Aprí leggermente gli occhi e vidi che la stanza era poco illuminata vuol dire che era troppo presto per alzarsi e prepararmi per andare a scuola. Così mi girai dall'altra parte addormentandomi di nuovo.
"Alzati disgraziata" urlò mia madre aprendo la porta.
"Stai zitta" farfugliai mettendomi più sotto tra le coperte.
"Sono quasi le otto, alzati" urlò ancora tirandomi le coperte.
Come le otto?
Aprì un occhio e guardai l'orario dal telefono, mi alzai velocemente dal letto buttando da un lato le coperte e cercai di prepararmi in fretta, ma non riuscivo a muovermi bene, come se non avessi dormito.
Mi sentivo strana, debole e senza forze.
Maledetto telefono, devo mettere le sveglie ogni cinque minuti.
Entrerò alla seconda ora, oppure...
"Mamma voglio restare a casa oggi non mi sento molto bene" dissi riflettendo ancora se entrare o no a scuola.
"Che hai?" Chiese addentando un biscotto.
"Non lo so, mi sento strana un po' debole!"
Annuí guardando la sua tazza di latte, "prenditi un po' di caffè e dal frigo una bottiglia energy al gusto che vuoi tu. E vai a scuola!"
Non dissi nulla. Feci come aveva detto ed entrai in seconda ora.
Appena miei piede in classe mi infilai subito dietro il banco.
Strano, ma era vero non riuscì ad ascoltare quello che spiegava la prof di storia.
Sbadigliavo di continuo, avevo bisogno di chiudere solo gli occhi e dormire.
Durante le campanelle del cambio d'ora e dell'intervallo non mi spostai neanche di un millimetro dalla mia sedia poggiando le braccia sopra il banco e la testa sopra.
Sono stata tutto il giorno così beccandomi tutti i rimproveri dei professori che ho avuto nell'arco della giornata.
Il professore di matematica a tal punto si era spazientito che mi lasciò stare al mio banco a non fare nulla.
Quando suonò la campanella dell'ultima ora riuscí a sistemare le mie cose con una lentezza peggio di un bradipo così da uscire anche per ultima. Beccandomi pure un richiamo dal prof di matematica. Facendomi uno dei lunghi discorsi sull'adolescenza. Ha cominciato a parlare sui miei problemi, supponeva che avessi qualcosa, così da dirmi che dovevo parlare con qualcuno, che alla mia età non dovrei pensare a nulla soltanto allo studio, ma di tutto questo discorso non mi entrava nessuna parola in testa l'unica cosa che pensavo era ritornare a casa e mettermi a letto e dormire finché non avrei preso tutte le forze.
Dopo venti minuti buoni riuscì ad uscire dalla classe e la scuola era completamente deserta così con i miei passi brevi e lenti in una mezz'ora arrivai a casa più distrutta di prima.
Appena entrai in casa percorrendo il corridoio verso la mia stanza mia madre in cucina mi vide e mi fermò.
"Come mai questo ritardo?"
"Mi ha trattenuta il professore di matematica!" Dissi con la voce stanca.
Mia madre alzò un sopracciglio, "e perché?"
"Niente di importante, mi ha solo detto che devo impegnarmi molto di più!"
"Perché non lo stai già facendo?"
Mi misi una mano in viso strofinandomela, "si mamma ma forse per lui non è abbastanza!"
Annuí facendo una smorfia e andò via continuando a mangiare mentre salì nella mia stanza buttandomi a peso morto nel mio bellissimo letto.
"Non mangi?"
"No" gridai.
"Perchè?"
Ruotai gli occhi, perché mi deve far gridare invece di venire qui e parlare umanamente. Cos'ha mia madre che non va?
"Non ho fame!"
Non ricevetti risposta così lanciai il mio zaino in un angolo, mi tolsi le scarpe e mi infilai sotto le coperte chiudendo subito gli occhi.
"Perchè non hai fame?"
Sbucò dal nulla mia madre entrando come un bisonte e facendomi sobbalzare. Sospirai pesantemente.
Perché oggi non mi lasciano in pace?
"Ho lo stomaco chiuso e non voglio niente".
"Perché?"
Mi sta stressando e io voglio solo dormire un pò.
"Non lo so mamma ora vai fuori, ho sonno e voglio stare da sola" gridai.
Non la guardai nemmeno, ma appena se ne andò via chiudendo la porta me ne pentí di averle gridato. Ma mi stressava e un altro momento in più non c'è l'avrei fatta a reggere.
Mi misi le coperte sopra la testa e finalmente dopo pochi minuti mi addormentai.Aprí con sforzo gli occhi ritrovandomi stesa a terra in una stanza semi buia. Mi alzai con fatica dal pavimento e vidi che la stanza era illuminata grazie al bagliore della luna che entrava dalla finestra, essa aveva delle tende scure e malandate.
Non era assolutamente la mia stanza. Essa era molto piccola da quello che riuscivo a vedere a causa della poca illuminazione, accanto alla finestra c'era un letto molto vecchio e le coperte disfatte. Di fronte un grande armadio molto lavorato, accanto una sedia a dondolo, e vicino un baule di legno, al centro della stanza dei giocattoli a terra.
Grazie al mio intuito la stanza era di un bambino.
Mi avvicinai alla porta per uscire ma era chiusa a chiave. Per essere la camera di un bambino era molto inquietante e tetra.
Mi guardai attorno e al centro della camera sbucó dal nulla un bimbo che giocava con dei giocattoli
Cominciai a sentire brividi su tutto il corpo, il bambino era girato di spalle ma non capivo perché mi sentivo osservata.
Mi avvicinai al muro cercando l'interruttore della luce ma non funzionava.
Mi abbassai fino a toccare terra, sconvolta, avevo molta paura, non sapevo dov'ero.
Mi coprii il viso con le mani angosciata. Volevo tornare solo a casa da mia madre.
Alzai la testa sentendo un rumore e capi che l'ombra non c'era più, di sicuro era solo frutto della mia immaginazione.
Sentì un altro rumore provenire dall'armadio, mi girai. L'armadio si muoveva come se ci fosse il terremoto solo che era l' unico oggetto che si agitava nella stanza. Ad un certo punto l'anta dell'armadio si aprí di botto e da li uscì un ombra minuta. Non riuscivo a muovermi dalla paura. Mi pietrificai guardando quella cosa nera muoversi verso di me.
Non riuscivo neanche a respirare. L'ombra si fermò di fronte a me molto vicino al mio viso.
Respiravo affannosamente.
Il bambino aprì di scatto i suoi occhi rossi e guardava dritto nei miei.
Due lacrime mi scesero sul viso.
"Sei morta!"
Sussurró con una voce sinistra e piena di male. Mi sfioró la spalla e allo stesso momento mi tirò con se dentro l'armadio. Cercai di liberarmi urlando ma ormai mi aveva presa.
Aprì di scatto gli occhi spaventata, ero per fortuna nella mia stanza.
Soltanto un sogno, un terribile incubo strano. Sembrava così reale quel bambino dagli occhi rossi, mi passai una mano sulla fronte sconvolta e sentì che ero completamente fradicia di sudore. Mi girai di lato cercando di dormire di nuovo,ma se chiudevo gli occhi nella mia mente appariva di nuovo quel bambino oscuro.
Non potevo e non volevo dormire, mi alzai dal letto accesi la luce e vidi che lenzuole era fradicie come me.
Guardai nel telefono l'orario, le sei del pomeriggio. Ho dormito per ben quasi sei ore.
"Mi sa che sta notte farò la veglia" sussurrai.
Disfai il materasso dalle lenzuole e uscì dalla stanza mettendo i panni sporchi nella cesta. Aprì la porta del bagno per farmi una doccia.***
"Domani vieni a scuola?" Chiese Mark.
"Certo che si, tu?"
"Ho perfino studiato storia per l'interrogazione di domani".
"Aspetta aspetta domani la prof interroga?"
Porca paletta avevo dormito tutto il pomeriggio da non aver preso nemmeno un libro, non l'avevo fatto neanche a scuola, ma se sapevo che c'era un interrogazione mi mettevo a studiare.
Sospirò dall'altra parte del telefono, "si, l ha ripetuto tre volte alla fine della lezione!"
"Oh" riuscì a dire.
Non avevo sentito quasi niente, anzi del tutto.
"Su quali capitoli interrogherà?"
Sospirò un altra volta, "il capitolo nuovo che ha spiegato sta mattina. Ehi, ma sei stata distratta tutto il giorno mi dici cosa è successo per ridurti così?"
"Nah, lascia stare. Ho dormito poco!"
Gli mentí, anche perché non lo sapevo il motivo del perché mi ero alzata sta mattina in quel modo, ma dopo aver fatto un bel sonnellino mi sentivo molto meglio, anche se un po' sconvolta.
"Vabbè poi me lo racconti domani. Ora ti lascio già sono le undici e sto morendo dal sonno!"
Oddio! Così tardi...
"Okay a domani. Buona notte!"
"Dolce notte".
Posai il telefono sul comodino e mi diressi in cucina dove sicuramente si trovavano mamma e papà.
Erano abbracciati sul divano e parlavano.
Arrivai alle m spalle di mio padre e lo abbracciai da dietro, da vicino si vedevano già le sue piccole chiome di bianco che lo rendevano ancora più vecchio ed ha soltanto trentasette anni.
"Mostricciattolo dove sei stata tutto questo tempo?"
Con un agilità mi prese dalle braccia e mi fece sedere sopra le sue gambe.
"Ho dormito un po' e poi sono stata al telefono con Mark".
"Ma amiche femmine non ne hai?" Chiese un po' duro ma vedevo nei suoi occhi che in fondo in fondo stava scherzando.
"Non ho un buon rapporto con le ragazze" dissi seria.
Restò sorpreso stava per dire una cosa ma mamma lo interruppe.
"Anche io andavo molto d'accordo di più con i maschi che con le femmine!"
Risi, "sul serio?"
Annuì ridendo guardando mio padre che ancora era rimasto sorpreso con i suoi lineamenti duri.
"Allora papà sei stato fortunato ad avere la mamma!"
Gli diedi un bacio sulla guancia e nelle stesso istante si rilassò.
Scesi dalle sue gambe e mi misi accanto a mamma mettendo una mano sul pancione.
Speravo di sentire mio fratello almeno una volta dentro la pancia, ogni volta non ho mai l'occasione di sentirlo quando è sveglio.
"Sta dormendo?" Chiesi.
Scosse la testa sorridendo, "metti la mano qui" mi indicò il punto, "e aspetta".
Aspettai pochi minuti e dopo tanta attesa senti un leggero tocco sulla mia mano di un esserino.
Era la cosa più bella che mi stava capitando in quell'intero giorno. Sentendo il suo leggero tocco, dentro di me si è svegliato un amore che sicuramente tenevo nascosto dentro, è uscito tutto in fretta da non riuscire a capire se questo amore che provo è per la nuova fratellanza, o un istinto materno che comincia a riaffiorare in me pur sapendo di avere solo quindici anni.
L'unica cosa certa è che questo bambino appena nascerà lo terró al sicuro dai tutti i pericoli che una sorella maggiore può allontanare.
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Il figlio di Belzebú (SOSPESA)
TerrorUn bambino metà demone nascerà portando molte maledizioni nella vita terrena. Ignaro di questo suo problema verrà aiutato dalla sorella maggiore. Lei cercherà di salvarlo, ma Belzebú compirà la sua volontà.