ventidue

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A drop in the ocean, Ron Pope

A casa le cose vanno come vanno sempre. Siamo come quattro persone distinte, scollegate, come se ci avessero divisi e poi tenuti insieme con la forza. Quello che ho sempre odiato, che non ho mai capito, è il modo in cui sembrano tutti fare finta di niente. Io per prima, perché nemmeno io sono in grado di prendere la situazione in mano; solo che di un circolo vizioso come quello che è nato in questa casa ne sono stanca, non ne posso più. Quello che ho fatto, quello che è successo, non ha cambiato niente. Ha smosso poco, quanto bastava, o almeno è questo ciò che traspare. Come un punto e a capo. Solo che io sono il punto, e ho smesso di andare a capo da tempo.

«Vado a cambiarmi» dico, alzandomi e portando via il piatto sul tavolo davanti a me. «Ho il turno al locale tra poco.»

Mio padre annuisce, a mio fratello è come se non avessi detto niente, mia madre invece mi risponde. «Ti accompagno.»

«Non ce n'è bisogno» replico, ma lei fa lo stesso.

«Devo comunque fare delle cose.»

Io allora scrollo le spalle. «Va bene.»

«A che ora finisci?» mi domanda mia madre, e sono le prime parole che ci diciamo da quando siamo salite in macchina. Li conosce i miei orari, cambiano raramente o quando ho bisogno di non tornare a casa e di distrarmi.

«Ho anche il serale, quindi fino alla chiusura.»

Segue qualche minuto di silenzio dopo la mia risposta, ma è un silenzio che conosco, e dal modo in cui mia madre muove nervosamente le dita sul voltante capisco che c'è qualcos'altro, che questa pantomima è durata fin troppo. «Mamma, che succede?»

Mia madre sospira, tiene lo sguardo ancorato sulla strada davanti a noi. «Ho conosciuto un uomo.»

Io mi volto verso di lei, non so in che modo però, non so come. «Quando?»

«È successo poche volte, è stato tutto per caso. Ma ti assicuro che non è successo niente» spiega, e io non riesco a ragionare, non riesco a restare lucida come se tutto questo non mi toccasse minimamente, come se lei non sembrasse una ragazzina alle prese con qualcosa che crede di conoscere, ma che in realtà forse non conoscerà mai veramente.

«Non devi dimostrarlo a me.»

«Non ce la faccio più a stare così» dice e io vorrei risponderle che nessuno ce la fa a stare così, che probabilmente nessuno ci riuscirebbe. Invece non dico niente.

«Cosa devo fare?» mi chiede guardandomi mentre accosta e si ferma davanti al retro del locale.

Io scuoto la testa, destabilizzata e come se mi fosse caduto il mondo addosso. È una sensazione che non riesco a spiegare. «Non posso essere io a dirtelo, come non posso decidere per te.»

«Ti giuro che non è successo niente» cerca di convincermi ancora, ma io la guardo e poi scrollo le spalle, stringendo la borsa tra le dita.

«Non si tradisce soltanto con il corpo, mamma.»

Prima di iniziare il turno sfilo una sigaretta dal pacchetto ed esco di nuovo fuori sul retro, perché ho bisogno di assimilare e capire le parole di mia madre, le sue intenzioni e l'idealismo che la pervade ogni volta. Anche io ce l'avevo, anche io ci credevo, poi ho semplicemente smesso. Ho smesso di credere a così tante cose che quello che mi resta è niente, solo l'involucro di un cuore stanco che pezzo dopo pezzo mi è stato portato via.

𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora