Save myself, Ed Sheeran
Quando torno a casa dall'università mia madre non se ne rende conto, ed io il motivo lo capisco dopo. All'inizio anch'io credevo di essere sola, perché solitamente mi chiede sempre se sia io ogni volta che torno. Poi sento la sua voce, ma la sento in un modo diverso. È bassa e leggera, e parla come se temesse che qualcuno la sentisse anche se sa — crede — di essere sola.
Trattengo le dita intorno alla tracolla dello zaino e vado verso la fine del corridoio. So che non dovrei, che è sbagliato, ma non riesco a fermarmi.
«Dimmi dove e quando» pronuncia, ma non riesco ancora a capire chi potrebbe esserci dall'altro lato. Passano alcuni secondi, poi continua.
«Lo sai che è così, se lo vogliamo davvero allora incontriamoci. Diamoci una possibilità.» Ed è adesso che lo capisco. È adesso e io reagisco nel modo in cui non sono riuscita a reagire la prima volta. Resto vicina alla parete e i pensieri corrono a mio padre, perché so che nonostante tutto non è pronto a questo.
Mia madre continua a parlare ancora per poco, e quando la sento muoversi torno velocemente indietro e apro la porta principale per poi richiuderla subito dopo. Incrocio mamma qualche istante più tardi, con il cellulare ancora tra le mani.
«Ciao, Mia» dice, e mi sorride mentre lo fa. Non succedeva da tempo.
«Ciao, mamma» le rispondo e poi la sorpasso, perché il suo sguardo non lo riesco a sostenere. Vado verso la mia stanza e mi chiudo la porta alle spalle, poi lascio scivolare lo zaino sul pavimento e alla fine lo faccio anch'io, prendendomi la testa tra le mani e chiedendomi chi di noi, dopo tutto quanto, avrà più pezzi da dover rimettere insieme.
—
Lo psicologo di mio fratello mi ha chiesto di restare con loro oggi.
«Non credo che sia una buona idea» gli dico io, perché lo credo davvero. E non credo completamente in lui.
«A me aiuterebbe» risponde lui con un sorriso, e io sposto lo sguardo su Evan, già seduto sul divano rosso in pelle.
Sospiro mentre mi sfioro la fronte con le dita. «Va bene.»
Evan non dice niente quando mi vede entrare e restare, sedermi accanto a lui. Ma Evan è sempre così, lo è da un po' e mi chiedo se l'uomo di fronte a noi lo stia aiutando o se ci stia semplicemente provando, se in qualche modo gli sia davvero d'aiuto a non finire nel modo in cui stavo per finire io.
Damien — lo psicologo — guarda distrattamente l'orologio che porta al polso e poi noi. Parte con i convenevoli, costruisce delle basi, e sorride più di quanto mio fratello abbia mai sorriso in tutta la sua vita. I minuti scorrono e la concentrazione maggiore è su Evan, solo in un secondo momento si sposta anche su di me.
«Evan, per te va bene che tua sorella sia qui?» gli domanda, io mi volto a guardarlo.
Evan scrolla semplicemente le spalle, quasi apatico. «È uguale.»
Non so cosa Evan abbia raccontato — se sia riuscito a parlargli — o se abbia detto qualcosa riguardo a quello che succede a casa, su nostra madre e sulle porte che sbatte mio padre, ma c'è una domanda, una sola, che Damien fa a mio fratello che mi porta a pensare che probabilmente qualcosa glielo abbia accennato. Non tutto, ma quanto basta. Quanto basta per rendersi conto di uno dei motivi per cui è così chiuso nei confronti del mondo, come se stesse costantemente con le braccia parate davanti al volto per proteggersi da qualcosa, da qualcuno, chiunque sia.
«Resteresti con Mia, un giorno?»
Evan solleva la testa verso Damien. «In che senso?»
«Se ne avessi bisogno, tu ti fideresti a tal punto da restare con lei?»
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𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]
Fanfiction«A volte siamo semplicemente insalvabili.» Cover / logaphile All rights deserved / september199six