23.懲罰

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I giorni passavano e la situazione rimaneva la medesima;

Jimin ignorava spuduratamente Jungkook, alle chiamate non rispondeva, le quali erano parecchie e più al giorno, i messaggi li leggeva, ma non mandava alcuna risposta, per quanto potesse vedere che il corvino fosse realmente pentito, il suo cuore faceva ancora male, gli ci voleva ancora tempo per riuscire a pensare a Jungkook "solo come Jungkook"
e non come "Jungkook mentre infila le proprie dita nel culo di taehyung".

Se Jimin soffriva non aveva idea di quello che stava passando Jungkook,
il giovane se ne stava da giorni a letto, le finestre chiuse, la luce spenta, il cellulare stretto in un palmo e nell'altro i fazzoletti tutti umidicci delle sue lacrime e di muco.
Se ne stava rannicchiato in un angolo del letto, e singhiozzava continuando a emettere dei mugolii che assomigliavano a dei
"scusa jimin".

Jungkook si riteneva penoso, ma non riusciva proprio a smettere di piangere.

Ogni tanto arrivava Taehyung che bussava alla porta della sua stanza.
"Jungkook" lo pregava.
"esci, su, devi mangiare"

Ovviamente lo stesso faceva sua madre, irritandolo ancor piú.

"Non ho fame." 
Gli rispondeva l'altro cupo, non poteva avercela con il moro, ma allo stesso momento, sotto sotto, lo detestava.
Era colpa sua e del suo  fottuto culo.

Quando non piangeva il corvino si addormentava, e nella sua mente riaffioravano i ricordi della notte trascorsa con Jimin;
il suo profumo,
la sua pelle,
la sua voce.

Cose banali, ma alle quali il ragazzo si attaccava sempre di più, cercando di non dimenticare nemmeno un misero dettaglio, voleva conservare dei ricordi perfetti, che fossero in grado d'offuscare il presente.

Dopo la prima settimana Jungkook si stava quasi stufando di rimanere inerme a letto, s'annoiava, ma comunque non smetteva di soffrire.

Cosí gli venne voglia di esprimere il dolore in un altra maniera, meno astratta e più concreta, e la vite posta sulla sua scrivania l'avrebbe aiutato.

Era titubante all'inizio, di principio trovava l'autolesionismo errato, ma ora che era in procinto di sperimentarlo gli sembrava l'unica via, l'unico modo di sfogarsi, di provare meno rancore nei confronti di sè stesso.

Aveva posto, lentamente, la vite sull'interno del braccio, fino a sfregare la pelle con la punta di ferro.
Poi aveva scagliato la vite sulla pelle, fino a lacerarla, fino che il suo sangue non sarebbe uscito, il quale poi era uscito, a fiotti, quasi zampillante.

Col braccio dolorante Jungkook si era sentito meglio, non guarito certo, ma quasi sollevato.

E nonostante le ferite Jungkook pensava costantemente a Jimin, non poteva farci nulla. Non era un semplice sentimento quello che provava nei suoi confronti, era qualcosa di piú..più profondo, più complesso, che non riusciva a spiegarsi.

La seconda settimana, e Jimin ancora non si era fatto vivo, Jungkook finalmente si era messo a pensare come sistemare la situazione e di come agire più concretamente che con qualche messaggio.

Lì allora si ricordó dei
"corsi per diventare suora" e di Koaru.

Era ora di rifarsi il makeup.

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Un po' sad? Scusate per il ritardo, ma ultimamente sto un poco male, ma grazie a jinssmile un po' di meno.

Passate pure a leggere:

-> food -yoonmin

-> dollhouse -taekook, yoonseok

-> malibú -bangtanboys 

Se lo fate, grazie di cuore♡, e presto pubblicheró anche un'altra Jikook.

Diabolic ーJikook🍒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora