastica in mano che posa immediatamente per correre ad abbracciarmi.
-Ero preoccupato. Non rispondevi al telefono, cazzo!-
Sorrido ricordando di aver messo la vibrazione questa mattina e cercando il calore del suo corpo per trovare un po' di pace.
-Scusami.- dico.
-Macché, scusami tu. Vieni qui!- mi afferra dolcemente per i fianchi facendomi sedere sulle sue gambe, iniziando ad accarezzarmi come si fa con i cuccioli smarriti. Avevo bisogno di lui per ricominciare a respirare.
Non sono sola, mai.
-Oggi è stata una giornata difficile per te. Volevo venire prima, ma ci siamo allenati fino a poco fa.- dice.
-Sei arrivato quando avevo bisogno. Né prima, né dopo. Nel momento giusto.- rispondo.
-Lo sai che non ti lascio da sola, vero?- chiede.
Annuisco lasciandomi baciare dolcemente dalle sue labbra.
-Ah, ho portato una cosa. Sai, come nei film, quando le ragazze sono giù di morale mangiano sempre robe dolci... In cucina c'è una Sacher per te.- dice.
-Smetterai mai di stupirmi?- chiedo sorridendo.
-No, o almeno, lo spero.-
-Grazie, è un pensiero estremamente dolce. Ho anche fame, per la cronaca. Ne vuoi un po', tipo mezza torta?- chiedo scoppiando a ridere.
-Certo!- ride e la sua risata mi scalda il cuore rimettendolo al giusto posto.
Parlare con lui della nostra giornata mi fa tornare di buonumore. Mangiamo, scherziamo, diventiamo seri, ridiamo ancora.
Tutto questo è solo merito suo. Non mi fa dimenticare le cose, ma le fa vedere con occhi diversi, colorati. Migliori. Le cose brutte, diventano più belle. Lo guardo e tutto ha più senso.
-Che c'è? Mi sono sporcato?- chiede notando che lo guardavo.
-Nessuno si è mai preso cura di me come fai tu. Voglio dire: mi hai portato una torta entrando come un ladro in casa mia, sapendo che stavo a terra...-
-...e che ti senti in colpa per questi sentimenti negativi che provi, ma che non vorresti sentire.- finisce al posto mio la frase.
-Mi leggi nel pensiero. L'ho sempre sospettato. Hai ragione, e poi mi chiedo: cosa farò adesso?- chiedo.
-Faremo, prego. Siamo in due.- dice lui.
-Ok, El Shaarawy, cosa faremo?- chiedo retoricamente.
-Intendi a breve o lungo termine?-
Cos'è, un terzo grado per caso?
-Perché mi rispondi con una domanda?- chiedo.
-Perché non rispondi alla mia?- chiede lui.
Sorrido, questo giochino mi diverte. E non poco!
-Perché non me ne poni un'altra?-
-Mi vuoi sposare?- chiede come se niente fosse, sorridendo soddisfatto per l'espressione che si delinea sul mio viso.
Stupore.
Non può averlo detto veramente.
Si, sicuramente questa domanda è frutto della mia immaginazione. Allucinazioni uditive, ecco come si chiamano in linguaggio tecnico.
Allora come mai la mia mano sta tremando ed è incapace di trattenere la forchetta tra le dita, facendola cadere con rumore metallico sul tavolo?
Come mai i polmoni stanno bruciando? Mi sono dimenticata di nuovo di respirare? Perché sto zitta?
Strizzo gli occhi scuotendo ripetutamente il capo come a dar ordine a queste domande. O zittirle.
Riapro le mie finestre sul mondo e incrocio lo sguardo di Stephan, leggermente insistente. Un colpo di tosse improvviso mi conferma che sto trattenendo il respiro.
Sembra debba morire da un momento all'altro, così mentalmente mi do della scema. Come se tutti i giorni qualcuno mi proponesse di passare il resto della mia vita insieme a lui.
Un sorriso sghembo si delinea sul paziente viso all'altro lato del tavolo, come se fosse divertito dalla mia reazione.
È più forte di me, non riesco proprio a proferire parola, io che per anni a scuola ho avuto la reputazione di linguacciuta della classe. Dove sono finite le mie scorte, adesso?!
Lo guardo ancora, ripetutamente stando in silenzio. Non so cosa stiano trasmettendo i miei occhi in questo istante.
Sorpresa. Terrore. Stupore. Ansia. Panico. Gioia. Amore.
Stephan sposta la sedia quel tanto da permettergli di alzarsi senza fatica, un'espressione indecifrabile sul volto.
Mi guarda con un sorriso a metà, per poi fare un passo nella mia direzione, abbassarsi leggermente per darmi un leggero bacio sulla fronte mentre con una mano accarezza i miei capelli con una dolcezza che mi spezza il cuore.
Stupida che non sono altro. Non è così difficile: o si, o no.
Due cretinissime lettere che si rifiutano di uscire dalle mie labbra.
Allungo una mano verso il suo braccio, come a fermarlo, ma non mi lascia il tempo di raggiungerlo. Mi volta le spalle ed esce dalla stanza, diretto probabilmente verso casa sua.
Un'improvvisa tristezza si deposita sui miei occhi e un dolore al centro del petto riattiva i miei neuroni intorpiditi. Dal cervello una scossa raggiunge il cuore.
-Si.- un sussurro che segna il ritorno delle mie facoltà di intendere e volere.
Peccato che il destinatario probabilmente sarà fuori di casa, ormai. Mi alzo, scatto verso la porta, scendo le scale di corsa e raggiungo il pezzo di prato che mi separa dal portone. Lo apro e sbuco in strada senza curarmi delle persone che potrei trovare sul marciapiede. Mi volto da tutte le parti, ma non lo trovo. Ste è sparito. Mi lascio andare per terra dove sono, insultando me stessa ad alta voce per la gioia dei passanti.
Un secondo dopo, sento lo scatto del cancello dietro di me.
Ah, pure fuori casa mi sono chiusa, complimenti. Mentre parte un applauso mentale, una voce mi richiama. Mi giro di scatto e mi trovo Stephan piegato in due con il fiatone, con una mano a tenere aperto il cancello di casa mia.
-Ma tu da dove sbuchi? Ti stavo cercando!- urlo senza volerlo
-Ero in casa, dove volevi che fossi?! Esco dal bagno e vedo te che scappi come una furia giù per le scale. Cosa dovevo fare se non cercare di fermarti?- chiede.
-Io...credevo te ne fossi tornato a casa. Insomma..- la sua espressione stupita mi spinge a proseguire. -Ehm, che ne dici se rientriamo dentro?- chiedo.
-Si, gente lo spettacolo è finito!- esclama divertito spingendomi nel giardino e chiudendo il cancello alle nostre spalle.
In silenzio torniamo in casa.
-Stavi dicendo...?- azzarda per riprendere il filo del discorso
-Pensavo avessi capito o interpretato il mio silenzio nel modo sbagliato. Credevo fosse un addio. Avevi una faccia, dio mio!- esplodo infilando una parola dietro l'altra, ritrovando il gusto dell'eloquio
-Sono scesa a cercarti, ma non c'eri più. Mi sono insultata.-
-Si, l'ho sentito.- mi interrompe cercando di trattenere una risata ironica nei miei confronti.
-Ecco, appunto. Invece eri qui. Sei sempre stato qui. Non sei scappato.- finisco di dire.
-Già.- dice facendo spallucce appoggiandosi al muro del salotto, dando un'occhiata svogliata ai miei dischi.
-Fammi capire. Mi hai chiesto di sposarti, sono stata zitta ed ora tutto quello che riesci a dirmi è questo?!- chiedo, fulminandolo con lo sguardo mentre mi osserva sorpreso -Ok, scusa. Tono sbagliato.-
-O è un si, oppure un no.- chiude gli occhi per sospirare. -Altrimenti c'è sempre l'opzione: posso pensarci?- dice.
-No.- ribatto decisa alla sua affermazione
-Ok, capisco.- si sposta in direzione della porta, questa volta sul serio.
-Ste, che cazzo hai capito?!- lo rimprovero avventandomi verso di lui per abbracciarlo, appoggiando il viso contro la sua schiena, bloccandolo.
-Fede, lasciami, su.- sospira, mentre disobbedendogli lo stringo con più forza prima di lasciarlo per farlo girare verso di me.
-No Ste, non voglio pensarci. Ho aspettato già troppo, direi che i miei tempi di reazione li hai annientati del tutto. Posso risponderti, ora?- chiedo.
-Se proprio insisti.- sorride, è di nuovo con me adesso.
-Mi hai colta impreparata. Non me l'aspettavo, lo hai capito anche tu. Ho smesso persino di respirare. Nel mio corpo si combatteva la terza guerra mondiale tra il cervello, il cuore e la bocca, ma non riuscivo a dirti nulla. Sono andata nel panico, due volte. Ora voglio dirti che questa proposta l'ho sempre immaginata con lui che si inginocchia armato di mille sorrisi mentre estrae dalla tasca della giacca una scatolina colorata, pronto ad offrirmela con un gesto provato e riprovato davanti ad uno specchio. Invece non hai fatto nulla di tutto ciò, me lo hai chiesto e basta, scegliendo la spontaneità. Sarei una pazza a rifiutare tutto questo amore con te. Si, si e ancora si.- dico.
Le sue labbra si impossessano delle mie senza darmi tregua.
Mi abbraccia, mi solleva e mi fa volteggiare come si fa con i bambini. Incastra il suo viso nella mia spalla mentre mi ritrovo con le guance rigate da lacrime di gioia.
-Sono felice. Sono troppo felice.- ripete come se ancora non credesse a quanto appena successo.
Istintivamente porto la mano sulla sua guancia, notando che sto piangendo anche io, non solo lui.
-Oggi ho pianto troppo per i miei gusti: di tristezza, di abbandono, di gioia, di incontro. Le tue lacrime, mi sorprendono. Sei un'anima rara, tu.- dico.
-Vero, sono una persona sensibile, dopo tutto. Baciami ancora, dai.- dice sorridendo.
-Non vorrei fare la guastafeste, ma qui manca qualcosa.- dico indicando l'anulare sinistro.
-Già. Lo devo comprare.- dice.
-Che cosa?!- ribatto stupita scoppiando a ridere per la sua totale disorganizzazione.
-Scherzetto!- si contorce per poi tirare fuori dai jeans una scatoletta di velluto blu scuro, si inginocchia mentre lo osservo divertita, mi prende una mano.
-Amore mio, vuoi sposarmi?- mi chiede.
-Aridaje, SI!- prendo la scatola dalle sue mani e aprendola lentamente -Oh mio dio, è un qualcosa di meraviglioso. Grazie!-
-Facciamo le cose fatte bene, dammi la mano che te lo infilo io.- dice.
Gli getto le braccia al collo. -Stupendo, perfetto.-
-Lo so. Appena l'ho visto ho pensato a te. Così l'ho preso senza pensarci su due volte. Da adesso, sei mia per sempre.- mi dice, sorridendo a 32 denti.
-Adesso, inauguriamo la camera libera?- chiede.
-Sei un inguaribile romanticone, proprio.- rispondo.
Mi prende in braccio senza darmi modo di liberarmi dalla sua presa per portarmi in camera da letto, dove poco dopo, inauguriamo la nostra nuova vita insieme.
Oggi, credevo fosse il giorno più triste, ma proprio quando ho smesso di sperare tutto è diventato meraviglioso. Tutto è diventato amore. 


*autrice.*

Ok, eccomi qui. 

Ho fatto che pubblicare gli ultimi capitoli tutti insieme. 

Questo è l'ultimo capitolo. 

In pagina i capitoli erano il doppio, se li avessi pubblicati singoli anche qui sarebbero stati troppo brevi e quindi ho fatto che unirne due e pubblicarli così. 

Grazie a tutti quelle personcine carine che hanno letto fino a qui. 

Grazie a Stephan che mi ha dato l'ispirazione adatta per scrivere questa storia. 

Grazie davvero a tutti.

Federica. 

Due facce della stessa medaglia. |StephanElShaarawy|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora