Lector non aveva mai avuto dubbi sulla propria fede. La sentiva dentro il proprio animo, come una colonna di marmo, sul quale si reggevano le parti più importanti e delicate del suo Io. Mai avrebbe pensato che, un giorno, sarebbe stato costretto a farsi delle domande sulla vera natura di quel pilastro.
Inginocchiato nella sua cella, in armatura completa, compiva gli ultimi riti prima della partenza verso Ardesil. Sapeva che cosa si sospettava in lui – qualcosa che riguardava l'Immaterium, e la sua matrice oscura e malefica, qualcosa che poteva essere pericoloso per lui stesso e per gli altri. Quando lo psionico lo aveva sondato, però, non gli era sembrato di avvertire nulla di strano in sé; soltanto come il vibrare della colonna della fede, il risuonare del rispetto per il Trono d'oro. Lo psionico aveva teso le braccia su di lui, le aveva ritirate, e non aveva detto niente. Se ne era andato, senza che nessuno dicesse a Lector quale potesse essere il responso. Cosa doveva pensare?
Un colpo alla porta annunciò l'arrivo di un visitatore. Lector si alzò con calma e ad andò ad aprire: davanti alla figura di Josua, in equipaggiamento da battaglia, l'astartes chinò il capo e si batté un pugno sul petto corazzato: «Mio signore» disse semplicemente.
Josua lo guardò dritto negli occhi, come se potesse scoprirgli, in fondo alla mente, le rispose ai dubbi che tormentavano entrambi; ma lì vedeva soltanto un soldato, un uomo pronto a morire per l'Imperium, qualcuno che sacrificava i propri dubbi e la propria salvezza ad un bene diverso, più grande.
«Sono solo venuto a dirti» fece il capitano, continuando a fissarlo, «che sul campo, da te, non mi aspetto nulla di meno rispetto ai tuoi confratelli. Il sergente ti darà disposizioni opportune, e tu combatterai efficacemente come eri uso fare sino a qualche tempo fa.»
«Prometto di fare del mio meglio, signore.»
«Il tuo meglio deve essere equivalente, se non superiore, a quello del resto della compagnia. Mi sono spiegato?»
«Naturalmente, signore» ribatté Lector, portandosi di nuovo il pugno chiuso al cuore.
Josua lo scrutò ancora per qualche istante. Posò una mano sulla fondina della pistola, che portava agganciata alla cintura.
«Fratello Lector» disse poi, a bassa voce, «cosa credi che sia accaduto, nei combattimenti di quattro mesi fa?»
«Abbiamo portato avanti la gloria dell'Imperatore, signore» rispose l'altro deciso.
«E a te, cosa è accaduto? Credi che qualcosa sia cambiato? Ti sei trovato coinvolto in qualcosa di strano?»
Lector abbassò gli occhi, vagamente confuso. «No signore. Ho solo combattuto gli xeno, signore. Di ogni tipo. Sono stato ferito lievemente in un'esplosione. Nient'altro.»
Josua annuì, perplesso. Poi lo congedò, e si avviò da solo per i corridoi. Camminava nelle vie della fortezza-monastero, percorse dal tumulto dei preparativi per la guerra; servitori, astartes, ufficiali e preti del Mechanicus correvano a compiere i propri compiti e ad assicurarsi che ogni cosa fosse pronta. Josua aveva visto quelle scene centinaia di volte, e mai come quel giorno sentiva, in qualche modo, la cosa che aveva deciso di chiamare disagio percorrergli le membra. Aveva un presentimento strano e disturbante riguardo al proprio incontro col Maestro del Capitolo e, sebbene i suoi piedi lo portassero con decisione e velocità verso il Pozzo della Fenice, dove avrebbe preso la benedizione, una parte della sua mente pareva suggerirgli di non volerci andare.
Attraversò il grande arco, che dava sul ponte sospeso e che lo avrebbe condotto al Pozzo; il cielo di Thalassis I era tinto di colori bluastri, rischiarati appena dai bagliori delle navi in orbita e delle stelle lontane. Josua si fermò un solo istante ad ammirarlo; la memoria gli concesse un frammento di ricordo, risalente forse a quando erano ancora un ragazzino – qualcosa che riguardava il mare, e le nubi, e una cometa tra le stelle. Ma la sensazione sparì subito e, sebbene fosse grato a quegli sprazzi di umanità che il suo cervello sembrava volergli regalare a volte, si sentì in qualche modo più turbato.
Raggiunse il Pozzo ed entrò. Il Maestro vestiva un'armatura Terminator Indomitus, tra le più preziose reliquie del capitolo; stava in piedi accanto al pozzo, scrutandovi all'interno, assorto nei propri pensieri.
Josua si fermò a qualche passo di distanza, inginocchiandosi sulla gamba destra. Alartel si voltò lentamente, guardandolo; c'era come un velo che gli oscurava gli occhi, solitamente determinati e fermi.
«Ti ho chiamato per ultimo, tra i capitani» disse, «perché volevo avere ancora un po' di tempo per pensare.»
«Spero che ti sia stato utile, Maestro» ribatté Josua, senza alzare lo sguardo.
Alartel annuì. «Alzati. Prima di incominciare il rito, devo parlarti.»
Le gambe di Josua si mossero da sole, perché la sua mente era concentrata sul senso di quelle parole. Rimase in piedi davanti al Maestro, impassibile.
Alartel lo guardò di nuovo, come se stesse ancora valutando e decidendo. Poi, socchiudendo gli occhi, parlò.
«Lo psionico ha confermato che il tuo soldato ha un contatto con l'Immaterium. È uno psionico anche lui, sebbene in forma semi-latente.»
Josua non disse nulla.
«Non ha alcun tipo di percezione o controllo delle sue potenzialità. Le quali, comunque, sembrano essere sopite e disturbarlo soltanto durante la concentrazione del combattimento. Ho già dato disposizioni all'apotecario affinché gli vengano somministrati induttori e alteratori che dovrebbero garantirgli una maggiore efficienza durante gli scontri. Ma all'apotecario non ho rivelato nulla sulla natura di questo tuo Letor. Oltre a me, a te e allo psionico, il cappellano Ariestes è l'unico a saperlo. Questo non deve cambiare. È un ordine.»
«Certo, signore» rispose fermamente Josua.
Alartel annuì di nuovo. Poi abbassò gli occhi per un istante, forse, prima di voltarsi verso il pozzo.
«Ciò che sto per dirti, invece dovrà rimanere soltanto tra me e te. Non sono disposte a rischiare l'onore, la sicurezza e la continuità del capitolo. Non sono disposto a rischiare tanto per la salvezza d un solo uomo, o per vaghe promesse di una rinascita delle Scure Ceneri. È una pena infinita per me, ma non posso fare diversamente» continuò come parlando al pozzo, «Josua, sotto mio comando, ti ordino di affidare Lector ai compiti più pericolosi e alle operazioni più rischiose. Se nonostante questo dovesse sopravvivere, ti occuperai tu stesso della sua esecuzione, simulando un incidente, prima della conclusione della campagna su Ardesil.»
Il capitano rimase in silenzio, abbassando lentamente le mani. Alartel si voltà appena.
«Ripeto che è un ordine. Come è un ordine l'assoluto riserbo che dorai tenere.»
«Signore...»
«Mi prendo tutta la responsabilità, capitano.»
Josua avrebbe voluto chiedergli della propria, di responsabilità; ma stringendo i denti abbassò il capo, in silenzio.
