Faccia a faccia

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Era James.
Saperlo nella stessa stanza provocò in me una sensazione strana. Non capivo se fossi irritata dalla sua presenza oppure no, e quelle sensazioni contrastanti fecero andare in tilt il mio cervello. Non sapevo come comportarmi, cosa rispondere e dove guardare. Alla fine fissai Thom giocare con Bonny e cercai di convincere me stessa che in realtà, averlo a qualche metro di distanza, non mi interessasse minimamente.
《James, piantala.》
Jace guardó suo fratello con una freddezza che non gli avevo visto la prima volta in discoteca. Quello  sguardo era troppo simile a quello che mio fratello Gabriel aveva riservato a me l’ultimo mese passato in casa.
Cosa significava?
《Direi che è ora di piantarla. Tutti e due.》
Una donna dai capelli biondi, alta almeno un metro e settanta, fece irruzione nell’enorme soggiorno di quella casa. Sembrava avere un’età compresa tra i quaranta e i cinquanta ma il suo sguardo freddo e il suo sorriso per nulla sincero non riuscirono a farmi decifrare gli anni che in realtà le appartenevano.
Mi tremarono leggermente le gambe quando si avvicinò. Mi alzai dal divano e mi porse la mano per presentarsi.
《Sono Lilian Tray  e presumo tu sia Jane Right.》
Annuii incapace di formulare alcuna parola e le strinsi la mano. Per fortuna la voce mi era completamente tornata, quindi almeno non avrei fatto brutta figura, sempre nel caso in cui la mia bocca avesse intenzione di aprirsi.
《Mio figlio mi ha parlato di te.》
Quale dei due?
Mi sentii leggermente in colpa quando sperai fosse stato James invece che Jace e maledissi me stessa. Che diavolo mi prendeva?
《Spero ne abbia parlato bene.》
Cercai di parlare con quella donna con più professionalità possibile ma l’aria che si respirava in quella casa non contribuiva a farmi stare meglio. E la cosa peggiore era che non riuscivo a capire, oltre alla presenza di James, cosa non andasse.
《Dal profilo che mi ha descritto Jace, saresti perfetta per occuparti di Thomas.》
Annuii e cercai di sorriderle mentre James imprecava.
《Jace ma mi prendi per il culo?》
Mi voltai verso il ragazzo dai capelli neri come il carbone e incrociai il suo sguardo. Jace stava per rispondergli qualcosa, quando quello psicopatico di suo fratello gli diede una spallata e uscì sbattendo la porta dietro di sé.
《Jane, ti chiedo scusa per quanto appena successo. Non assisterai più a scene simili. Mi auguro.》
Disse la signora Tray rivolgendo uno sguardo ammonitorio nei confronti del figlio rimasto con noi nella stanza.
《Tornando a noi, oggi sarai in prova. Ho una riunione importante tra qualche minuto, durerà parecchio quindi dovresti rimanere con Thomas fino alle 21:00 più o meno. Sono molto rare le riunioni così lunghe, ecco perché se superai questa giornata, il lavoro sarà tuo.》
Sorrisi e annuii. Sembrava perfetto, quasi 12 ore in cui sarei stata abbastanza occupata da non pensare ad altro.
Dopo avermi mostrato le varie zone della casa dove avrei trovato il necessario per il bambino, la signora Tray salutó me e Jace e andò via. Approfittai di quel momento per chiedere al mio coinquilino la domanda che mi tormentava la mente.
《Cos’è successo tra te e James?》
Lo vidi espirare fortemente e stropicciarsi gli occhi con la mano destra mentre passava l’altra tra i capelli di un nero più chiaro di quelli del fratello.
《Essendo il fratello maggiore, ha sempre voluto avere il controllo su tutto. Non è stato solo un fratello, ha assunto il ruolo di un padre.》
Ecco perché tirava quell’aria in quella casa.
Nascondevano più cose di quante ne fossero pronti ad ammettere.
Non chiesi oltre, non volevo in alcun modo mettermi in mezzo a cose più grandi di me. Anche perché le domande attiravano sempre altre domande e io, non sarei mai stata pronta a rispondere a quelle che avrebbe fatto lui a me. Perciò stetti zitta e annuii. Ormai era quello che facevo di più. Annuivo e tacevo. La vecchia me era morta e sepolta e non sapevo se fosse una fortuna o meno.

Dopo che Jace se ne fu andato per aiutare Davis a lavoro, rimasi sola in casa con il piccolo che a differenza di quello che mi avevano descritto, era davvero un  angioletto. In precedenza ero riuscita ad occuparmi di bambini molto più vivaci e difficili, non mi meravigliai perciò  quando, dopo averlo fatto giocare per tutto il giorno, verso le 20:55 crollò proprio accanto a me sull’immenso divano nel soggiorno.
Nonostante tutto, quella giornata era stata così pesante che chiusi gli occhi anch'io.
Le urla, i rumori, lo schianto al suolo, il sangue e ancora urla, urla e solo urla.
Mi alzai di scatto e ci misi un po’ a capire dove fossi.
Il rumore delle grida era incastrato nella mia testa da mesi e non sarebbe andato via mai più.
Vidi Thom ancora addormentato accanto a me e sospirai di sollievo notando che non lo avevo svegliato. Alzai lo sguardo e incontrai i due occhi celesti del ragazzo seduto sul divano opposto a quello dov’ero io. Vidi l’orologio sulla parete e capii di aver dormito poco più di dieci minuti.
Quando era arrivato?
Avevo la fronte madida di sudore e mi affrettai ad alzarmi per nascondere quanto fossi ancora scossa dall’incubo che, ormai da quasi due mesi, veniva a farmi compagnia ogni notte.
《Non dovevo addormentarmi a lavoro, mi dispiace.》
Perché mi stavo giustificando proprio con lui?
《Non fa niente. Puoi andare a casa tua ora.》
E ora perché diavolo era così dannatamente scontroso e freddo? Ancora confusa dal sogno che avevo appena fatto non attivai il filtro cervello-bocca.
《Ma che problemi hai?》
Lo vidi fare spallucce e prendere dalla sua tasca il cellulare.
《Non chiederlo a me. Sei tu quella che mi ha fatto volare una sigaretta dal finestrino.》
Alzai gli occhi al cielo mentre James si mostrava assorto completamente dal cellulare.
Ma davvero? Come poteva portarsi così a lungo quella storia?
Il suo comportamento mi ricordò quello di mio fratello Gabriel che, a soli sette anni, quando scoprì che avevamo fatto un giro sulla sua bicicletta nuova, trattò da sconosciute me e mia sorella Alice per due settimane.
《Sono le sigarette il problema? Cristo! Te ne copro un pacchetto nuovo!》
Mi trattenni dall’urlare solo per non svegliare il fratello minore del tizio che sedeva impassibile di fronte a me.
Scattò in piedi e venne velocemente vicino a me. Era così vicino che con il suo respiro muoveva alcune ciocche del mio ciuffo. Sussultai e vidi l’ira presente nei suoi occhi mutare in qualcos’altro. La sua vicinanza mi fece perdere la parola e il movimento. La lingua non intendeva muoversi e le gambe, benché ridotte a gelatina, non si mossero di un millimetro.
Controllo Jane, controllo. Ricorda, indifferenza e freddezza. Devi allontanarlo.
Tutti quei pensieri andarono al diavolo quando mi toccò con il pollice le piccole quanto poche lentiggini che avevo appena sotto gli occhi. I miei capelli biondo cenere entrarono in contrasto con i suoi neri carbone quando poggiò la sua fronte alla mia.
《Sei proprio una stronza, sai? Ma con me la tua tattica non funziona.》
Mi disse sussurrando.
Sentii l'odore di sigaretta misto alla menta e dissi definitivamente addio alla mia razionalitá.
Si staccò restando ancora a pochi centimetri dal mio viso. Aprii la bocca per rispondere ma non ne uscì nemmeno un suono. Alzò le labbra formando un ghigno e si allontanò prendendo in braccio Thom e portandolo nella sua stanza, lasciandomi lì, persa nei miei pensieri.
Pensieri che non avevano nulla a che fare con quelli che mi tormentavano da mesi.


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