Capitolo 14

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CRISTIAN

Sono passate quasi due settimane  da quanto Mirea è stata aggredita e ancora non si è svegliata. 

Ormai passo molto più tempo nella stanza d'attesa dell'ospedale che a casa mia o a scuola.

La sedia della sala d'aspetto è diventata il mio letto, anche se è scomoda e dormo veramente poco non mi muovo di qua, Mirea potrebbe svegliarsi in qualsiasi momento e quando lo farò io voglio essere accanto a lei.

Mi manca come quando il sole tramonta e la luna lo ammira per pochi secondi, poi per ricongiungersi devono attendere il giorno dopo.

I medici non mi danno molte notizie, solo che devo aspettare e pregare, ma cosa devo pregare? Io voglio solo si svegli, voglio vederla.

Sono stanco di aspettare, così mi alzo dalla sedia e mi dirigo dalla prima infermiera che vedo, sbatto i pugni sulla piccola scrivania e domando con tono fermo.

< Voglio vedere la mia ragazza, ORA!. >

< Il dottore ha espressamente vietato l'accesso, sia ai parenti, che amici, mi dispiace, ma non posso fare nulla per lei. >

< No lei non capisce, solo cinque minuti, la prego. >

L'infermiera sembra irremovibile, tantoché mi indica la sedia e mi invita a risedermi.

Sto giocando col telefono quando sento una porta aprirsi e richiudersi subito dopo e vedo uscire dalla camera di Mirea un dottore e mi viene un'idea, mi intrufolerò di nascondo nella sua camera, almeno potrò stare per una manciata di secondi assieme a lei.

Cercando di fare meno rumore possibile, mi alzo dalla sedia e senza dare nell'occhio mi dirigo alla porta della stanza di Mirea e appena ci arrivo davanti la apro con delicatezza. 

Appena entro in quella stanza un senso d'angoscia mi invade il corpo, dovrei essere contento di vederla, ma sapere che non può parlarmi ne tanto meno vedermi, mi fa male. 

Volto la sguardo e la vedo, completamente immobile, mi avvicino lentamente al letto, dove lei riposa da ormai due settimane, mi ripeto che sta solo dormendo, che in realtà si sveglierà presto, non è in coma. 

Prendo la piccola sedia che poggia affianco al suo letto, la giro e mi ci siedo. 

Non distacco lo sguardo neanche un secondo, spero, dentro di me, che quando meno me lo aspetto si svegli, mi salti addosso e mi dica quanto mi ama. 

Le prendo la mano facendo molto attenzione, ha i sondini nel naso e gli aghi della flebo nel braccio, accarezzo delicatamente la sua mano, è fredda, come se il sangue non le circolasse in corpo, l'istinto è quello di accoccolarmi affianco a lei per scaldarla, ma non posso farlo, potrei combinare un macello e peggiorare le cose, poi decido di parlarle.

< Ciao bambola, sai chi sono? Sono cri il tuo stupido migliore amico. Mi manchi tantissimo, devi svegliati, qui ti aspettiamo tutti, Nicole procede con la sua gravidanza e il bambino sta bene, Alex ancora non è partita, dice che vuole starti accanto, tua padre e Jack fanno i turni per venire qua, sai, il lavoro, e io? Non mi sono mai mosso da qua. >

Scoppio in lacrime, non riesco a parlare, vederla li, immobile davanti a me, mi fa male, forse è arrivato il momento di tirare fuori i coglioni e dirle cosa provo per lei.

< So che ti sembrerà assurdo, ma dopo che ti ho dato il primo bacio a casa tua, per istinto, mi sono innamorato di te, ecco perché ho lasciato Caren, non l'amavo come credevo, mi sono accorto che amo te. Svegliati, ti prego, ho bisogno di sentire la tua voce, mi manca terribilmente, c'é troppo silenzio nella mia vita, senza la tua risata, voglio baciare le tue dolci labbra, annusare il tuo dolce profumo e fare l'amore con te, fino a che, entrambi non saremo soddisfatti. Quello che sto cercando di dirti è che.. Ti amo, immensamente tanto, mi senti? Mi sono fottutamente innamorato di te. >

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