Chapter 14

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Aveva sete, una sete tremenda. Si sentiva tutti i muscoli intorpiditi, come se non fossero più suoi e quella strana sensazione di formicolio si espandeva ovunque, forse neanche si ricordava più di avere le estremità degli arti. Provò ad imporre ai recettori del suo cervello di fare un'analisi del luogo dove si trovava, ma quei maledetti neuroni non vollero collaborare, quindi rimase al buio. Non ricordava un granché da quando aveva incontrato quell'uomo, rammentava solo di aver accettato qualcosa da lui ma poi solo il buio aveva invaso la sua mente. Tentò di stimolare il suo cervello affinché facesse muovere gli arti addormentati, non appena, però, partirono gli impulsi, un doloroso e fitto formicolio gli pervase il corpo. Era come se un'infinità di piccoli aghi gli avesse ricoperto ogni centimetro di pelle. Tentò nuovamente di analizzare dove si trovasse, ma come prima non ebbe esito positivo. Quella dannata rete elettrica gli aveva mandato in tilt il sistema nervoso e non sapeva come uscire da quella sensazione.

Decise di provare a muovere gli arti un'altra volta, ma ancora una volta i piccoli aghi penetrarono nella sua carne.

Cazzo, pensò, così non va.

Tentò di nuovo, ma questa volta decise di sopportare il dolore. Strinse i denti e lasciò che gli aghi gli entrassero del tutto nel corpo fino a toccare quasi le ossa e fu proprio in quel momento che un forte impulso elettrico si diramò in tutto il corpo fino a raggiungere il cervello con un'esplosione di connessioni neurali.

Adesso muoviti!

Lanciò di nuovo l'impulso agli arti e questi cominciarono a ricevere qualcosa, a poco a poco gli aghi iniziarono ad uscire dalla carne ed il formicolio sugli arti anteriori prese a diminuire. La stessa sensazione si trasmise anche agli arti posteriori e poi a tutto il resto del corpo. Si sentiva le zampe a contatto con il metallo freddo, serrate in una morsa inespugnabile. Gli arti anteriori erano maledettamente pesanti e aveva tutta la schiena dolorante, la testa e tutto il collo sembravano reggere il peso di svariati chili in eccesso. Iniziò a sentire dei formicolii in svariati punti del suo corpo a partire proprio dalla testa fino alla punta della coda. Ogni osso, muscolo o tendine era dolorante, ma il dolore peggiore lo percepiva in bocca: era come se qualcuno gli avesse strappato via le zanne di netto e gli avesse lasciato le gengive gonfie e sanguinanti. Un'esplosione di impulsi di dolore gli arrivò da ogni parte del corpo al cervello ed iniziò a rendersi conto che probabilmente presentava ferite o lesioni gravi.

Doveva assolutamente capire dove fosse, ma il suo cervello ancora non riusciva ad avere una visione nitida dell'ambiente circostante.

Ad un certo punto un rumore metallico gli assordò i timpani. Era il rumore dell'apertura di una grata, probabilmente la sua. Udì poi in seguito un urlo raccapricciante e terrificante. Non sapeva da dove potesse provenire, ma quello che sapeva bene e che aveva riconosciuto, era l'odore di un essere umano e né il suo cervello né tutti i suoi dolori poterono competere con l'autorità dello stomaco deserto da forse troppo tempo.

Non appena sentì le morse di metallo su sui arti allentarsi non ci pensò due volte e basandosi sul suo olfatto rintracciò in breve tempo l'essere urlante. Non gli ci volle molto per balzargli addosso, aprire le mascelle e affondare le zanne nella sua carne beandosi, poi, dello splendido e caldo fluire del sangue nella sua bocca.

«Vedo che l'appetito non ti manca» disse una voce alle sue spalle.

L'aveva riconosciuta. Era la voce di quell'uomo che l'aveva preso. Alzò la testa dalla preda appena uccisa e la rivolse verso dove aveva udito la voce. Annusò l'aria e provò a mettere a fuoco la scena.

«Ancora non riesci a vedere» disse l'uomo, «ma è un effetto collaterale. Ti assicuro che svanirà nel giro di qualche ora»

Non sapeva che cosa fosse successo, non sapeva dove si trovava, non sapeva perché provasse tutto quel dolore, ma una sola cosa voleva sapere.

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