24) Sì, sono pronta all'uso

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Quando papà mi ha suggerito molte volte di mettere una chiave di riserva sotto lo zerbino per le emergenze, gli ho sempre risposto che non è sicuro, che qualcuno potrebbe vederla e rapinarci, anche se il malcapitato ladro non troverebbe un granché di valore in casa nostra.

Mi è sempre sembrata una pessima idea, ma ora che sono qui, sotto al portico di casa, seduta sugli scalini di legno freddi e umidi, senza cappotto da più di un'ora, posso dire la fatidica frase che ogni genitore ti ripete per tutta l'adolescenza e oltre: "aveva ragione mio padre".

Tiro le ginocchia al petto e ci poggio la fronte, ormai la testa inizia a dolermi. Non ho nemmeno il cellulare, Jamie potrebbe aver scritto sul nostro incontro di stasera e io sono qui, come un'idiota, fuori casa a trasformarmi in un gargoyle di ghiaccio.

«Ti hanno mai detto che l'impulsività crea solo problemi?»

Sobbalzo al suono della sua voce profonda. Noah è appoggiato con le braccia conserte alla sua auto, davanti casa mia. Non l'ho nemmeno sentito arrivare, come sempre. Si muove come un ninja.

«Ha parlato il Dalai Lama» alzo un sopracciglio e lo guardo con freddezza. Di tutta risposta lui sorride. «Cosa ci fai qui?» non ho voglia di ascoltare le perle di Noah Bennet sulla vita. Resto al mio posto, continuando a mirarlo da lontano, lui è alla fine del vialetto.

«Sono passato a controllare come stavi» si mette le mani in tasca, ma rimane appoggiato all'auto.

«Che ti importa?»

«Non volendo, ho ascoltato» fa un cenno col capo, riferendosi alla discussione con papà.

«È quindi questo ti da il diritto di venire qui a...?» alzo le spalle.

«A vedere se una mia amica...»

Lo interrompo, sollevando una mano. «Non credo che possiamo definirci amici. Hai una strana concezione dell'amicizia. Un amico non mi avrebbe detto quelle brutte cose» dico con acidità.

Non fa una piega lui. «È la realtà» è più che rilassato, invece io sono tesa come una molla.

«Smettila!» gli intimo. Mi tremano le mani e non capisco se per il freddo che mi è penetrato nelle ossa, o per il nervoso che mi fa Noah.

«Non voglio litigare. Sono venuto solo a vedere se è tutto ok e a riportare le tue cose» dalla sua macchina prende il mio cappotto e la mia borsa, e si avvicina per porgermeli. Con le dita ci sfioriamo e una piccola scossa attraversa le mie falangi, sussulto e per qualche secondo resto immobile a fissarlo, lui fa lo stesso.

«Grazie» sussurro, alzandomi in piedi, e iniziando a scavare nella borsa per cercare il cellulare e le chiavi.

«Vuoi parlarne?»

Sul display l'orologio segna le 17.30. C'è un messaggio di Jamie.

"Ciao piccola. Sei pronta per il nostro primo appuntamento? Passo alle 20.00 a prenderti, ok?"

Le mie labbra si muovono da sole a formare un sorriso. «No» alzo lo sguardo dal telefono. «Ho un appuntamento» annuncio fiera. «Con Jamie. Perché noi stiamo insieme» puntualizzo indispettita, guardandolo dritto nelle iridi.

Fa una risata, ma non è una di divertimento, è amara come il fiele. «Buon per te» gira sui tacchi e si allontana. «Io sono tuo amico Rosie» si volta, ma solo dandomi il suo profilo, comincia a parlare, fissando un punto indefinito davanti a sé. «Sono solo un amico un po' particolare. Ti avverto che non sarò mai quello che ti addolcisce la pillola, ma sarò quello che ti metterà la cruda realtà davanti agli occhi. E mi dispiace che tu l'abbia presa male, ma quello che ho detto lo penso ancora.»

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