Garfield non era mai stato troppo interessato al giardinaggio. È vero, da piccolo aveva girato il mondo con i suoi genitori, famosi scienziati, ma non si era mai soffermato troppo sulla moltitudine di piante che aveva trovato lungo i suoi viaggi, poiché era sempre stato troppo preso dai suoi giochi di bambino per interessarsene. Inoltre, se doveva essere sincero, non era mai neanche entrato in una serra con vero interesse. Era quindi rimasto davvero affascinato da tutti quegli strani arbusti, quei vasi e quei fiori di cui non conosceva il nome.
Garfield sapeva distinguere le piante grasse, probabilmente, ma era certo di non riuscire ad andare oltre questo.
Sollevò lo sguardo verso uno scaffale colmo di vasi di ciclamini e sospirò, probabilmente era stupido, ma gli piaceva pensare che, una volta che Raven fosse tornata a casa, avrebbero avuto bisogno almeno di un giardinetto per la piccola Lilith. Non era certo se la ragazzina preferisse i fiori o le piantine, i cespugli o gli alberelli (davvero c'era differenza?), ma voleva assolutamente organizzare al meglio uno spazio totalmente dedicato a lei. A Richard, poi, avrebbe raccontato semplicemente di aver finalmente deciso cosa fare dei suoi pollici verdi.
Rise sommessamente per la stupidità di quella battuta, rimpiangendo di non poterla testare immediatamente per provare a strappare una risata a qualcuno. Passò il dito su una strana pianta dalle grosse foglie striate di verde scuro e si domandò se sarebbe davvero stato in grado di curare decentemente un giardino.
Aveva già parlato al telefono con la proprietaria della serra, ed insieme avevano convenuto che sarebbe stato meglio se fosse andato a vedere le piante di persona, in modo da poter decidere insieme quali fossero le più adatte alle sue esigenze. Sinceramente, le aveva detto Garfield una volta arrivato, la mia unica esigenza è quella che sopravvivano a me. Aveva riso, ma subito dopo aveva sospirato rassegnato e aveva lasciato che la donna sparisse oltre una porta, dove aveva detto di avere qualcosa che faceva al caso suo.
Erano alcuni minuti che aspettava, e ne aveva approfittato per guardarsi in giro. Tra i vari profumi – che quasi l'avevano ucciso appena aveva messo piede lì dentro e a cui si stava appena abituando – e i nomi e i colori, il ragazzo aveva scoperto un intero mondo. Qualcuno, una volta, gli aveva detto che ogni fiore ha un significato ben preciso. Si chiese quali fiori avrebbe dovuto usare per dire ciò che sentiva per ognuno dei Titans.
Sbuffò sonoramente, domandandosi se fosse il caso di raggiungere la signora sul retro, ma il tintinnare del campanello all'ingresso lo riscosse, e Garfield si voltò inconsciamente a controllare chi fosse il nuovo cliente. Con la coda dell'occhio distinse solo la sagoma vestita di scuro, poi gli arrivò il suo odore, persistente ed intenso, così familiare e inaspettato che ebbe il dubbio che fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma Raven era reale e la sua espressione di stupore era il perfetto riflesso della sua.
Garfield si raddrizzò, trattenne il fiato e restò immobile. Raven, all'erta, era pronta a balzare via al primo segnale di pericolo. Ogni muscolo del suo corpo era rigido, gli occhi sbarrati e la mascella serrata, in attesa del momento adatto a battere in ritirata. Ma Garfield, per quanto sapesse che la cosa non dipendeva da lui, si disse che non le avrebbe permesso che gli sfuggisse così. Sollevò una mano lentamente, trattenendo il sorriso che minacciava di aprirglisi sul volto nel constatare che, finalmente, lei era lì davanti a lui ed avrebbe potuto parlarle davvero.
«Ciao» le disse, sforzandosi di trasmetterle tutta la felicità che provava nel trovarsela davanti. Poi si diede dello sciocco, pensando a quanto grazie ai suoi poteri la ragazza potesse leggere della tempesta di sentimenti che gli scuoteva il petto. Probabilmente sapeva anche ciò che provava per lei, l'aveva sempre saputo ed aveva riso di lui per questo. Un moto di delusione lo percorse; c'era stato un periodo in cui aveva pensato anche di essere ricambiato, ma poi lei era scappata mandando tutto all'aria e lasciandolo in balia di sé stesso. Si morse il labbro, prendendo fiato, e si ripeté che qualunque fossero i sentimenti di lei sarebbero comunque stati prima di tutto amici.
Si apprestò a fare un passo verso di lei, constatando con stupore che nello stesso istante Raven aveva deciso di avvicinarsi a sua volta. Aveva tenuto il cappuccio della felpa sollevato, aveva i capelli più lunghi di quanto ricordasse che le scivolavano sulle spalle e la frangetta le ricopriva la fronte nascondendo il chakra rosso che tanto la distingueva dalle altre. Sembrava combattuta, come se si fosse resa conto solo in un secondo momento di qualcosa che le sue gambe avevano deciso di fare per lei. Garfield ripensò a quando Lilith gli aveva raccontato di non essere capace di distinguere i sentimenti degli altri dai suoi e sorrise colpevole. Che lei avesse percepito il suo desiderio di avvicinarsi e l'avesse assecondato scambiandolo per suo?
Non voleva in alcun modo che lei non fosse chi era, quindi percorse lentamente i pochi metri che li separavano pronto a cogliere anche il minimo cenno di disapprovazione, ma questo non vi fu e, appena fu direttamente di fronte a lei, Raven gli sorrise a testa china, osservando, forse con troppa poca acutezza, trattandosi di lei:
«Non sei verde»
Garfield trattenne una risata, sollevò la mano e mostro fiero il suo anello. Almeno, pensò, questo era un modo per rompere il ghiaccio. «Tutto grazie a questo fantastico anello inventato da Cyborg. Mi sorprende che tu mi abbia riconosciuto» tentò di scherzare.
Raven lo fulminò con un'occhiata. «Dovrei essere cieca e priva di poteri, se non idiota, per non riconoscerti» ribatté piccata. Incrociò le braccia e sbuffò, lanciando un'occhiata oltre la spalla del ragazzo per scrutare là dove la fioraia era sparita.
Con un movimento rapido, quasi troppo veloce per rendersi conto davvero di ciò che stava per fare, Garfield allungò la mano e spinse via il cappuccio, rivelando appieno l'espressione contrariata della ragazza. Schiuse le labbra, pensando a quanto avrebbe voluto dirle quanto gli era mancata, quanto avesse sperato di rivederla e quanto gli sembrasse surreale averla lì in quel momento.
Ma Raven ovviamente sapeva già tutto. Afferrò il cappuccio a testa china e lo sollevò, rifiutandosi di ricambiare lo sguardo del ragazzo come se questo potesse aiutarla a tenere sotto controllo l'empatia. «È meglio che vada, adesso» concluse mortificata.
Gli diede le spalle per tornare all'ingresso, ma il ragazzo la trattenne per un polso. «No», le disse secco, con un tono più duro di quanto avrebbe voluto. Provò a riportare a galla tutto ciò che provava per lei, a farle percepire la speranza di non vederla scappare un'altra volta. Pensò ancora che se Raven avesse voluto avrebbe potuto dirgli che ricambiava i suoi sentimenti in cogni momento, ma non l'aveva mai fatto. La vide scuotere la testa, la lasciò andare. Forse Raven non aveva mai provato nulla e lui si era solo illuso. «Ok» concluse deluso. «Vai allora, me ne farò una ragione». Raven si voltò, il volto teso e le labbra strette. «Addio allora» terminò Garfield.
E la lasciò andare.
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Blood
FanfictionGarfield arrossì lievemente. Non poté evitare che il cuore gli si fermasse, nel guardarla, anche se non era la vera Raven. «Allora, cosa ti porta qui?» gli domandò lei sorridendo. Garfield dischiuse le labbra per risponderle. All'improvviso tutti i...