Twelve

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Rimasi immobile nella mia sedia, mentre tutti erano corsi nel corridoio.
Non ero certa di star bene, non ero certa di star vivendo nella realtà.
Sentivo voci ovunque, come se mi stessero inondando.
Fissavo la parete davanti a me con le mani strette nella mia pancia, e una lacrima iniziò a scendere silenziosa appena sentii ridere dal corridoio.
«Si, Cristo, sono io.»
Iniziai a singhiozzare, poggiando i gomiti sulle mie gambe per coprirmi il viso.
«Niall..» sussurrai piangendo, e come se quel sussurro non fosse stato tale, la sua voce riapparve.
«Amore mio» mi fece alzare il volto, incontrando i suoi occhi per la prima volta dopo sei mesi.
Mi voltai, continuando a singhiozzare, non riuscivo a muovermi.
Trovai la forza per strofinare le maniche del maglione sulle mie guance colme di lacrime.
Stava davanti a me, e io non riuscivo nemmeno ad alzarmi.
Avevo pregato tanto per far si che quel momento arrivasse.
Come sempre fece lui il primo passo, infatti venne lui verso di me.
Sfiorò la mia mano intrecciandola alla sua, facendomi alzare da quella sedia.
Se prima piangevo, adesso stavo allagando la casa.
«Sei tu..?» sussurrai sul suo collo appena riuscii ad abbracciarlo, lui non rispose, semplicemente mi strinse un po' di più.
Mi scostai per guardarlo in faccia, mai avevo visto qualcosa di più bello nella mia vita.
Rimasi così per un bel pò, lui mi stringeva forte, aveva smesso di piangere, io no.
Vicino al suo collo potevo sentire perfettamente l'odore della sua pelle, non quello di un profumo o l'odore di un qualsiasi bagnoschiuma... era semplicemente lui.
Strinsi la sua maglietta tra le mani, era la stessa che aveva il giorno in cui era partito.
«Piccola, gli altri ci stanno fissando» ridacchiò nel mio orecchio, lasciandomi un bacio.
Mi scostai da lui, tenendo la sua mano intrecciata alla mia.
«Ragazzi -Liam parlò con voce flebile- andate a casa» sorrise ad entrambi, noi ricambiammo, senza aggiungere altro ci guardammo negli occhi.
«Domani mattina potete passare a casa, se vi va» Sophia intervenne, sedendosi nuovamente a tavola.
Perrie stava ancora piangendo, mentre i ragazzi si guardavano con facce incomprensibili.
«Allora... noi andiamo» Niall aumentò la presa sulla mia mano, Louis ci fissava, con la mano che gli copriva la bocca, mentre stava accanto a Harry, con in braccio Andrew
«Vieni qui fratello» Lou avanzò verso Niall, abbracciandolo, e la stessa cosa fecero i ragazzi.
«Dove cazzo sei stato» Louis singhiozzò stringendolo.
«Lou, vi spiegherò tutto»
«No, un cazzo Niall, non puoi, non avresti dovuto -Louis prese Niall per la maglietta, attaccandolo al muro- la tua fottuta moglie è incinta Niall, sai cosa stava passando fino a cinque minuti fa? Sai quanto ha sofferto?» Louis gli urlò contro, dopo esser stato allontanato da Liam.
«Lou, basta» sussurrai.
«Louis, smettila ti prego, non è colpa sua!» Harry lo rimproverò, Niall era zitto, che fissava la scena come se non ne fosse il protagonista.
«E chi mi dice che non se la stava facendo sotto per suo figlio? Chi?» Louis sputò quelle parole con rabbia e indignazione, e il mio cuore, al solo pensiero che potesse essersi allontanato volontariamente, si sgretolava.
«Non permetterti Louis»
«Fanculo Niall...» Louis non disse altro, si mise seduto, fissando il suo piatto.
«Noi andiamo ragazzi» ripresi la mano di mio marito tra la mia.
«Va bene tesoro» Harry mi sorrise, tutti lo fecero, Louis compreso.

Aveva insistito per guidare lui, e così fece.
Per un minuto era tutto dimenticato: lui era sempre stato con me.
Nessuno dei due parlò, e dopo pochi minuti il silenzio iniziò a distruggermi.
Nella mia mente c'erano mille domande, era con una donna?
Mi aveva tradita, oppure aveva semplicemente paura?

Il breve tragitto finì, così ci ritrovammo dentro casa nostra.
Lui rimase per qualche secondo in piedi, davanti alla porta, a contemplare in qualche modo quel salotto che di speciale non aveva assolutamente niente, ma ai suoi occhi sembrava oro.
«Mi mancava questo profumo, soltanto andando via, quando torni senti tutto più familiare, mi ricorda i tour» sorrise, poi si girò verso il mobile dove c'erano alcune delle nostre foto.
Rimase così per un altro pò, senza dire niente.
«Niall...» sussurrai, senza ottenere risposta.
«Niall» iniziai a singhiozzare, stando davanti a lui che sembrava un iceberg.
«Ti prego... dimmi che non è stata una tua idea, dimmi che non sei stato con nessuna altra donna e che non hai realmente avuto paura di diventare... padre» parlavo a intermittenza, piangendo come una bambina.
Lui si voltò a fissarmi, stavo piangendo, stringendo il pancione.
«Sai, adesso è più difficile abbracciarti, sei enorme» si avvicinò a me, parlando al mio orecchio, a quelle parole diventai completamente rossa.
«Non era quella la mia domanda»
«Ti trovo bellissima anche così» mise le sue braccia intorno al mio corpo, io mi lasciai trasportare, portando le mie intorno al suo collo.
«Non piangere, ti prego» disse mentre continuava a baciarmi, lasciando piccole scie dalla guancia alla bocca.
«Andiamo su» strofinò il naso sul mio collo, lasciando un bacio.
Mi prese per mano, guidandomi verso la nostra stanza.
Appena entrati in camera si mise seduto all'angolo del letto.
«Vieni qui» mi chiamò, facendomi sedere sopra le sue gambe.
Poggiai la testa sul sul suo petto, stavo per crollare, la gravidanza faceva brutti effetti.
«Alzati» mi sorrise accarezzandomi i capelli.
Io obbedii, e lui fece la stessa cosa.
Andò verso l'armadio, aprendolo.
Frugò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere, sorrisi anch'io.
«Non ci credo» uscì fuori con il mio pigiamone premaman con i gattini rosa e neri.
«Mi sono perso i tuoi outfit migliori» arrossii cercando di togliergli dalle mani quel coso.
«Dammelo!» anche saltellare era impossibile con quel gommone.
«Smettila di saltellare, farai diventare scema mia figlia» rise, lanciò quella maglia sul letto e mi strinse i fianchi, baciandomi intensamente.
Le sue mani finirono sotto il mio maglione, stringendo la mia schiena tra le sue mani.
Dopo aver mordicchiato il mio labbro andò verso il mio collo, lo baciò sotto la mandibola, mordeva avidamente, io chiusi gli occhi e sospirai.
«Ni...» gemetti quando iniziò a succhiare sulla mia pelle, non stavamo facendo niente di straordinario, in ogni caso mi stava mandando in estasi.
«Ssh» le sue mani iniziarono a sollevare il maglione, io tolsi le mie dalle sue spalle e le portai sulle sue.
«Amore... non siamo soli» sospirai, lui mi guardò negli occhi, sorrise.
«Devo farci l'abitudine, scusami» si allontanò di poco, e tolse comunque la mia maglietta.
«Che fai?» ridacchiai sentendo le sue mani che scivolavano sui fianchi.
«Metto il pigiamino a mia figlia» prese la maglietta e me la mise.
«Così va meglio» sorrise soddisfatto.
«Ti dispiace se vado a farmi una doccia?»
«No, vai» gli sorrisi.
«Però, poi torna...»
«Vieni anche tu, così sei sicura che non vado via» mi prese la mano, io ridacchiai e sorrisi.
«Stupido»
«Era un no?» Fece l'offeso.

«Eccomi» mi raggiunse, aveva un pantalone grigio, quello che lasciava sempre nel cassetto del bagno, era li da parecchi mesi ormai, e io non avevo davvero la forza di metterlo via.
Si mise accanto a me sotto le coperte e si accoccolò vicino.
Senza dire nulla si mise sopra di me, sotto le coperte.
«Ni, che fai?» aggrottai le sopracciglia, mettendo le mani tra i suoi capelli.
«Aspettavo questo momento per salutare una mia amica» sorrise dolcemente, chinandosi sul mio pancione.
«È un tuo amico» sorrisi tirando i ciuffetti ancora umidi dalla doccia.
«Cosa..? Oh mio Dio, quando l'hai saputo?» i suoi occhi brillavano, aveva un sorriso enorme stampato in faccia.
«Due settimane fa, non lo sa nessuno, lo sappiamo solo tu ed io» posai le mani sulle sue, lui le baciò, tornando verso di me.
«Possiamo chiamarlo Louis?» aggrottò le sopracciglia.
«Perché proprio Louis?» chiese lui, mettendo la testa accanto alla mia nel suo cuscino.
«Ti ho sognato quasi tutte le notti, e nostro figlio era già qui, e lo chiamavamo proprio così» mi girai di lato, per guardarlo negli occhi.
Incrociai le gambe tra le sue, poggiandomi a lui.
«Mi piace, va bene» mi lasciò un bacio tra i capelli e chiusi gli occhi, poco dopo spense la luce dal comodino.
«Ni, canta qualcosa» sussurrai.
Lui iniziò a cantare quella che era la nostra canzone, così mi addormentai.

P.s.Vi amo Ev.

Ghost. ||njh||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora