Pioggia di Cenere - 8

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 L'esplosione portò via una parte della faccia di Jerkins. Si rizzò in piedi, urlando e sparando raffiche di fucile laser verso il cielo, mentre la parte destra del volto sprizzava sangue ovunque; poi una sventagliata di proiettili lo fece a brandelli, e cadde a terra, proprio accanto a Taver.
Il fragore della battaglia risuonava nell'aria, nella terra, nelle stesse ossa della Forza di Protezione Planetaria; il sergente gridava qualcosa, ma il fuoco di mitraglia e di artiglieria degli Orki annichiliva ogni parola umana, ogni tentativo di organizzare quel caos informe che era la battaglia su Yggras.
Cercando di controllare il tremolio delle mani, Taver raggiunse le tasche del compagno morto accanto a lui, ne prese due caricatori del fucile laser e li mise accanto a sé, nel fango. La trincea era alta a sufficienza per starsene schiacciati carponi contro il parapetto, sperando che i proiettili enormi e arrugginiti delle armi orkesche non rimbalzassero finendoti in testa. Con molta calma – le mani tremavano, ancora, ancora – Taver si sporse un po'; nella distesa di terra davanti ai bastioni della loro roccaforte, una delle poche batterie di fuoco orbitale rimaste in mano all''Imperium, la compagnia cui apparteneva Taver era dispersa nelle innumerevoli strisce scavate nel fango che ancora si ostinavano a chiamare trincee. Il fuoco laser andava sempre più diminuendo, una tenue nebbia rossa che s'andava ad infrangere con violenza – non abbastanza violenza – contro una parete verde, marrone, rossa e metallica e artigliante e urlante, gli Orki schierati a meno di cinquecento metri in una delle postazioni da loro conquistate. Migliaia e migliaia di alieni, tutti intenti a sparare, tirare cannonate e granate, mentre alle loro spalle s'andava accumulando montante la marea verde, nuova truppa pronta a sferrare l'assalto finale che avrebbe schiacciato la compagnia, le trincee, Taver e la fortezza.
Il soldato tentò di mettere su il fucile e tirare qualche colpo; gli cadde dalle mani nel fango, mentre i compagni attorno a lui riuscivano ancora a sparare, incitati dal sergente la cui voce non si poteva ormai più sentire. Lo guardò, gli sbraitò contro, ma Taver non capì e si limitò a prendere di nuovo il fucile e riprovare a sparare. L'orrore, il terrore marcio di venire squartato dalle zanne di quelle bestie immonde, gli scuoteva l'anima e il cervello; e cercare di trovare le parole delle preghiere, le odi all'Imperatore e al Trono così lontano, gli facevano soltanto schioccare ancora di più le meningi, offuscare la vista, crepare il cuore.
Il mitragliatore requiem accanto a lui operato da due commilitoni smise di vomitare il suo fuoco a ripetizione e si bloccò; il boato de i tiri dalle trincee e dalla fortezza era immenso, e Taver capì che le munizioni erano finite soltanto dalle facce spiritate e terrorizzate dei due serventi.
Lo capirono anche gli Orki. Dopo qualche istante, le ondate verdi alle loro spalle spumarono, si agitarono, e infine la prima linea sbucò dalla trincee proprio in corrispondenza di quella di Taver. Il fragore della battaglia si acuì, per un istante, prima di tramutarsi in un urlo di guerra così selvaggio, così aspro e ferino che sembrava provenire dalla gola di un'unica bestia acquattata al centro dell'universo e pronta a straziarlo a brani. La WAAAGH caricava e le sue migliaia di Orki presero a correre sparando in aria, pronti a riversarsi nelle postazione della FDP.
Il sergente smise di urlare e continuò a sparare col suo fucile. I serventi del mitragliatore si buttarono a terra urlando. Il fucile in mano a Taver ballava, mentre le sue mani cercavano di tenerlo fermo; non doveva mirare – non ce n'era bisogno, sarebbe stato impossibile non colpire qualcosa in quell'onda anomala di mostri – ma l'indice non si muoveva, non scattava, il fucile restava muto e senza parole davanti all'orda che guadagnava terreno.
L'unica parola umana che riuscì a sentire, nelle urlo belluino e catastrofico che stava per abbattersi su di loro, fu una cosa stupida: «cade.»
Qualcun era già impazzito prima di lui? Cosa stava cadendo? Per un movimento istintivo, dettato dal suo istinto affinché smettesse di osservare la morte che gli correva incontro sparando, alzò lo sguardo al cielo: e vide.
Un singolo punto nero, piccolo, che s'andava ingrandendo; poi un altro, e un altro, e dei bagliori rossastri attorno a loro. Cos'era?
Il sergente si ributtò in ginocchio, si strinse il fucile al petto e guardò: disse qualcosa che Taver non capì.
I punti erano cinque, sei, sette, si facevano sempre più grandi; un sibilo sinistro riempiva l'aria, sovrastando l'uro della WAAAGH, divenendo quindi un rombo, un frastuono che poteva rivaleggiare con lo xeno.
E quando la carica degli Orki era ormai a metà della distanza che li separava dalla FDP, anche loro alzarono gli occhi al cielo, continuando a correre; e la loro voce si spezzò quando le capsule d'atterraggio si schiantarono tra loro, una fila di otto Drop Pod infilzati nel terreno come i punti di una cicatrice ancora da aprire. Le masse metalliche dei moduli causarono l'effetto di una detonazione, lanciando in aria gli xeno attorno ai punti d'atterraggio e spingendo gli altri indietro per la forza d'urto. A circa cinquanta metri le une dalle altre, ancora fumanti, le capsule si aprirono come boccioli, e dall'interno riversarono un polline di fuoco sul nemico.
Taver teneva ancora il fucile, sporgendosi dalla trincea; e pensò di essere già morto, e quello fosse l'aldilà, dove guerrieri alti e muti come statue sbarcavano dai Drop Pod, sparando raffiche sicure e precise sullo xeno e gettandolo nel panico. Poi una parte della sua lucidità tornò, e riuscì finalmente a capire cosa stava urlando il sergente: «Sono gli Space Marines, sono gli Space Marines!» urlava come un bambino, piangendo, mentre la trincea sembrava muoversi, agitandosi come un flusso di sangue può piegare un'arteria; «I Marines!» gridavano altri, «i Santi!» dicevano altri ancora, e Taver non si stupì a scoprirsi urlante, a prendere il fucile e mettersi a sparare sugli Orki che, confusi, si trovavano ora dei nemici in mezzo ai ranghi.
L'ordine arrivò in un istante, e il sergente non ebbe neanche bisogno di dirlo; prese la spada a catena, urlò, e saltò fuori dalla trincea; il plotone imbracciò il fucile e gli andò dietro, urlando e caricando, e poi un'altra trincea, e un'altra ancora, e tutta la FDP lì schierata iniziò a correre contro gli Orki.
Riavutisi dallo stupore dell'atterraggio orbitale, alcuni dei pelleverde batterono in ritirata urlando, mentre altri misero mano alle zpakka per avventarsi sulle Scure Ceneri della seconda compagnia; ma Hiletos aveva dato ordini precisi, e restando attorno ai Drop Pod, supportati dal fuoco automatico sprigionato dai sistemi delle capsule, gli astartes non ingaggiavano in corpo a corpo, tenendo a distanza le bestie attorno.
Un Kapo più grosso degli altri lanciò un grido cupo e basso, e agitando una kela si mise a correre con la sua banda verso la capsula di Hiletos; questi, senza scendere dalle rampe del Drop Pod, caricò un colpo più denso di pistola al plasma e glielo proiettò in faccia, riducendola in un grumo fumante. Gli Orki attorno a lui strillarono dal terrore, sparando colpi a casaccio; la marea s'era fermata, e dalle postazioni dello xeno non arrivavano più combattenti in carica. Presto sarebbe ripreso il fuoco di artiglieria, e questo era precisamente ciò che Hiletos doveva impedire.
Parlando con calma ai suoi soldati attraverso i trasmettitori nel casco, il capitano ordinò di respingere gli xeno verso le loro posizioni, proprio mentre la FDP sopraggiungeva, chiudendo tra la propria linea e gli astartes quegli Orki che erano avanzati troppo. Le scariche secche e fulminee dei requiem si mescolarono alle grida dei soldati umani che si lanciavano, baionetta innestata, contro gli Orki ancora nel panico; eppure il fragore andava salendo di nuovo, e dalle postazioni degli alieni una massa di teste, kele, punte e zanne si muoveva azionando canoni di ogni calibro contro l'Imperium.
Hiletos ordinò di usare i Drop Pod come copertura; muovendosi con disciplina e calma, gli astartes scesero dalle rampe, continuando a sparare, respingendo i nemici verso il punto da cui erano giù unti; le loro armature scintillavano, scaturendo decine di scintille laddove i proiettili degli Orki andavano a colpire, schizzando via. Alcune Scure Ceneri aiutarono la FDP nel corpo a corpo, mentre le altre tenevano a bada le postazioni avversarie; il fuoco si intensificava, e proprio mentre Hiletos avvistava nel cielo la sua Thunderhawk, un cannonata andò a distruggere parte del Drop Pod accanto al quale la sua squadra si stava proteggendo. La FDP soffriva perdite, combattendo alla baionetta contro Orki spiazzati ma ancora feroci; e mentre Taver combatteva con un Orko, schivando appena un colpo di zpakka e ficcandogli la baionetta diritta dentro un occhio, il sergente urlò di resistere, proprio mentre un proiettile gli portava via mezza spalla. L'artiglieria degli Orki infatti faceva ribollire il terreno attorno a loro, uccidendo i feriti e mutilando i pochi che erano sopravvissuti indenni al corpo a corpo; gli astartes stavano appena chini, sparando da dietro i Drop Pod, attendendo ordini, mentre dalla fortezza giungeva il fuoco di copertura dei mitragliatori e dei cannoni laser.
Hiletos comunicò velocemente con la Thunderhawk in arrivo, dando due o tre ordini veloci; ma l'astartes accanto a lui si sporse troppo, e un cannonata lo centrò in pieno petto, sbalzandolo lontano. Si agitò, scalciando e tentando di rimettersi in piedi; un confratello fece per soccorrerlo, ma le cannonate degli Orki impedivano di muoversi, e andavano demolendo la magra copertura offerta dai Drop Pod, o andando a distruggere le trincee della FDP con i colpi troppo alti.
Per un istante Hiletos si chiese se la Thunderhawk non stesse avendo qualche problema; poi alzò lo sguardo al cielo, tra i fumi oleosi degli incendi, e la vide sfrecciare, virare lentamente, infine calare in picchiata verso di loro, e iniziare a emettere dei tonfi sordi, netti. Ci furono dei sibili rapidi, e infine i colpi del cannone da battaglia della Thunderhawk si abbatterono sugli Orki, una fila di esplosioni che distrusse l'artiglieria che avevano schierato in prima linea.
Il fumo doveva ancora disperdersi che Hiletos aveva già dato ordine di avanzare; incedendo alti e lenti nella nebbia, gli astartes puntarono i requiem e spararono sugli alieni ancora intontiti tra le macerie, spezzandone i corpi e le armature, procedendo come rompighiaccio in una gelata fatta di metallo, zanne e ferocia.    

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