Decimo Capitolo

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So close, no matter how far

couldn't be much more from the heart.

Forever trusting who we are

and nothing else matters...











Newt non voleva crederci, il coprifuoco lanciato da Zedd segnava soltanto una cosa: guai, e per di più la terra aveva cominciato a sussultare.

A malincuore lasciò Thomas e quella che poteva essere definita "una dichiarazione", per correre al Tempio degli dei, era da lì che proveniva l'allarme.

Il tragitto fu segnato da passi veloci alternati a una piccola corsa. Un tempo se la cavava con la maratona ma da quando aveva interrotto gli allenamenti, l'affanno era più frequente, e ciò lo infastidiva parecchio.
Provò a non pensarci, concentrandosi sulla provenienza del fuoco; scoprì che veniva da ovest.

Le tante fiamme facevano pensare a un vero e proprio incendio a Thera, città confinante con Atlantide.

Poteva essere la strategia di un possibile nemico che, creando scompiglio,  sarebbe apparso all'improvviso per dare inizio a una battaglia lampo.

L'erede di Apollo si raccomandò di stare in guardia, chiunque poteva sbucare all'improvviso e sbarrargli la strada; inoltre, non aveva con sé un'arma, e nel combattimento corpo a corpo era sempre stato una schiappa.

Col tempo aveva capito che c'erano cose che non facevano per lui, e quindi le aveva scartate man mano, non sprecandosi neanche a chiedere ad Alby qualche mossa segreta.

Era dell'idea che l'arma più potente fosse nei libri, nella cultura, ma se poi si trovava un nemico con davanti una spada, di certo non poteva parlargli del triangolo di Pitagora, o recitare versi poetici; si affidò ad Apollo e alla sua misericordia,  pregando che sarebbe arrivato al Tempio senza problemi.

Aveva decisamente bisogno dell'aiuto divino, visto che il cervello gli era andato in pappa. Non riusciva a togliersi dalla testa Thomas, né le sue parole,né la sincerità con cui le aveva proferite. Senz'altro avrebbe voluto crederci, ma sarebbe finita di nuovo male.La razionalità prevaleva sul cuore, e non  poteva concedersi ripensamenti.

"Meglio un'infelicità a priori, o trascorrere la vita con una felicità che potrebbe scaturire sciagure?" 

Il semidio per la sua indole rischiosa, avrebbe scelto la seconda se non si fosse trattato di Thomas: il ragazzo che amava, ma suo assassino.

Rabbrividì, ricordando quello che poteva essere un ricordo di una vita passata, o l'anticipazione di un tragico futuro.

Le sue visioni spesso confuse, non gli permettevano di delinearle completamente, né di capire a che lasso di tempo appartenevano. Per il resto la scena di quella visione-ricordo era abbastanza nitida. C'erano:Thomas e lui, una pistola puntata alla sua tempia, un grilletto premuto, e la fine...

«Non puoi fidarti di uno che ti ha ucciso.» rimproverò se stesso, provando a reprimere gli impulsi che lo martoriavano da qualche tempo.

Per quanto ci provasse, era cosciente di non essere capace di inibire qualcosa di vero e forte come quel sentimento. Era un amore che superava lo spazio e il tempo, qualcosa che andava oltre la vita, oltre la morte. Detestava se stesso, proprio perché non riusciva a eliminare quel volto dalla sua vita anzi, ogni giorno sembrava peggiorare, e stare lontano da Thomas era diventata una condanna più che un obiettivo.

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