Raven spalancò gli occhi nel momento stesso in cui sentì il battito cardiaco accelerarsi. Era ancora nella posizione del loto, come quando aveva incominciato a meditare, circa mezz'ora prima. Ora però la tranquillità della meditazione era stata sostituita da una vampata di tepore che l'aveva percorsa da dentro e una lieve sensazione di inspiegabile sollievo.
Portò una mano al petto, per poi lanciare un'occhiata preoccupata ai ragazzini che stavano, a gambe incrociate, al suo fianco. Sospirò, sperando che questo suo repentino cambio di umore non avesse disturbato la loro concentrazione.
Lilith era ancora immobile, le palpebre serrate ed il mento sollevato. Jeremy, a tradimento, spalancò un occhio per scrutarla proprio nel momento in cui Raven si concentrava a guardarlo. La ragazza sussultò.
«Cosa?» le domandò Jeremy fissandola corrucciato. Aveva le mani lente contro le ginocchia, quindi nessun segno di fastidio per essere stato riportato alla realtà così di colpo.
Raven scivolò fino a terra, Jeremy fece per imitarla, ma il suo atterraggio impacciato fu molto meno leggiadro.
La ragazza ignorò per un istante le attenzioni del fratellastro, riflettendo su cosa avesse potuto scatenare quella reazione. Poi realizzò, all'improvviso, come colpita da una bastonata dritta dietro la nuca. «Il mio specchio...»
«Lo specchio?» le fece eco Jeremy.
«Qualcuno ci deve essere entrato... Io» s'interruppe ancora, rendendosi conto che solo una persona avrebbe potuto essere tanto incosciente e farla sentire a quel modo. E si rese conto che era ancora peggio di quanto avesse potuto pensare, perché non solo Garfield era riuscito ad entrare nel suo specchio, ma sicuramente aveva anche parlato con qualcuna delle sue emozioni.Aveva trovato l'appartamento seguendo la traccia del pungente odore alieno di Starfire. Non c'erano molto odori simili sulla Terra e spesso era impossibile riuscire ad usarlo come guida, quando la ragazza si spostava in volo, ma quel giorno lei sembrava aver preferito viaggiare in macchina. Il profumo della ragazza, misto a quello dei sedili in finta pelle e dei circuiti dell'auto di Cyborg erano una combinazione a dir poco inconfondibile.
Era arrivato sul pianerottolo dopo aver avuto il permesso dagli agenti di polizia, poi aveva inspirato a fondo l'odore di Raven, misto ad altri odori familiare che ancora non riusciva a definire bene.
Abbassò la maniglia della porta d'ingresso senza esitare e fece il primo passo nel piccolo salotto. La polizia aveva il compito di controllare che nessuno entrasse o uscisse, ma solo i Titans avevano il permesso di visitare l'appartamento.
Esitò sulla soglia, distraendosi nel tentare di ricordare dove aveva già sentito quell'odore misto di piante selvatiche e fiori appena sbocciati che quasi lo costringeva dal trattenere il fiato. Aggrottò le sopracciglia, concentrandosi in silenzio. Sobbalzò, quando sentì la risatina infantile provenire da una delle camere da letto. Si chiuse la pota alle spalle con un colpo secco e si fiondò in corridoio.
La ragazzina dai capelli rossi, intanto, si era tappata la bocca. Lo fissò colpevole per un istante, mentre Garfield riconosceva in lei la sconosciuta a cui aveva regalato un numero del suo fumetto.
Lei premette il dito sulle labbra. «Non farmi scoprire, per favore, io non dovrei essere qui» supplicò. Poi tornò a sorridere, sventolando le gambe sul bordo del letto e poggiando le mani sul materasso. «Ho riconosciuto la tua aura da quando hai svoltato l'angolo» rivelò fieramente, sbattendo gli occhi. Sembrava felice di vederlo, cosa che in parte lo lusingava. Poi lei aggiunse: «Stai molto meglio in verde» e tutti i dubbi e le domande che fino ad allora si erano accavallate nella sua mente iniziarono a prendere forma.
Garfield chiuse la bocca ed incrociò le braccia. «Che ci fai qui? Chi sei? Come hai fatto ad entrare?» domandò confuso. «Chi diavolo sei tu davvero?» concluse serio. Non si aspettava che lei lo prendesse sul serio, che si preoccupasse di chiarire i suoi dubbi.
«Questa è casa mia. Mi chiamo Lilith. Sono la sorella di Raven» gli disse lei immediatamente.
Il ragazzo sgranò gli occhi. Non aveva mai immaginato che Raven avesse un fratello, figurarsi due. «Ok, Raven ha altri fratelli che ci tiene nascosti?» chiese, sbottando quasi esasperato.
Lilith ridacchiò, sollevando le gambe per intrecciarle sul materasso e fece cenno a Garfield di accomodarsi. Lui si limitò ad abbandonarsi sul pavimento a gambe incrociate. Finché la sua nuova amica non si dimostrava ostile avrebbe potuto stare al suo gioco, ma non riuscì a trattenersi dal domandarle: «Com'è che oggi sembra che io ti stia più simpatico?»
«L'altro giorno mi ero persa; ero un po' preoccupata e non riuscivo ad estraniarmi dalle emozioni altrui. Mi innervosisco un po' quando succede» ammise Lilith afferrando il suo fumetto e stringendolo al petto. Saltò sul pavimento e si sedette di fronte al ragazzo, sorridendogli. «E poi non sapevo ancora chi eri. Mi dispiace se ti sono sembrata sgarbata»
Garfield arretrò lievemente. La osservò con interesse e poi si sciolse in un sorriso. «Bene» disse, sporgendosi verso di lei. «E sentiamo, chi sarei?» domandò amichevolmente.
Un colpo di vento dalla finestra aperta portò verso di loro il profumo dei ciclamini e Lilith lo inspirò a fondo, poi lei rispose con calore: «Beast Boy. Tu sei uno dei Teen Titans»
Il ragazzo si portò una mano sulla nuca e si scompigliò i capelli, dicendo con un lieve moto d'imbarazzo: «Ora mi faccio chiamare Changeling». E si domandò quante altre volte avrebbe dovuto ribadirlo.
Lilith lo ignorò. «Tu cambi forma» gongolò. «Mi fai vedere?» supplicò trasognata.
Garfield deglutì, pensando a quanto l'avrebbe delusa se non l'avesse accontentata. Si grattò la guancia pensieroso e le domandò preoccupato: «In cosa vuoi che mi trasformi?»
La ragazzina sollevò lo sguardo e sbatté le ciglia mentre rifletteva. Il mutaforma aspettò pazientemente e lei alla fine disse: «Un gatto? No. Una lince». Il ragazzo la accontentò, mutando all'istante e saltellando silenziosamente attorno a lei, fermandosi all'improvviso e tornando umano quando lei gli fece notare: «Sei ancora verde!»
«Questo è il mio marchio di fabbrica» ribatté. «Io sono verde»
«Mi piace il tuo verde» gli disse Lilith all'improvviso «Ed hai le orecchie a punta, come un folletto dei boschi»
Garfield le sorrise. «Dimmi un po' di te, invece. Quali sono i tuoi poteri?» le domandò. L'espressione di lei si incupì al punto da fargli quasi rimangiare la domanda.
Alla fine Lilith iniziò a spiegare: «Trigon è mio padre, quindi sono mezzo demone». Poi sorrise e dichiarò: «Mia madre era una ninfa dei boschi, perciò ho anche i suoi poteri»
Garfield strabuzzò gli occhi e capì: «Per questo profumii di tutti quei tipi di fiori tutti insieme?» domandò, annusandola lievemente.
Lei rise, lasciando cadere il fumetto sul pavimento. «Davvero senti il mio odore?» chiese divertita. «Di cosa profumo?»
Il ragazzo colse al volo l'occasione, sporgendosi verso di lei per annusarla ancora ed iniziando ad elencarle: «Dunque. Fiori, tanti fiori. Erba fresca appena tagliata. Incenso, terra ed un po' di cenere». Poi prese coraggio e si fece forza, dichiarando con calore: «E sento su di te anche il profumo di Raven». Si zittì, studiando la reazione di Lilith.
Lei non sembrava affatto indispettita dalla sua affermazione, anzi gli disse: «Raven ha un buon odore. È rassicurante»
Garfield rise, domandandosi in che momento aveva iniziato a considerare la ragazzina un'amica, riflettendo su come, forse, sarebbe potuta diventare anche una sua alleata.
Lilith si voltò con uno scatto verso la finestra, guardando un punto indefinito con espressione tesa. Il ragazzo seguì il suo sguardo, ma non vide nulla. Poi la ragazzina parve rilassarsi e tornò a sorridergli.Sospirò con rabbia, lasciando la piccola Lilith a ridere e scherzare con quel ragazzo verde dall'aria idiota, abbandonando il suo punto d'osservazione in cima al tetto e facendosi strada in una chiazza d'oscurità per poi riemergere dalle ombre del loro nuovo rifugio freddo ed umido. Sentì la presenza senza neanche bisogno di concentrarsi. La figura rannicchiata di Raven sembrava sofferente e la creatura stava china su di lei. L'aspetto vagamente umanoide non impediva al suo volto di apparire così raccapricciante, ma Belial sapeva cosa fosse senza neanche guardarlo. La ragazza, addormentata, si agitava nel vano tentativo di risvegliarsi da un sogno di cui non voleva fare parte.
Belial digrignò i denti, furioso, avvicinandosi con uno scatto. La creatura grugnì, sollevò il volto deformato e puntò gli occhi bianchi sul ragazzo. «Adesso basta» ordinò Belial con tono fermo. «Lascia andare il suo sogno». Si chinò, la afferrò per la giugulare e la sollevò con foga per spingerlo contro il muro. Immediatamente la creatura gli soffiò contro, agitandosi nel tentativo di liberarsi. Belial le tappò la bocca con la mano libera, intimandogli di fare silenzio. Fece un cenno in direzione di Raven, che ancora annaspava nel tentativo di risvegliarsi dall'incoscienza. «Ti avevo detto di starle lontano» quasi ruggì. Poi il volto si contrasse in un ghigno e disse: «Forse per questa volta ti lascerò andare, se accetterai di fare qualcosa per me».***
ho appena realizzato che ho diviso malissimo questo capitolo, ero convinta di averlo spezzato in due metà quasi uguali ma non è così. Ci presterò più attenzione, per ora perdonatemi per l'aggiornamento tanto breve.
STAI LEGGENDO
Blood
ФанфикGarfield arrossì lievemente. Non poté evitare che il cuore gli si fermasse, nel guardarla, anche se non era la vera Raven. «Allora, cosa ti porta qui?» gli domandò lei sorridendo. Garfield dischiuse le labbra per risponderle. All'improvviso tutti i...