EPILOGO

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Le emozioni altrui non l'avevano abbandonata neanche un momento, mentre era stata incosciente; l'avevano avvolta, le avevano indicato in ogni momento chi era al suo fianco.

Aveva sentito Lilith e Jeremy, in loro una leggerezza anomala, come se tutto il peso del mondo non fosse più in grado di colpirli e ferirli. Aveva avvertito Dick, la preoccupazione mista al rimbecco causato dalla sua fuga ed al suo chiudersi in se stessa assieme alla sua famiglia di sangue. Kori era stata come un sole e si era fermata tanto, per tutto il tempo in cui aveva percepito la sua presenza non era riuscita a sentire altro che felicità, sollievo, certezza il futuro sarebbe stato fantastico. Ogni volta che l'amica si allontanava quel buonumore e quell'ottimismo restavano in parte con lei, colmandola di un tepore da cui non avrebbe mai voluto separarsi. Di solito poi arrivava Victor, i cui sentimenti rispecchiavano più la preoccupazione e la consapevolezza di essere la persona che avrebbe dovuto occuparsi della sua salute. In lui non c'era felicità, ma una calma sincera e stabile che, Raven lo avvertiva, rispecchiava il sollievo per la sua altrettanto stabile situazione di salute.

Ma la presenza più confortante era quella di Garfield, che andava a trovarla spesso assieme Lilith, i due emanavano sempre un tornado di complicità di cui quasi non riusciva a capacitarsi. Le sarebbe piaciuto sentire anche cosa avessero da dirsi, conoscere il modo in cui si erano adattati l'uno all'altro, invece doveva stare lì in attesa, accontentandosi di quel briciolo di mondo esterno che i suoi poteri riuscivano a portarle attraverso la sua incoscienza.

Tutto questo la cullò a lungo, mentre il tempo passava senza che lei riuscisse a tenerne il conto. I giorni trascorsi avrebbero potuto essere solo un paio oppure centinaia, avrebbe potuto pensare di essere lì da pochi secondi, se non avesse riconosciuto l'alternarsi di quelle auree.

Arrivò il giorno in cui accanto a quelle emozioni, perlopiù distante ed ovattato, avvertì il calore del letto su cui era distesa e la morbidezza invitante delle coperte e del materasso, una sensazione così piacevole che quasi non avrebbe voluto mai privarsene. Era passato molto tempo dall'ultima volta che si era svegliata con quella sensazione e non era più abituata a sentire l'odore delle frittelle di Victor prima ancora di riaprire gli occhi, rimase immobile a bearsi di quel sogno con il timore che potesse svanire. La coscienza tornò pian piano, le ricordò per prima cosa che la torre non era più la sua casa da tanto tempo, poi che aveva due fratelli minori a cui pensare.

All'improvviso svanì ogni ricordo delle emozioni che le avevano tenuto compagnia mentre guariva, avrebbero potuto essere solo un sogno, un'illusione che la sua mente aveva creato per mantenere la calma mentre il suo corpo cancellava ogni ferita. Si mise a sedere e scoprì che nell'ansia del momento non aveva letto la presenza al suo fianco, ma Victor era lì e le sorrise con calore, poi si sporse verso di lei e l'aiuto a togliersi di dosso gli elettroidi che fino ad allora avevano monitorato i suoi segnali di vita.

«Eccoti qua, finalmente.» disse.

Raven avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma avvertiva la gola secca e tossicchiò.

Pronto per quella evenienza, Victor versò dell'acqua nel bicchiere che stava sul comodino e glielo porse, attendendo pazientemente che lei bevesse.

Continuava a fissarla, fregandosene altamente del fatto che avrebbe potuto darle fastidio, dello sguardo di rimprovero che Raven stessa era sicura di avere negli occhi e destinava proprio lui.

Il suo calore, il suo sollievo, la sua felicità, erano ora palesi, tanto che a Raven si strinse al cuore.

Avrebbe dovuto trovare, ed al più presto, il modo giusto per fare a lui ed agli altri le sue scuse, per ringraziarli di essersi occupati dei suoi fratelli in sua assenza, e poi cercare un posto per tutto per loro per evitare di dare gli amici altro disturbo.

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