CAPITOLO 8

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Mi svegliai molto tranquilla, sabato mattina nuvole grigie in cielo di sicuro un po' di pioggia starà arrivando.
Come al solito tutte le mattine andai a scuola e fin lì tutto bene.
Le prime due ore sono stata una frana in biologia, io odio la biologia, o meglio dire odio chi la insegna.
Questa professoressa è così irritante quando parla che ogni volta fa venire il nervoso. Quando mi distraevo cinque minuti subito mi richiamava facendomi qualche domanda di quello che aveva detto prima. Ma fortunatamente grazie alla mia memoria ortografica le avevo risposto correttamente, fece una smorfia e continuò a spiegare.
0 a 1 per me. Professoressa non me la può mai inculare la sua materia.
In mente le faccio il terzo dito con la linguaccia.
Alla terza ora matematica.
Per la ricreazione come ogni giorno io e Mark ci mettemmo al solito posto dall'altra parte della scuola dove si trova il campo di calcio, ogni volta non ci viene quasi nessuno tranne quando ci sono le partite.
Parlammo un po' di tutto. Mi spiegò che ancora suo padre non era più tornato a casa sua ne per pranzo, ne per cena e neanche la notte per dormire anche sul divano.
Gli avevo esplicitamente detto che era tutta colpa mia se suo padre se ne era andato via di casa. Mark mi disse di no ovviamente come un buon amico sa fare, mi spiegò che doveva succedere comunque giorni in più o giorni in meno non cambiava nulla. Doveva succedere lo stesso.
Non me ne facevo una ragione però, se suo padre rimaneva un po' di più a casa si potevano sistemare le cose.
"Sono sempre ugualmente in punizione" disse con una risata nervosa, "anche se mio padre vive in qualche hotel ha ancora sempre il comando della famiglia".
Risi nervosa.
Quell'uomo fa davvero paura.
Suonata la campanella ci avviamo direttamente in palestra per l'educazione fisica.
Alla quinta italiano, interrogata ovviamente, alla sesta storia, ancora una volta interrogata.
Il risultato finale? Un bel nove in tutte e due le materie, almeno potevo andarmene a casa soddisfatta del mio lavoro.
Entrai in casa posai lo zaino per terra,  e in cucina vidi già la tovaglia apparecchiata con piatti sporchi, già avevano pranzato.
"Mamma" gridai per sapere dov'era.
"Anna" gridò a sua volta lei, "sei arrivata?"
Ruotai gli occhi, "no, in realtà sono ancora a scuola. Ho mandato un messaggio virtuale del mio corpo!"
"E io sono la regina Elisabetta" disse appena entrò in cucina.
Era vestita non troppo elegante, portava una gonna verde che arrivava fin sotto il ginocchio, una maglietta larga che si intravedeva molto il suo pancione, e scarpe comode.
Rossetto bordeaux e degli orecchini.
"Dove stai andando?"
"Dal dottore. L'ho chiamato, e mi ha detto che vuole visitarmi e fare il tracciato!"
Annuí, nello stesso istante entrò mio padre.
E ancora una volta nella mia mente si ripeterono le parole che mi disse ieri mattina mia madre.

Sono perseguitata da qualcuno. Se mai dovesse succedermi qualcosa

Devi proteggere a qualsiasi costo tuo fratello.

Non credo che tu lo voglia conoscere!

Non capisco ancora perché mio padre non fa nulla, se ne sta calmo e tranquillo nel frattempo mamma è in pericolo. E se non lo sapesse? Sembra così tranquillo, anche ieri era tranquillo.
Fissai tutte e due, si guardavano entrambi con gli occhi che trasmettevano tanto amore l'uno per l'altro. Se mamma sta affrontando tutto da sola? Perché mi ha detto quelle cose. Devo prendermi cura di mio fratello, come può dirmi questo...
"Anna noi andiamo. Dentro il forno c'è il pranzo!"
Annuì sovrappensiero. Così da farmi accorgere pure da lei che avevo qualcosa.
"Che cosa è successo?" Mi squadró con gli occhi come se voleva fare i raggi x.
"Niente" mi girai verso il forno.
Sentì che mi seguiva, "come niente?"
E certo, come credi che possa vivere con il pensiero che tu te ne vada per sempre?
"Niente mamma tranquilla ed esci!"
Mi girai con forza un sorriso tirato per tranquillizzarla.
"Sai che abbiamo scelto finalmente il nome?" Parlò mio padre.
Non volevo neanche guardarlo, ma feci finta di niente come ieri, anche se ieri avevo bisogno disperato di un abbraccio.
"Quale?"
"Michael!" Rispose mia madre.
"Bel nome".
Contenta della scelta, ma non riuscivo ad esprimere bene la mia gioia.
Infatti mio padre sbuffò e se ne andò fuori.
"So a cosa stai pensando!"
"Tranquilla ti ho detto!"
"Invece no, ti devo spiegare delle cose, ma non posso adesso. Lo farò domani appena saremo da sole,okay?"
Annuì e se ne andò. Perché? Perché me lo sta dicendo solo adesso? Perché non dice nulla davanti a papà?
Presi il mio pranzo da dentro il forno e cominciai a mangiare.
Proprio non capivo, perché ancora mamma stava cosi tranquilla? Perché non è andata immediatamente dalla polizia a denunciare?
Non so perché delle lacrime mi scesero lungo il viso. Forse perché non sopporto il fatto che mia madre è in pericolo e me lo fa sapere solo adesso. Strinsi i denti dalla rabbia.
Non riesco a sopportare che non posso fare niente per salvare mamma.
Singhiozzai.
Preferivo piangere per essere stata lasciata da un ragazzo.
Non finì la pasta che mi aveva preparato, mi alzai e cominciai a pulire la cucina mettendo un po' di buona volontà.
Cercai di non pensare al mio problema, e di concentrarmi su qualcos'altro. Presi il telefono e avviai una buona musica che faceva per me, Man in the Mirror di Michael Jackson.
Il mio fratellino si chiamerà Michael, non ho nemmeno chiesto la scelta di questo nome.
Cominciai a cantare e mi liberai la mente senza brutti pensieri.
Appena finì di lavare i piatti, e prima di andare a fare i compiti mi preparai per fare una doccia completando a togliere i brutti pensieri, come se l'acqua fosse un disinfettante per loro.
Dopo mezz'ora dentro la doccia mi vestí soltanto con il pigiama con le mucche e i galli. Tanto non aspetto nessuno e non devo nemmeno uscire. Mi pettinai i capelli e li asciugai. Sospirai. "Arrivo stramaledetti libri".

Il figlio di Belzebú (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora