Sogni

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Mi alzai di scatto stringendo la cicatrice all'addome con alcune lacrime agli occhi; era come se la sentissi bruciare di nuovo, come se mi trovassi di nuovo lì. Ero così turbato, prigioniero ancora di quell'incubo. Catturai a me tutta l'aria, smettendo di singhiozzare e mi scrollai di dosso le coperte scompigliate, bagnate del mio sudore, osservando l'orologio sul comodino che segnava le 5:00; anche quella mattina avevo dormito solo due ore. Mi morsi forte il labbro inferiore e trattenni il respiro sperando che potesse aiutarmi a resistere a quel dolore, dondolandomi avanti e dietro convulsamente tra l'ansia e il cuore palpitante stringendo le mie gambe portate al petto, ma invece le lacrime uscirono con più pretesto, quasi voracemente, cadendo sul materasso per inzuppare il copri-letto bianco, creando una pozza bluastra che ignorai. Chiusi gli occhi, restando seduto e ascoltando il mio battito nelle orecchie che accelerava ad ogni minuto che passava mentre i polmoni sembravano opprimermi, sul punto di scoppiare aridi di aria, l'oggetto dei loro desideri e della loro sopravvivenza, nonché anche la mia. Gli accontentai inspirando avidamente, ma continuai a immergermi sempre di più nella mia sofferenza, nella mia debolezza, nella mia angoscia; in quell'oblio senza fine, mentre il tempo sembrava passare lento come in una clessidra. Decisi di distendermi con la schiena contro il morbido materasso, lasciando il lenzuolo e le coperte a terra dal letto mentre osservai la poca luce che illuminava il soffitto, filtrando dalla finestra. Speravo tanto che il tempo scorresse in fretta, mi bastava anche solo arrivare alle 6:00, perché sapevo che ormai il sonno non mi avrebbe più accolto nel suo mondo, non in quello stato sconvolto in cui mi trovavo e io desideravo solo il sole in quel momento, volevo i suoi raggi rincuorarmi e riscaldarmi da quel freddo, quel gelo che si stava insediando nel mio cuore, e portare un po' di luce all'oblio più nero nella mia testa. Singhiozzai, tremando continuamente tra i pianti delle lacrime, con un groppo in gola che mi torturava prima di portarmi i palmi delle mani sugli occhi, coprendoli, intanto che sentivo il respiro mozzarsi, il cuore desistere per tutto ciò. Sentivo la forza vacillare, la determinazione venire meno e continuai a piangere, detestandomi per quello che avevo fatto, per quello che ero. Alla fine urlai, gridai come successe in quella notte tra la voglia di morire e la consapevolezza di non poterlo fare, perché loro credevano in me.



Alla fine nonostante il buio avesse resistito per molto e il tempo fosse rallentato, forse detestandomi anche lui, giunsero le 6:00. Lo capì dai lievi raggi che, oltrepassando dai fori delle tapparelle illuminavano la stanza fiocamente, e dall'orologio tecnologico nero che lampeggiava rosso le lettere di quei numeri, ed io mi alzai barcollante con ancora il terrore vivo e lampeggiante negli occhi. Mi sentivo uno straccio così mi diressi in bagno per una doccia veloce, con le braccia e le gambe molli che non sembravano nemmeno più in grado di reggere il mio stesso peso. Sentivo gli occhi rossi che mi prudevano per tutto quel pianto e i pomoni, come la gola, davvero stremati dalla mattinata che avevamo appena lasciato indietro. Entrai nella cabina dopo essermi levato di dosso i miei indumenti, con le mani che tremavano convulsamente quasi non permettendomi di compiere quel gesto comune e quello successivo che richiedeva solamente di sollevare la manopola del rubinetto. Venni investito di botto dall'acqua calda che immediatamente mi avvolse a sé come una coperta rassicurante e che mi aiutò a riprendermi, procurando tanto vapore intorno a me da sembrare di essere alle terme. Amavo questa sensazione di torpore, di respiro che mi dava, tranquillizzandomi dai cattivi pensieri, dalle paure e dalle preoccupazioni.

Mi cambiai come mio solito: in modo trasandato; dirigendomi affamato in cucina insieme al mio fidato e amato cappello che, nonostante tutto, riusciva a consolarmi. Prendendo il poco cibo che avevo "preso in prestito" l'altro giorno al negozio e che mi sarei dovuto ricordare di pagare entro quel giorno mi spaparanzai sul divano con il cibo tra le braccia e un pezzo di pane in bocca mugugnando piano, annoiato, e accesi la televisione al plasma con la colazione sul mio addome facendo un giro veloce di canali. Ma mi ritrovai smarrito tutto d'un tratto, così iniziai a pensare un secondo, stralunato da quella situazione e alzandomi col busto senza far cadere niente per fare mente locale: non ero al mio nascondiglio? Chi mi aveva portato a casa?, pensai e subito mi ricordai che con me, ieri, ci fosse Zoro.

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