Nulla sarebbe cambiato

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Nulla sarebbe cambiato

Ero al ballo e stavo volteggiando. Incredibile, sì. Ballavo come se non avessi mai fatto nient’altro nella vita, come se fossi nata per fare la ballerina.

La musica era lenta, la pista libera. Tutti gli studenti erano raggruppati a cerchio intorno a me e il mio cavaliere. Mi sentivo così serena, fissandolo negli occhi, eppure sentivo che c’era qualcosa che non andava.

Perché Sheila mi stava guardando con aria furibonda? Perché Pam e Dalila erano basite? Perché Gabriel era sul bordo della pista, in mezzo a tutti quegli studenti, mentre mi osservava accanitamente? Gabriel doveva essere tra le mie braccia, con la sua mano intorno al mio fianco. Ma allora, con chi stavo ballando?

Feci un sospiro spensierato. Quegli occhi blu: c’erano soltanto quegli occhi blu. Erano così glaciali che mi stavano bruciando viva. Mi sentivo accaldata e non era perché eravamo al chiuso e ci stavamo muovendo. Era colpa di quegli occhi.

«Scusa, è il mio turno», disse Gabriel alle mie spalle, ma il ragazzo con cui ballavo non alzò nemmeno lo sguardo. Fissava me e sorrideva. Si allontanò dalla folla, trascinandomi dolcemente con sé. Gabriel strinse la mano che aveva teso in un pugno, digrignando qualcosa di incomprensibile tra i denti. Tornò accanto a Sheila ed incrociò le braccia, a mo’ di bambino arrabbiato. Ma non m’interessava. C’erano quegli occhi blu ad occupare la mia mente.

A un certo punto andammo a sbattere contro una persona e controvoglia mi voltai per dirne quattro al mal capitato. Spostando gli occhi dal ragazzo, mi sembrò di tornare a galla. Megan era davanti a me, vestita con un semplice paio di jeans ed una giacca con la cerniera abbassata. Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, vidi mia madre che si avvicinava alla tomba dei nonni. Eravamo al cimitero e si stava alzando il vento. Mi strinsi nel vestito blu notte che avevo comprato per andare al ballo e battei i denti per il freddo. Megan saltellò accanto a me, con l’innaffiatore di plastica tra le piccole manine paffute.

Kim, vai a prendere dell’acqua per i fiori?”, mi chiese mia madre. Appena la vidi, sentii un tuffo al cuore. Era bellissima, i miei stessi occhi verdi e i miei stessi lineamenti umani. Non risposi perché non riuscivo a trovare le parole e mia sorella mi saltò davanti.

Posso andare a prenderla io?”, chiese allegra come sempre. Hilda annuì e, subito dopo, comparve la mia fotocopia davanti a Megan. Vidi me stessa abbassarsi e darle un bacio.

Stai attenta però”, disse la mia immagine. Scossi la testa, rimanendo a fissarmi. La mia gemella era tornata accanto a mia madre e Megan stava già andando via.

«No», mormorai, «no, fermatela! Non lasciatela andare!». Mi buttai davanti a mia madre, cercando di prenderla per le spalle. La mia mano, come fumo bianco, le passò la spalla, afferrando l’aria. «Mamma fai qualcosa! Ferma Megan, mamma!». Ero quasi alle lacrime e dato che nessuna delle due riusciva a vedermi o sentirmi, mi fiondai sui passi di Megan.

Correvo ed ogni tanto il vestito si stracciava tra le spine delle rose delle alte tombe o strisciava sul fango umido. Mi graffiai tutte le gambe, ma continuavo ad avvicinarmi alla fontana. Strappai un lembo della gonna, per essere più comoda nella corsa. Quando arrivai, vidi Megan che stava prendendo l’acqua, perciò rallentai il passo. Il suo sorriso era così spontaneo e spensierato mentre canticchiava qualcosa che solo lei conosceva.

Da dietro un cespuglio, improvvisamente, sbucò un uomo piuttosto giovane, bellissimo e mai visto prima. Aveva i capelli biondo scuro, gli occhi penetranti: Victor. Non lo avevo mai visto bene il suo volto, solamente di sfuggita, ma non avrei mai dimenticato quel viso e quel ghigno infernale. Si avvicinò a Megan, che girò la testa per vedere chi fosse arrivato.

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