CAPITOLO 12

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Sono stanca, stanca di tutto. Ho soltanto quindici anni e già devo portare tanti pesi. So che non sono ne la prima e non sarò neanche l'ultima a perdere la cara madre, ma cavolo perchè proprio a me? Dicono sempre che più passa il tempo più il dolore va via, le ferite guariscono e non si ci pensa più. No, non è vero assolutamente, il dolore resta, la ferita dentro sanguinerà sempre, potrebbe guarire con l'amore, ma l'unico a cui do l'anima è mio fratello. Ormai la luce dei miei occhi, è solo lui. L'unico a farmi andare avanti, l'unico a non farmi piangere. Ho pregato tanto sta notte che lui resti con me per tutta la vita, ho pianto tutta la notte perchè ho immaginato la mia vita senza di lui. Una vita senza senso, una vita senza nulla.
Sono con delle occhiaie più nere e grandi che io abbia mai visto. Sto seduta nelle poltrona a dare il latte a Michael; ma non ne vuole proprio sapere di mangiarlo. Resta con la tattarella in bocca ma non lo beve. Sono soltanto le sei di mattina e ancora del corriere neanche l'ombra.
"Oddio, mi sono addormentata e non ho pensato più al piccolo, menomale che c'eri tu!" sbucò dal nulla mia nonna con la mano sul cuore e spaventata che se non si alzava lei, il piccolo non mangiava. "Tranquilla nonna, da ora in poi ti aiuterò sempre!"
Sorrise e si allontanò per prepararsi. Cominciai ad insistere ancora di più, ma il piccolo non ne voleva proprio sapere di bere il latte, lo sputava tutto fuori colando per tutto il suo piccolo mento fno al collo per sporcare nuovamente il bavaglino e dopo un po' si addormentó, per quel poco che si era mangiato, gli feci fare il ruttino e lo adagiai nel baby culla.
Cominciai a fare le pulizie, ma non avevo voglia. Mi sentivo male, avevo bisogno di un abbraccio di mia madre, lei sapeva cosa era meglio per Michael. Mi sentivo inutile, ma so bene che tutto quello che ho potuto fare l'ho fatto, mi si unimidirono gli occhi ma li asciugai velocemente con la manica della maglietta.
Non sapevo nulla, non ero mai stata a contatto con i bambini. Se non fosse stato per nonna non sapevo neanche cambiare un pannolino, non sapevo come lavare dei vestiti e quale detersivo usare, non sapevo neanche che esisteva un detersivo che si chiamava ammorbidente. 
Cercai di non pensare a nulla, e cominciai a lavare i vestiti sporchi del mio fratellino.
Michael si svegliò solo due ore più tardi. Piangeva perché aveva fame, ovviamente non gli era bastato quei cinquanta grammi. Lo presi in braccio e feci di nuovo il latte aspettando disperatamente il signor Connor.
A mezzo giorno cominciai a preparare il pranzo per l'unica famiglia che mi era rimasta.
Ogni tanto fissavo il mio piccolo angelo e cercavo di capire chi somigliava di più, ma forse era ancora troppo piccolo.
Tagliai l'insalata, e per un attimo mi estraniai dal mondo. Continuavo a tagliare, ma in tutta la cucina sentivo solo le foglie di insalata spezzarsi contro il coltello che batteva sopra il lavandino. Entrai in un mondo, un mondo che non avevo mai visto, e forse non era neanche mio. Vidi una ragazza che mi somigliava molto, più si avvicinava a quel pozzo, e più mi riconoscevo. Correvo per la strada sorridente e tenevo per mano un bambino che poteva avere all'incirca cinque anni.
Cercai di concentrarmi sul insalata, ma sembrava che stessi dormendo e stessi facendo un bel sogno.
Ritornai a quel immagine, correvamo e sorridevamo mentre ci guardavamo con un occhiata complice, non parlavamo ma con quello sguardo avevamo capito tutto. All'improvviso saltammo in alto fino a cadere per terra sul cemento.
Misi l'insalata dentro una ciotola e strizzai gli occhi, com'era possibile che stavo vivendo quel momento? Invece di tagliare l'insalata mi sembrava che stessi correndo con quel ragazzino, mi sentivo le gambe molle e indolenzite come se avevo corso per davvero.
Anche se era bella quell'immagine non volevo più vederla, mi faceva solo male. Ma non ebbi tempo di realizzare questo pensiero che sentì di essere incantata e vedere di nuovo quelle immagini. Sta volta accanto a me non c'era più quel ragazzino dolce con le guance rosa, ma un bambino diverso. Mi guardava in un modo terribile, sembrava c'è l'avesse con me in quel momento, e quando provai ad avvicinarmi gli occhi del bambino diventarono rossi e delle mosche cominciarono a volare attorno a lui.
Mi aggrappai al bordo del lavandino per non cadere, mi sentivo le gambe molli e sembrava che quell'immagine l'avevo vissuta per davvero.
Cercai di fare dei sospiri profondi ma senza risultato. Com'era possibile una cosa di quel genere? Troppo cose non mi tornavano e sinceramente dopo l'episodio di quel cane morto sbranato dalle mosche, e di quel sogno del omino nero, sinceramente non ci pensavo più e non ci davo tanto peso.
Adesso, però, è una cosa molto strana.
Invece di calmarmi cominciai a sudare nervosamente. Aprì il rubinetto e mi bagnai la fronte senza risultato. I miei occhi stavano per chiudersi e sembrava non avessi più forza di alzare un braccio o un piede per camminare, sentivo la pressione abbastanza bassa, i miei occhi andarono verso il piccolo Michael che fissava le api che dondolavano dal baby culla, devo farcela per lui, non devo mollare proprio adesso. Feci un passo verso il divano ma la testa cominciò a girarmi velocemente, non capivo se stavo girando io, o la casa stava girando. Sbattei le palpebre più di una volta, ma appena feci un altro passo cominciai a sentire una forte nausea. Portai una mano sulla fronte, mi sentivo malissimo, e ad un certo punto il petto cominciò a pulsare così tanto che strizzai gli occhi dal dolore. Provai di nuovo a raggiungere il divano con uno sforzo troppo pesante, e mi sedetti a peso morto. Feci due respiri profondi, chiusi gli occhi e contai fino a dieci, mettendo un braccio sopra la testa e una mano sopra il petto che bruciava.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci. Aprì gli occhi, mi alzai lentamente avendo paura che mi girava più forte la testa come prima, e invece, come se non fosse successo nulla, una sensazione di pace entrò dentro il mio corpo, mi avvicinai al lavello e continuai a preparare il pranzo. Dopo pochi minuti arrivò mio padre da lavoro, diede un bacio al piccolo e poi a me, nonna servi il pranzo a noi e si sedette. Mi sembrava che non fosse successo nulla, dentro di me sentivo una sensazione strana mai provata prima, una calma apparente al'esterno, mentre dentro mi sentivo scoppiare, mi sentivo gridare, urlare, strapparmi i capelli, battere i pugni sul muro e farmi male alle nocche. Cominciai a sudare freddo, chiusi gli occhi e feci un gran respiro, mi passai la mano nel viso e nei capelli. Mio padre mi guardò e gli sorrisi, presi la forchetta e cominciai a mangiare l'insalata, all'improvviso il piccolo cominciò a piangere. Nonna si alzò e lo prese in braccio subito e lo adagiò nella sua spalla per confortarlo, lo guardai in viso e non aveva quel colorito che avevano tutti i neonati, era bianco in viso e le sue manine che gli cadevano dalle spalle di mia nonna erano grigie, quasi viola. Dopo un po' che nonna lo cullò fra le sue braccia smise di piangere, e tenne gli occhi fissi in una parte era inquietante non batteva neanche le palpebre.
Mi alzai immediatamente dalla sedia facendo perdere l'equilibrio e farla cadere con un nodo in gola troppo grande per urlare. Presi subito il telefono e chiamai il signor Connor, dopo un paio di squilli rispose e mi disse che era quasi arrivato all'entrata della città.
Il cuore cominciò a battermi forte e il respiro diventava sempre più irregolare. "Nonna" sussurrai, tutti e due mi guardavano spaventati, con due passi grandi mi avvicinai al piccolo e lo.presi in braccio tenendogli la testa.
"Nonna prepara subito del latte, dobbiamo farlo riprendere finché non arriva il signor Connor".
Mi sedetti sopra il divano e me lo accocolai ancora di più con una copertina per non farlo infreddolire.
Non riuscivo a crederci che fossi così calma senza attacchi di rabbia e di panico, e saper gestire una cosa molto più grande di me. Mio padre lo fissò più attentamente e divenne pallido in un solo colpo. Si alzò dalla sedia e cominciò a fare avanti e indietro per la stanza tirandosi i capelli e farfugliando qualcosa che non capivo. Mi vennero le lacrime agli occhi vedendo mio padre in quello stato, ormai il  mio cuore già rotto si stava ancora più scalfendo vedendo in che stato era mio padre. Non era giusto vedere il proprio padre andare giù nel baratro, non era giusto vederlo in quel modo, non era giusto per Michael, ma ormai eravamo già morti dopo mamma, la nostra vita andava avanti solo ed esclusivamente per il piccolo, se non avessi questo compito da svolgere avrei subito finito la mia vita. 
Un dolore così grande non si può sopportare, e avere qualcosa per tenerci in vita è la cosa migliore, migliore solo per Michael. Lui è la gioia che ha portato in questa casa, e lo sarà per sempre. Tra le mie braccia, questa piccola creatura, mezzo addormentato e con un colorito che solo un cadavere può avere, il suo cuoricino batte ancora lo sento, perchè il mio cuore batte solo per lui.
Cercai di dargli il latte, ma dopo vari tentativi ad aprirgli la bocca ingurgitava il latte, ma la maggior parte lo sputava fuori. Pregai, pregai tanto. 
Amore mio, piccolino, devi essere forte. Siì forte per tutti e due.
"Dobbiamo portarlo in  ospedale!"
"Assolutamente no, ricorda quello che hanno fatto a tua moglie. Alla mia bambina.." scappò dalle sue labbra un gemito di frustazione. 
"E' l'unica possibilità di salvarlo!" 
"Morirà tuo figlio!" 
Seduta sul divano dal basso in alto guardavo solo nonna e papà litigare per una questione importante. Come fanno a litigare in questo preciso istante? Non pensano al piccolo? Solo io penso a lui? Le loro urla non mi permettono di ragionare bene e non fanno bene al bambino.
"Basta" gridai cercando di non spaventare Michael, "come potete stare qui a litigare mentre mio frtello sta per motrire, eh?"
Nonna aprì la bocca per parlare, ma io fui piú veloce. "Nonna, stai calma, per ora portiamo Michael all'ospedale. Sto ancora aspettando il corriere!"
Tutti e due mi guardarono cercando spiegazioni.
"Ho contattato molte aziende e contadini, solo uno era disponibile per venire fin qui a portarci del latte di asina. Ho fatto tutto da sola è vero, ma nessuno di voi due si alzava per varcare una soluzione."
Papà mi guardò sconvolto, "perché non me l'hai detto?"
"Te lo sto dicendo adesso papà, ora state in silenzio e aspettiamo il corriere del signor Connor che mi aveva detto poco fa che era quasi arrivato!"
Appena finì di parlare sentimmo il campanello suonare. Sussultai, l'ansia mi stava divorando e a papà gli si inumidorono gli occhi e nonna andò ad aprire.
Cercai di ascoltare, e finalmente senti quel accento che aspettavo da tanto. Arrivò un ragazzo più o meno di venti anni e qualcosa in più con un accenno di barba, portava un cappellino azzurro ed era biondo con gli occhi scuri, trasportava due pedane di latte. "Oddio mio" cominciai a piangere dal sollievo, però non era ancora del tutto risolto. Chiamai mio padre per prendersi in braccio Michael, così salutai il ragazzo con un abbraccio "ora ti porto i soldi, abbi un po' di pazienza" gli sussurrai all'orecchio e lui annuì con gli occhi lucidi.
Prima di fare qualunque altra cosa, l'unica cosa importante mi aspettava.
Lavai il biberon, presi una bottiglia di vetro da una delle due pedane. Riscaldai il latte e misi due misurini di biscotto in polvere. Presi di nuovo in braccio mio fratello.
Dentro la stanza cominciò ad esserci in silenzio tombale, aspettavamo come reagiva il piccolo Michael. Quei pochi minuti girava la nostra vista tutto intorno al piccolo neonato.
Appena poggiai la tattarella sulle sue labbra e feci uscire un po' di latte per fargli sentire il sapore, cominciò a mangiare il latte come se non ci fosse un domani. Appena finì di mangiarlo tutto, ero stra felice perché l'aveva fatto senza sputarlo. Appena poggiai il biberon sopra il tavolo e feci fare il ruttino al piccolo, già si era addormentato e finalmente dopo tanta sofferenza e stress era sazio.
Lo adagiai nel baby culla, e cominciai a piangere senza sosta e abbracciai il corriere che in tutto questo tempo aveva aspettato. Nonna e papà mi abbracciarono, "sei fantastica, sei una sorella meravigliosa di tutto il mondo" disse mio padre facendomi pensare a un mese fa quando mamma mi aveva detto che dovevo essere pronta a diventare una sorella maggiore.
Ora posso dire che sono prontissima.
Mamma, sono pronta. Hai visto come sono stata brava a proteggere Michael.
Mi salirono le lacrime agli occhi.
Presi dalla tasca inferiore dei jeans il gruzzoletto di soldi che tenevo da parte da tanto tempo. Avevo raccolto così tanti soldi dai miei compleanni che non avevo speso neanche un soldo, e se per comprarmi qualcosa ci pensava mamma.
"Grazie mille Anna, sono molto onorato ad averti fatto ritornare il sorriso ed essere felice!"
"Aspetta Anna, quanto costano queste due pedane?"
"Tre mila euro, papà..."
Si toccò i capelli in silenzio, e cominciava a diventare sempre più pallido "okay vado a prendere i soldi".
"No papà c'è li ho, questi soldi non valgono nulla per me se non la vita preziosa del nostri piccolo Michael!"
Mi sorrise con gli occhi lucidi "stai crescendo in fretta mia piccola Anna. Il tuo essere impulsiva vince ancora!"

Il figlio di Belzebú (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora