CAPITOLO 5

5 2 0
                                    

Una serata favolosissima.
Per dirla tutta un casino.
Sono tornata a casa all'una, entrando senza far rumore ma appena aprí la porta della mia stanza, una voce mi fece paralizzare. Mi girai lentamente e trovai mio padre cupo seduto sulla sedia con le braccia conserte.
"A quest'ora si ritorna?" Domandò troppo calmo.
Se dico una bugia lo capirà, ma se dico la verità si infurierà per il semplice motivo di non essere stata attenta e per Mark che non mi è stato vicino a tenermi d'occhio.
"Papà è successo un casino" cominciai a dire, ma la sua espressione non cambiò, "un ragazzo mi ha rubato il telefono, Mark è arrivato subito dopo ma sono finiti a darsele e le guardie del centro commerciale li hanno portati alla centrale. Sono stata con loro e non potevo lasciare Mark in quel casino solo per colpa mia!" Le lacrime uscirono fuori, non riuscivo più a sopportare quel senso di colpa.
Mio padre si alzò dalla sedia, "vai a letto, domani parleremo meglio!"
Annui, mi misi il pigiama e con un balzo arrivai nel letto portando le ginocchia al petto cercando di non pensare al casino di sta sera.

***

La sveglia cominciò a suonare rompendomi i timpani. Mi alzai dal letto non tanto in grande forma, mi sentivo la testa pesante e un grande nodo al petto.
Mi vestí lentamente non facendo caso all'orario, non me ne fregava nulla se arrivavo in ritardo. Andai in cucina a prendere qualcosa da mangiare per colazione, ancora nessuno dei due si era svegliato. Senza far rumore uscí di casa per andare a scuola.
Cominciai a camminare più lenta del solito non mi andava di fare nulla, mi sento debole e senza forze. Che sia stato il senso di colpa a farmi sentire in questo modo? Non lo so, so solo che mi sento ancora malissimo per l'accaduto.
Entrai in classe in orario e Mark ancora non era venuto. Mi subì l'ora di matematica, e per la prima volta non capì nulla tutto quello che aveva spiegato il prof.
Vorrei avere il telefono per mandargli un messaggio, solo per sapere se stava bene, ma no, non posso farlo quel cretino non mi ha ridato il telefono. Anche se me lo avesse dato non l'avrei accettato, non sarei stata capace di toccarlo, magari mi prendevo la scheda sim per non perdere i numeri.
Mark non si era fatto vivo a scuola, non è da lui saltare la scuola ma forse sta male per ieri sera, oppure ha cambiato classe per non vedermi più.
Mi strofinai il viso stressata e preoccupata.
Maledizione!
Alla fine della prima ora, non ci alzammo dalle nostre postazioni perché avevamo ancora matematica e lui continuava a spiegare, ormai rassegnata cominciai a fare finta di ascoltare il prof.
Dopo dieci minuti buoni la porta si aprì spuntando un Mark con il fiatone.
"Alla buon ora!" Disse il prof scrivendo nel registro il suo rientro.
"Ho avuto un imprevisto!"
"Siediti e copia l'esercizio prima che lo cancelli".
Mark annuì e come al suo solito si sedette accanto a me prendendo il quaderno e la penna. Lo guardai per tutto il tempo, "Mark".
"Lo so che sei seccato con me!"
"Ma che dici? Io non sono seccato con te!"
"Allora perché sei venuto adesso? Che cosa è succsso?"
"Sono furioso con mio padre".
So bene cosa è successo, ieri alla centrale hanno chiamato suo padre. Noi tre eravamo fuori ad aspettarlo quando all'improvviso di fronte sfrecciò un Audi grigia, scese furibondo suo padre che appena mi vide mi salutò solo con la mano.
Quando entrò alla centrale non si sentí nulla, ma dopo tre quarti d'ora si udirono delle urla. Nel frattempo il senso di colpa mi stava uccidendo, i miei respiri acceleravano e cominciai a piangere senza sosta, se stavo più attenta tutto questo non succedeva.
Dopo un ora e mezza suo padre uscì silenzioso e più arrabbiato di prima, mi lanció un occhiataccia come se volesse mangiarmi, non riuscì a sostenere il suo sguardo che subito lo abbassai. Dopo di lui uscì Mark con lo sguardo basso.
"Mark".
Mi alzò il pollice con un sorriso tirato e andò via con suo padre.
I ragazzi da neanche ventiquattro ore che li conoscevo mi accompagnarono a casa.
"Sei in punizione?"
"Peggio, mi ha sequestrato tutto. Telefono, x-box, play station, mi ha tolto la libertà tranne per andare a scuola e studiare in biblioteca".
"Tutto questo per colpa mia".
"Non lo dire neanche" mi lanciò un occhiataccia, "la colpa è di quel biondino".
"Ma ieri sera quando siete usciti tuo p..."
La voce del prof mi fece girare, "Forest ti senti migliore rispetto ai tuoi compagni visto che non stai attenta?"
Restai in silenzio, ma come si permette a dirmi queste cose.
"Vieni alla lavagna e fai questo esercizio!"
Mark mi toccò la gamba per darmi un po' di conforto, coraggio e per scusarsi. Guardai il prof per sfidarlo, ma non riuscì ad avere nessun risultato, quindi mi alzai contro voglia e andai alla lavagna. Cominciò a dettarmi l'esercizio che era molto più lungo al confronto che aveva dato ai miei compagni. Cercava di umiliarmi? Beh, non ci sarebbe riuscito, anche se l'esercizio fosse stato lungo quanto la pagina di un quaderno glielo avrei svolto in venti minuti.
Cominciai a calcolare e a sviluppare tutti i calcoli e i segni, e dopo aver occupato tutte e due le parti della lavagna il prof mi guardò con un muso lungo. Non se l'aspettava che ne sarei stata capace, ma professore dei miei stivali sono molto più brava di quando lei pensa. Gli sorrisi soddisfatta e andai al posto, merito un bel otto.
Mark mi guardò ridendo sotto i baffi e scuotento la testa, "sei sempre la solita!" Sussurrò.
Alzai le spalle per fargli capire e che ci posso fare se sono molto brava.
Non riuscimmo più a parlare di ieri sera, non volevo più farmi mettere sotto il naso anche dagli altri prof, quindi cercai di essere paziente e aspettare.
A fine lezione finalmente potevo togliere quel peso ingombrante che non riuscivo a sopportare. Quando eravamo all'uscita del cancello vidi Mark correre via, "ehi dove vai?"
"Scusami se non torno subito a casa mio padre mi taglia la testa!"
Neanche se fosse una ragazza.
"Sei una femminuccia" gridai.
Aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare un bel terzo dito mi puntò in faccia e scappò via.
Magari gli telefonerò dopo... ah si vero, però con due bicchieri e il filo che li unisce. Certo come no!
Suo padre è Hitler. Lo punisce come se fosse una ragazza, e lui ci sta alle sue regole. Se fossi stata al suo posto sarei stata una ribelle.
Tornata a casa sentì subito un buon profumino, mamma stava cucinando cose buonissime e questo mi metteva di buon umore. Appena entrata in cucina vidi nonna che sistemava la tavola mentre papà leggeva il giornale.
"Oh bentornata" disse nonna. Mi guardavano tutti e tre in modo strano e non mi piaceva per niente. Nonna mi fissava ma sorrideva sotto i baffi, mamma mi guardava come se voleva uccidermi solo con lo sguardo, mentre papà con un occhio guardava il giornale con l'altro mi fissava come a comunicare qualcosa a modo suo. Inquietante!
Forse avrà accennato qualcosa per ieri sera, ma così non vale tre contro una, per giunta una minorenne.
"Giocate sporco!"
Appena parlai finalmente nonna cominciò a ridere, "non potevo più trattenermi!"
"Hai poco da ridere" la fissò mamma.
"Cara stai calma" si girò verso papà e all'improvviso diventò bianco.
"Ora Anna siediti e racconta tutto!"
Mi sfilai lo zaino e il giubbotto sospirando, mi sedetti al mio posto e cominciai a raccontare tutto dall'inizio omettendo Raz che era un po' strano e che mi guardava in modo inquietante. Appena finito il racconto mamma cominciò a parlare a raffica che se fossi stata più attenta e meno imbranata non sarei stata bloccata da quei due ragazzi e non avrei perso di vista i miei amici e il cellulare. Mangiai senza godermi il pranzo a causa di mia madre che cominciava a dirmi che non sarei più uscita all'età dei diciotto anni, o finché non mi sarei sposata. Non risposi alle sue prediche anche perché sapeva benissimo che non poteva mettermi in prigione nella mia stessa casa.
"Quindi il telefono?" Chiese mia nonna.
Alzai le spalle, "non ce l'ho, e anche se me lo ridava lo buttavo!"
Appena finito il pranzo cominciai subito a studiare.

***

Passarono due giorni e non successe proprio nulla a parte che con Mark ci vedevamo solo in classe e potevamo parlare tranquillamente durante la ricreazione.
Il terzo giorno non ce la feci più, divorata dal senso di colpa uscì fuori per andare a casa di Mark e parlare con i suoi genitori.
Bussai alla porta senza pensarci due volte e aspettai qualche minuto che venivano ad aprire.
Poco dopo la porta si aprí rivelando la madre di Mark.
"Salve signora, sono venuta qui per parlare con lei e suo marito!"
Diretta. Credo che può andare bene? Oh si certo magari ti buttano fuori di casa a calci in c....
"Oh cara, in questo momento mio marito arriverà fra una buona mezz'ora, perché non ti accomodi e lo aspettiamo insieme?"
"Certo".
Sua madre è sempre stata una buona donna e gentile. Assomiglia molto a Mark, hanno i capelli entrambi neri e lisci e la carnagione scura, solo i colori degli occhi cambiano, la madre marroni, mentre Mark azzurri come il padre.
"Di cosa volevi parlare?"
"Di quattro giorni fa, quando siamo andati al cinema ed è successo quel casino..."
"Oh Anna..." prendendomi la mano per confortarmi, "tu non hai nessuna colpa!"
"Invece si" e le raccontai tutta la serata.
"Anna ti ripeto che non è stata colpa tua e nemmeno di mio figlio Mark, ti ha protetta nei migliori dei modi, ma è stato provocato da quel ragazzaccio, e mio marito non va giù che Mark è arrivato ad alzargli le mani. Quante volte gli ha insegnato che quando si risolvono le cose prima si discute..."
"Lo so, ma quel ragazzo non voleva darmi più il cellulare e prenderlo era abbastanza complicato!"
"Mi dispiace quello che è successo..."
Annuí, sua madre era buona e gentile, mi sentivo molto in ansia per l'arrivo di suo padre.
"Mark è in casa?" Le chiedo ad un certo punto.
"Certo, credo sia sopra a studiare, se vuoi puoi andarci!"
Annuì, salì le scale ormai sapevo benissimo orientarmi nella loro grandissima casa. Suo padre è un avvocato quindi i soldi non gli sono mancati mai.
La porta della stanza di Mark era socchiusa così bussai senza ricevere risposta, aprí leggermente la porta e vidi Mark disteso sul letto con le cuffie nelle orecchie e di sicuro la musica ad alto volume.
Immobile, e con gli occhi chiusi era fantastico, il profilo del suo viso era perfetto, mi andava di accarezzarlo e baciarlo tutto. Arrossí violentemente per i miei pensieri.
Per la prima volta in vita mia guardando Mark rilassato e in dormi veglia, dentro me sentì qualcosa che si sveglió. Un varco con mille colori pieno di gioia e serenità.
Mi misi davanti a lui prendendo la giusta direzione e con un salto gli saltai addosso con tutto il mio peso.
L'urlo di Mark mi fece tanto spaventare quanto lui con il mio salto. "Sei pazza" disse con la voce impasticciata per il sonno.
Risi a crepapelle.

Il figlio di Belzebú (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora