Orki I

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Sul tavolo c'erano delle zanne. Dork non sapeva di preciso quante fossero; certamente erano più di cinque, il che voleva dire che rappresentavano un buon premio. Sapeva inoltre che il suo avversario, Utkas del Klan Ammazzabuio, aveva finito le sue zanne, e che perciò – probabilmente – era disposto a tutto pur di vincere quel giro e ritirarsi dalla partita.
A Dork questa cosa, neanche a farlo apposta, non piaceva per niente. Voleva quelle zanne, e ancora di più voleva che Utkas rimanesse totalmente al verde. Il che, per un Orko, non era una cosa così difficile.
«Devi lanciare i dadi, ztupido» disse Utkas, con un tono nervoso.
«Lancerò i dadi kuando vorrò io, kretino» rispose Dork, piccato. Era certo che quell'Ammazzabuio da quattro soldi stesse architettando qualcosa peggio di Mork in persona; Dork gliele stava suonando ben bene ai dadi, ed era certo che da un momento all'altro sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Dork adorava le cose spiacevoli, ma solo quando riguardavano gli altri.
Nel frattempo, un capannello di Orki s'era fatto attorno a loro a osservare la partita. Erano in una delle infinite camere dello Space Hulk sparato nel Warp in cui viaggiavano ormai da mesi, e come al solito non c'era molto da fare a parte giocare, azzuffarsi, e provare a spiare dagli oblò per osservare quelle cose strane, lucenti e dentute che si vedevano apparire oltre il kampo di forza del mek.
Ma a Dork piaceva giocare. A Dork piaceva vincere. E non voleva che quell'imbecille di Utkas gli soffiasse la vittoria con qualche tiro mancino.
Prese finalmente i dadi, li agitò tra le manone artigliate, vi soffiò sopra – spandendo attorno un puzzo di stufato di squig che fece arricciare il naso agli Orki più delicati – e finalmente tirò. I dadi saltellarono in mezzo alle zanne, finendo finalmente a faccia all'aria: un cinque e un quattro. Un buon tiro.
«Preparati ad andare a kaccia di kakkole, babbalukko» disse Dork sghignazzando, «perkè di zerto stasera non potrai komprarti niente da mangiare.»
«Lo vedremo, sakko di kakka di zquig» ribattè l'altro, senza guardarlo negli occhi. Prese i dadi tra le mani e iniziò ad agitarli furiosamente, avanti e indietro. Dork osservava il movimento degli artigliacci di Utkas, pronto a tutto, quand'ecco che quello urlò, le dita si confusero e i dadi volarono dall'altra parte della sala, rimbalzando, rotolando, e finendo dritti dritti in una fessura che li consegnò alle correnti urlanti del Warp.
Dork osservò la scena impietrito; e Utkas, affettando malamente dispiacere, si mise a piagnucolare: «Oh, per le orekkie del kapoguerra! Mi zono kaduti i dadi! Ke pekkato! Beh, vorrà dire ke dovrò uzare i miei.»
Mentre Dork lo osservava paralizzato dalla rabbia, e gli altri Orki si facevano prudentemente indietro, Utkas – con un sorriso soddisfatto – afferrò un sacchetto di pelle dalla propria cintura, lo aprì, e ne estrasse due dadi scintillanti.
Dork sbuffava copiosamente dalla narici, tremando tutto. Utkas, sempre trattenendo le risate, prese un dado e, con calma, lo lanciò. Rotolò tra le zanne, andando infine a posarsi con la faccia "molto" in su, il valore più alto tra i numeri conosciuti da quegli Orki..
«Oh, bene» disse Utkas, «un "molto". Koza zuccede ze ne esce un altro? Ah, già...vinko io» e si mise finalmente a sghignazzare.
Dork, con tutta la pelle verde increspata, sembrò voler saltargli addosso; poi, però, qualcosa lo trattenne. Rimanendo serio e tesissimo, allungò una mano, prese la propria piztola e la posò con forza sul tavolò. Gli altri Orki mormorarono e si misero a ridere.
Utkas la guardò, non capendo, e guardando con espressione confusa Dork.
«Zono zerto» disse con calma, «ke Mork è kon te, amiko mio, e ke i tuoi dadi non sono trukkati. Tira kuel dado. Fai un altro "molto".»
Utkas ebbe forse un barlume di comprensione. Rimase in silenzio, fece per tirare, poi ci ripensò; guardò gli altri Orki, e qualcuno gli faceva segno di "No" con la testa, altri si spanzavano dalle risate e dicevano "Sì, sì".
Ci pensò ancora un istante. Poi, velocemente, lanciò il dado. Nel momento esatto in cui i pesi interni facevano sì che le facce rotolassero, si fermassero e che in quella più in altro uscisse un "molto", un proiettile sparato dalla piztola di Dork si stava già frammentando nella testa verde di Utkas, facendola a pezzi. L'eco dello sparo non era ancora finito che gli altri Orki già urlavano e ridevano, qualcuno scappava mentre altri ne approfittavano per fare scattare una rissa.
«Forze Mork era kon te, pezzo di ztupido» disse Dork, masticando un pezzo di orecchio di Utkas che gli era finito tra i denti, «ma Gork è kon me.»
Si sporse e raccolse le zanne del premio, mettendosela in tasca. Intanto gli altri Orki si azzuffavano, urlando, e le loro grida rivaleggiavano con gli ululati sinistri del Warp attorno a loro.

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