L'incubo di Bosco Atro

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POV ELRIS

[FLASHBACK, ANNO 343, SECONDA ERA, ESTREMO NORD DELLE MONTAGNE NEBBIOSE]

Dopo mesi, sembrava che finalmente l'inverno stesse giungendo al termine anche qui, all'estremo Nord della Terra di Mezzo. Le alte vette gelate, ricoperte da spessi strati di neve e ghiaccio, presto si sarebbero sciolte sotto i caldi raggi del primo sole, lasciando spazio al verde della primavera di ricoprirle per intero dando un nuovo aspetto al paesaggio. Una nuova vita, un nuovo inizio. Amavo l'inverno, anche se qui era rigido e insolitamente lungo, portava con se una strana pace e serenità che durante i mesi più caldi andavano mano a mano a svanire. Mi piaceva vivere quassù, mi piaceva la drastica variazione della natura tra una stagione e l'altra, mi piaceva la neve e il pallido sole invernale; il profumo dei fiori in primavera e il vento fresco della sera estiva. Ma la fine dell'inverno significava anche altro per me: presto mio padre sarebbe tornato a svolgere il suo dovere di Re viaggiando nella Terra di Mezzo. Negli ultimi anni avevamo goduto di una grande e prospera pace, anche se i consiglieri di mio padre continuavano a ripetere che fosse solo questione di tempo prima che succedesse qualcosa. Per me lui non era solo il Re del nostro popolo, era soprattutto un modello da seguire, un obbiettivo da raggiungere; eguagliare la sua grandezza. Spesso e volentieri, però, non venivo presa sul serio primo fra tutti da mio fratello maggiore Endacil. Diceva che una bambina di dieci anni come me non me capiva assolutamente nulla di guerra, strategie e armi e forse era vero dato che molto poche erano gli Elfi femmina che ricoprivano cariche di un certo rilievo nell'esercito. Io però volevo fare la differenza, volevo seguire le orme di mio padre fino alla grandezza. Sentivo di essere nata per questo. Passavo ore ed ore ad allenarmi con la spada di legno che mi aveva costruito mio nonno; durante i duri allenamenti immaginavo di prender parte a battaglie che sarebbero passate alla storia, fianco a fianco con mio padre, immaginavo di salvare e proteggere i popoli che abitavano la Terra di Mezzo senza distinzione tra le razze. Sognavo la pace e la conseguente permanenza a casa di mio padre anche in primavera. Vederlo partire era per me sia fonte di orgoglio che di paura; ero fiera del lavoro che svolgeva e che ci fosse bisogno di lui, ma d'altro canto il terrore di perderlo durante qualche missione era sempre presente. Così mi son ritrovata spesso sulla balconata della mia stanza, di notte, a guardare l'immenso firmamento e a pregare i Valar di proteggerlo permettendogli di tornare a casa. La primavera era sempre più alle porte e sembrava che proprio quest'anno avesse una certa fretta nel prender piede; le montagne che solitamente restavano innevate per settimane, si sciolsero in breve tempo e con il ghiaccio, man mano, se ne sarebbe andato via anche il Re. Sapevo che la sua partenza sarebbe stata a breve, c'erano troppi movimenti strani in giro e nonostante nessuno si accorgeva di me io mi accorgevo di tutto il resto. Durante una delle mie numerose fughe notturne nel giardino ai piedi della montagna, ascoltai senza volerlo una conversazione tra i miei genitori e il più fidato soldato dell'esercito di mio padre. Parlavano a bassa voce, come se avessero paura di essere ascoltati da orecchie indiscrete; sembrava quasi che dovessero nascondersi da qualcuno, pensai, notando il continuo guardarsi attorno di mia madre. Doveva essere una questione davvero delicata e importante se richiedeva tale segretezza. Nonostante tutto, mi ero avvicinata con attenzione cercando di non farmi né vedere, né sentire ed una volta che trovai un nascondiglio adatto tra i cespugli bassi mi misi ad ascoltare. Il braccio destro di mio padre, Bor, era convinto che il massiccio flusso migratorio dei Nani dall'Ered Luin a Moria avrebbe attirato sguardi indiscreti e che forze oscure stavano già iniziando a mobilitarsi nelle terre di Mordor. Mio padre Amdir mi raccontava spesso delle grandi battaglie, del Signore Oscuro Morgoth e del suo successore Sauron, anche se mia madre non era d'accordo. Mi affascinavano molto quelle storie nonostante comprendessi che per molti erano fonte di grande dolore. Mentre rimanevo seduta lì protetta dall'oscurità ad ascoltare, improvvisamente mi sentii estremamente triste e fragile quando mio padre pronunciò le fatidiche parole:

Keep Careful Watch of My SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora