Che c'è sotto il mantello, Raven?

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Lilith saltellò verso la teca con occhi sgranati. Piantò le mani sul vetro e sorrise.
«C'era uno di questi nella mia foresta. Era troppo nascosto nel folto perché qualcuno lo trovasse» raccontò entusiasta guardando la grossa pietra incisa.
Jeremy, a neanche un metro di distanza, però, non la ascoltava. Si guardava attorno confuso, perso in una moltitudine di emozioni non sue. Invidiava il modo in cui la ragazzina sembrava riuscire a lasciarsele scivolare addosso, non poteva evitarlo, ma non poteva farci nulla, quindi sospirò e seguì il suo sguardo.
La pietra era una grande lastra coperta di disegni celtici. Non sapeva da dove provenisse e, nonostante fosse certo che sul cartello vi fosse scritto, non gli importava saperlo.
Una delle guide del museo, una donna slanciata con i capelli striati di grigio che poteva benissimo essere scambiata per una bibliotecaria, lasciò un'occhiata preoccupata a Lilith, avvicinandosi. «Non si possono toccare le teche» disse alla ragazzina. Lo fece gentilmente, felice dell'entusiasmo che la ragazzina dimostrava verso le varie cose esposte.
Lilith fece due passi indietro ed incrociò le braccia dietro la schiena, le gambe rigide ed i pugni chiusi. Non era ancora abituata ad essere avvicinata dagli umani. Oltre un certo limite di spazio le loro emozioni diventavano così chiassose da non poter essere ignorate. Rimase a distanza dalla teca, domandando con lo sguardo alla guida se quella distanza andava bene.
La donna le strizzò l'occhio. «C'è qualcosa che volete sapere in particolare?» chiese lanciando un'occhiata anche a Jeremy, che intanto era rimasto in disparte in silenzio. Lui si strinse nella felpa e scosse la testa, tenendo gli occhi sgranati sotto gli occhiali da sole, preoccupato che la donna potesse riconoscerlo come il ragazzo che aveva distrutto il centro appena pochi giorni prima.
«Sappiamo già tutto» rivelò Lilith percependo, in mezzo a tutto il resto, il disagio di Jeremy. «Dove vivevo ce n'erano un sacco» aggiunse con aria sognante. Fece un sorriso a Jeremy, per fargli capire che ci avrebbe pensato lei, che poteva stare tranquillo e fidarsi. «Dirò io a mio fratello quello che deve sapere»
La guida annuì. Non poteva che ammirare l'interesse che Lilith sembrava dimostrare nei confronti della storia, anche se non ne conosceva la ragione.
«Molto bene» disse allora. «Se avete domande mi trovate nei corridoi»
Si allontanò, raggiungendo un altro gruppo di visitatori fermi poco più in là.
Jeremy si avvicinò a Lilith. Ora erano fianco a fianco, di nuovo ignorati, ma il suo atteggiamento rigido non si sciolse. «Muoviamoci» disse seccato nascondendo ulteriormente il volto sotto al cappuccio. «Troviamolo e torniamo a casa».
Lilith annuì. Strofinò le mani una contro l'altra, perché non era abituata all'aria condizionata o a qualunque tipo di aria artificiale. A lei piaceva l'aria pura, frizzante e ricolma di odori selvatici.
Lanciò un'ultima occhiata alla pietra. «Mamma, io e le altre danzavamo sempre attorno a quella che c'era nella nostra foresta» disse tornando a riferirsi al discorso precedente. Era di nuovo tornata la solita Lilith, quella che fingeva di non sentire e si nascondeva dietro ad un sorriso. La vicinanza del ragazzo non la colpiva, poiché ormai ci era abituata, ma un lieve senso di malinconia personale la avvolse.
Jeremy percepì la sua tristezza, ma non aveva alcuna esperienza nel consolare le persone e non la conosceva abbastanza per sapere cosa dirle. Allungò una mano e lei, senza alcuna esitazione, la strinse.
Lui avrebbe voluto dirle che c'era, per lei, ma non sapeva come. Lilith accennò un sorriso, perché comunque andasse tra loro non avevano bisogno di troppe parole.
«Magari un giorno mi farai vedere dove sei cresciuta» le propose.
Lilith sorrise. Sapeva che Jeremy si stava sforzando e voleva aiutarlo ad aiutarla nel miglior modo possibile. Lui non era più solo, e voleva che lo sapesse. Nessuno avrebbe più dovuto separarli dai loro fratelli, ora che finalmente potevano essere una famiglia. «Quello che cerchiamo è al piano di sopra, secondo quello che c'è scritto sull'opuscolo»
Le scale erano dall'altra parte della stanza, distavano un paio di mummie ed alcuni utensili da lavoro di chissà quale secolo. L'organizzazione era alquanto caotica, per uno sguardo attento, ma a Lilith e Jeremy non interessava. Raggiunsero il piano superiore con calma, salendo lentamente la scala del vecchio edificio scricchiolante. Una scolaresca passò loro accanto schiamazzando, lasciando vuota la sala in cui erano diretti. Alla fine furono solo loro ed una lunga serie di teche colme di vecchi libri, pergamene e manufatti incisi di rune.
Si separarono per percorrere i due corridoi paralleli tra i vari oggetti, accarezzarono con lo sguardo i ciondoli ed i pugnali. Poi arrivarono alle pergamene ed ai libri e rallentarono aguzzando la vista. Non ne sapevano molto, non erano in grado di leggerle, ma sapevano che Belial e Raven ci sarebbero riusciti.
Dovevano solo trovare il libro che i fratelli gli avevano descritto, poi sarebbero potuti andare via, dove Lilith avrebbe potuto di nuovo annusare il profumo dei suoi fiori invece che quello del vecchio pavimento di quercia ammuffito, e dove Jeremy non avrebbe dovuto stringere i denti per sopportare le chiassose emozioni di prime cotte, rabbia repressa e depressione umana.
Fu Lilith a trovalo. Non era in una bacheca particolare e non spiccava tra gli altri, anzi, sembrava quasi anonimo rispetto a gli altri enormi volumi rilegati in pelle ricoperti di miniature. Era al centro della stanza, poco distante dal grosso lucernaio di vetro che gettava ombre colorate sul pavimento scuro.
Jeremy si avvicinò a Lilith, vide il piccolo libricino ricoperto di rune.
Avrebbe voluto prenderlo e portarlo via subito, chiudere quella storia in fretta. Invece lanciò un'occhiata alla telecamera di videosorveglianza, poi sorrise a Lilith. Contò le finestre, per sapere ritrovare la teca anche al buio. Poi diede un colpetto con la spalla alla sorella.
Avevano fatto ciò che dovevano, potevano andare a casa.

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