Qualcosa di più.

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Ridacchiai, euforico per quel bacio. Anche se lui, avvolto nei suoi sogni, non ne era a conoscenza, e forse non lo avrebbe mai saputo. Però mi sentivo comunque fiero e pieno di gioia per averlo fatto, e tornai a respirare, e presi tutta l'aria che serviva ai miei polmoni in quel momento: persi anche loro in quel vortice di emozioni avevano smesso di fare il loro lavoro. Continuai a ridere, ignorando gli sguardi straniti e indignati della gente, mentre io mi sentivo così appagato. Iniziai anche a saltellare per la gioia, guardandomi attorno e ammirando il cielo; non mi sentivo così gioioso da davvero tanto, e non pensavo che bastasse così poco, un bacio, per tornare ad esserlo, come non pensavo di tutta questa fusione di sensazioni positive ed inspiegabili, era come se fossi pronto ad esplodere per far sentire a tutti quello che provavo, per far sentire a tutti che ero in pace; finalmente felice. Non ero solo, non ero solo; mi ripetevo sicuro. Avevo Zoro, Nami, Sanji e tutti gli altri simpatici amici con cui avevo fatto conoscenza. Dovevo ricordarmelo, dovevo. Dovevo perché altrimenti i ricordi amari di quell'incidente sarebbero tornati fino ad uccidermi.

Mi fermai che ormai ero nel portico di casa mia. Ripresi fiato, senza mai lasciare quel sorriso che, per quanto tirasse non faceva nemmeno male, forse anche per il fatto che fossi di gomma. Entrai senza indugi e mi catapultai sul divano a gambe incrociate, con l'affanno per tutta quella euforia che sembrò abbandonarmi appena compresi tutto quello che fosse realmente accaduto, che avevo fatto: avevo dato un bacio ad un ragazzo, e quel ragazzo era Zoro. Rimasi a fissare, in piedi, il soffitto con una malinconia innata che nacque dopo aver concretizzato il gesto fin troppo dolce che avevo dato, che non mi apparteneva, e rimasi così forse per minuti interminabili, a pensare ai sentimenti verso lo spadaccino, troppo fuori luogo per semplice affetto di amicizia, e a quello che poteva compromettere con il mio rapporto con lui; temendo di dover soffrire ancora, di dover patire ancora la solitudine, che mi avrebbe abbandonato dopo aver scoperto che volevo qualcosa di più, ma poi, a pensarci bene, nemmeno sapevo cosa significasse quel "più" che tanto agognavo tutto ad un tratto. Certo, se Zoro se ne andava mi rimanevano gli altri, ma sentivo che non potevo perdere lui, che era speciale più degli altri. Lui aveva fede in me, ma io meritavo tutta questa fiducia?, pensai per poi borbottare a voce alta in quella casa vuota, sentendomi così confuso e disorientato da tutti questi pensieri, mi faceva solo male rifletterci, mi faceva venire un gran mal di testa e poi, più pensavo di poterlo perdere, più tornava ad avvolgermi il mio alone di disperazione e depressione.

Sbuffai stizzito e chiusi gli occhi, buttandomi di botto e di spalle contro i cuscini del divano, cercando di ritrovare la felicità perduta che non sembrò rivolermi con sé. E invece mi tornarono in mente le parole del mio amico, mi caddero addosso come un fulmine a ciel sereno.

-Cercare di continuare a vivere il mio sogno anche per loro. Gli è lo devo.- ripetei piano, voltandomi con il capo a guardare intensamente il pavimento appena mi misi disteso a pancia in giù.

Strinsi i pugni, osservando il sole ancora in cielo oltre la finestra e decisi di alzarmi, recandomi in fretta, anche se con un po' di esitazione, in camera, deciso della mia idea anche se con il timore che le mie gambe potessero decidere di voler scappare da un momento all'altro. Arrivando a destinazione mi piombai difronte l'armadio, avvicinando la mano ai pomelli e, prendendo un grosso respiro, lo aprii con timore, quasi come se da un momento all'altro potesse attaccarmi o aizzarmisi contro. Guardai verso terra, dove si trovava la mia valigia, e con un grande sospiro mi chinai di colpo sulle ginocchia, rimbalzando un po' per poi aprire la cerniera con agognata lentezza, percorrendo tutta la sagoma della borsa con un movimento studiato nei piccoli dettagli, e forse stavo esagerando, però avevo così paura, così voglia di fuggire e non entrare più in quella camera se l'armadio mi avrebbe ancora mostrato quel borsone con le ante spalancate, odiandomi tanto perché sentivo di star commettendo un errore, uno dei più gravi. Però, alla fine l'aprii e studiai l'interno con un tuffo al cuore, strofinandomi gli occhi per impormi di non piangere, ma alla fine mi decisi e presi il costume azzurro, recandomi in bagno per mettermelo sotto i vestiti. Tornai indietro molto in fretta, e adocchiai nella valigia il borsellino dove tenevo i miei occhialini e chissà cos'altro che non ricordavo, visto da quanto l'avessi abbandonata, e non capivo nemmeno con quale forza fossi riuscito a portarmela dietro, forse più dicendomi che l'avrei abbandonata nel posto in cui tutto era cominciato. Così presi il borsone con tutto quello che conteneva, mettendoci dentro anche il telefono che segnava le 16:27, davvero presto, o forse tardi per ciò che stavo per fare, sempre se lo avrei fatto.

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