Pensieri che uccidono

43.3K 2K 28
                                    

Dopo due settimane nella nuova città rischiavo di impazzire.
Non avevo nulla contro i miei coinquilini, anzi. Il rapporto con loro si rafforzava sempre di più e io, nonostante il mio tentativo di mostrarmi fredda nei loro confronti, venivo trattata sempre come tutti gli altri. Oramai avevamo elaborato la nostra routine. Ci svegliavamo, preparavamo la colazione, mangiavamo e chiacchieravamo. Alcuni di noi poi andavano a lavoro e altri sbrigavano alcune faccende. A cena non ci si annoiava mai, ognuno di noi doveva proporre una volta a settimana i progetti di quella sera, il risultato fu che quei quattordici giorni li passammo a girare per New York senza meta o a guardare un film prima di andare a dormire.
A volte capitava che qualcuno di noi decidesse di passare diversamente la propria serata e si organizzava con qualche conoscente.
Io cercai di restare il meno possibile in casa perchè ero consapevole che se avessi avuto tempo libero avrei cominciato a pensare ed ero sicura che, una volta iniziato, non ne sarei uscita viva. Perciò, dovendo aspettare l'inizio delle lezioni, dovevo sempre inventarmi qualcosa per tenermi occupata durante il giorno. Dopo aver pulito casa almeno dieci volte e cucinato piatti degni di chef Ramsay, decisi che era arrivato il momento di cercare lavoro.
《Buongiorno.》
Salutai tutti con la voce impastata di sonno e mi sedetti al solito posto sulla destra del tavolo. Mike e Cameron giocavano già alla playstation. Davis doveva essere andato già a lavoro e Jace dormiva ancora, così come Tracy e Beth. Erano solo le 7:00 quindi non li biasimavo.
《Ragazzi ma a che ora vi svegliate per giocare?》
Chiesi incuriosita ai due di fronte alla tv.
《Semplice, non dormiamo.》
Rispose Cameron facendo ridere Mike che fece spallucce.
《Che cos'è sto baccano?》
Jace scese con addosso solo i boxer e dovetti utilizzare tutto l'autocontrollo che avevo per non sbavare nella ciotola di cereali che mi ero appena preparata. Aveva un piccolo tatuaggio sul fianco destro e dei muscoli così definiti da togliere il fiato. Distolsi immediatamente lo sguardo e fissai il tavolo. La bellezza era di famiglia?
《Mattiniera come sempre?》
Lo sentii avvicinarsi.
《Già.》
Risposi alzando le spalle, se solo sapesse contro cosa combatto ogni notte.
Lo vidi prendere l'occorrente per prepararsi dei pancake.
《Hai programmi per oggi?》
Mi chiese mentre sbatteva le uova nella ciotola e, unendole al resto dell'impasto, cominciava a versare la pastella nella padella sul fuoco.
《Avevo intenzione di fare un po' di spesa perché il frigorifero e le dispense rischiano di piangere. E dovrei cominciare a cercare un lavoro.》
Interruppe bruscamente ciò che stava facendo e si girò posando entrambe le mani sul bancone dietro di lui. Gli vidi balenare negli occhi un'idea.
《Mi pareva avessi accennato al fatto che hai abbastanza denaro per poter dormire 24 ore su 24 per tutto l'anno.》
Annuii, era vero. Una di quelle sere avevamo parlato del costo di quell'appartamento. Quasi ognuno di noi veniva da famiglie in grado di permettersi un posto del genere. Chi invece non aveva quella fortuna, faceva un lavoro abbastanza fruttuoso da poter comunque pagare sia quel posto che il college.
《Sì ma sono stanca di restare in casa tutto il giorno. Manca quasi un mese ancora all'inizio delle lezioni e ad essere sincera non capisco ancora il perché voi siate venuti così presto ad abitare qui.》
Lo vidi sorridere e sentii i due sul divano alzarsi e raggiungersi attratti sicuramente dall'odore dei pancake.
《Ognuno di noi ha storie particolari.》
Intervení Mike alzando le spalle come se ciò che aveva detto fosse ovvio.
《Togliendo ciò, potrei procurarti un lavoro.》
Jace era tornato a cuocere i suoi pancake e mi parlava dandomi le spalle.
《Sono disposta a tutto Jace, ma evita cose che riguardano mostrare il corpo.》
Sapevo che probabilmente mi avrebbe proposto un lavoro come cameriera nello stesso locale dove lavorara suo fratello. E al solo pensiero di lavorare con lui sentii una strana sensazione che non seppi decifrare.
《Ho capito che non sei il tipo. Ma se non ti importa guadagnare molto e vuoi solo essere occupata, mia madre cerca da qualche settimana una baby-sitter per mio fratello. Ne abbiamo cambiate a decine, lo incontrano, ci restano per poco tempo e vanno via esasperate.》
Involontariamente mi si visualizzò nella mente l'immagine di me che cambiavo il pannolino a James. Mi sforzai di non ridere per non sembrare un'idiota e gli chiesi spiegazioni.
《Hai un altro fratello?》
Lui annuì e, mettendo i piatti in tavola con i pancake, si sedette di fronte a me.
《Sì beh, non è proprio mio fratello, è il mio fratellastro e ha quattro anni. È difficile gestirlo ma ti assicuro che se riesci ad essergli simpatica diventa un angioletto.》
Annuii entusiasta e gli sorrisi.
《Quando posso cominciare?》
Finì i suoi pancake e vide l'orologio che segnava quasi le 8:00.
《Anche adesso.》
Oddio no, era troppo presto. Mi ci voleva tempo per abituarmi all'idea. Nonostante ciò peró ero consapevole di aver bisogno di quel lavoro perciò annuii, chiedendogli dieci minuti per prepararmi e, dopo aver infilato una felpa e un paio di jeans uscimmo di casa.

《Oddio.》
Esclamai di fronte all'enorme villa nella quale viveva la famiglia di Jace.
《Già.》
Lo vidi irrigidirsi e il suo solito sorriso gli sparì dalla faccia. Quel genere di cambio d'umore mi era molto familiare. Sapevo cosa volesse dire ma non gli chiesi nulla. Se un giorno ne avesse voluto parlare, ero a sua disposizione e lo sapeva.
《Non fermarti alle apparenze.》
Mi disse mentre scendeva dall'auto, mi prese per mano e percorremmo il vialetto che portava all'enorme portone.
Non avemmo nemmeno il tempo di suonare o bussare, che l'ingresso si aprì lasciando intravedere un uomo sulla sessantina.
《Signorino Jace non la aspettavamo. Si accomodi.》
Jace annuì.
《Salve Lambert, potresti informare mia madre del nostro arrivo. Dille che ho trovato la persona che cercava.》
Anche noi avevamo un'inserviente, Jessica, e il solo pensiero mi fece venire un tuffo al cuore. Promisi a me stessa di scriverle il più presto possibile.
Il loro cameriere pareva però assai freddo e distaccato in confronto al rapporto materno che io avevo costruito con la mia.
La casa era immensa, forse anche più della mia quando ancora abitavo in Kansas con i miei.
《Jes.》
Una voce minuta urlò il nome, un po' cambiato, del ragazzo seduto al mio fianco sul divano. Strinsi forte le mani. Avevo paura di non piacergli, avevo sempre adorato i bambini e se quello era l'unico modo di poter tenere occupata la mia mente allora ci avrei messo tutta me stessa. Perché io ero così, io non conoscevo le mezze misure, o davo troppo o non davo niente, o amavo troppo o odiavo fortemente.
Un bimbo dagli occhi azzurri venne nella nostra direzione e strinse forte suo fratello.
《Ciao Thom, ti ho portato un'amica.》
Il piccolo Thom, ancora in braccio a Jace, si girò lentamente verso di me e mi squadró da sopra a sotto. Inizialmente ebbi un po' di timore ma, come avevo sempre fatto con la mia piccola sorellina, gli sorrisi.
《Ciao Thom, io sono Jane.》
Tirai dalla borsa una delle poche cose che ricordavano la mia infanzia. Un piccolo coniglietto di peluche che Jessica aveva infilato nelle valigie e che avevo preso prima di uscire. Glielo porsi mentre continuavo a sorridergli. Dall'esterno probabilmente sembravo una cretina con un sorriso da ebete stampato sulla faccia, ma non mi importava.
《Lui si chiama Bonny, è stato un mio amico per tanto tempo. Mi ha chiesto di poter avere un altro amichetto e ho pensato immediatamente a te.》
Gli occhi del bambino, dapprima diffidenti, si illuminarono e annuì almeno dieci volte in un secondo.
《Mi piace molto Bonny.》
Lo prese dalle mie mani e lo abbracció, accogliendo tra le sue braccia un piccolo pezzo della mia infanzia. Incrociai lo sguardo di Jace e lo vidi sorridere.
《Gli piaci.》
Mi trattenni dal battere le mani come una bambina di due anni e continuai a sorridere.
Insomma Jane un po' di contegno.
《Mia madre dovrebbe arrivare a momenti, ha la mania di presentarsi impeccabile, stará perdendo tempo a sistemarsi.》
Appena finì la frase sentimmo una delle porta aprirsi. Cercai di nascondere il fatto che fossi nervosa al pensiero di incontrarla.
E se non le fossi piaciuta? E se non mi avesse dato il lavoro? In quel caso avrei passato tutto il mio tempo solo per cercarne un altro.
《Ti ho detto di no. Assolutamente. Non cambiare idea, si farà come ho detto io. Non voglio obiezioni.》
Una voce maschile venne lentamente nella nostra direzione. Conoscevo quella voce eppure non credevo di doverla sentire anche lí. Viveva ancora con sua madre?
《Che ci fate voi due qui?》
Era James.

L'universo in uno sguardo/IN CARTACEO ONLINE ❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora