Sai recitare, Kim?

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Sai recitare Kim?

Non riuscivo a calmarmi lo stesso, nonostante sapessi che era tutta una farsa. Tutti avrebbero letto l’articolo il giorno dopo, quindi era come rendere ufficiale la nostra… relazione? Non ero sicura di poterla chiamare in quel modo.

Non che mi interessasse cosa pensava la gente di me, ma non mi piaceva nemmeno essere l’argomento sulla bocca di tutti. Non lo ero mai stato, perché ora tanto interesse verso la sottoscritta?

Guardai Gabriel, in silenzio. Forse era a causa sua: un ragazzo così popolare che passava del tempo con una evitata da tutti non doveva essere certo una notizia di tutti i giorni.

Tornammo alla mensa, dove avevamo lasciato i nostri vassoi prima di correre alla redazione del giornalino scolastico. Mi stupì di trovare ancora il nostro pranzo dove lo avevamo lasciato, senza che nessuno avesse tolto i nostri vassoi e preso il posto.

Come se non fosse successo nulla ripresi a mangiare, anche se il cibo ormai si era raffreddato Non mi andava di stare a digiuno, quindi feci poche storie e mi accontentai. Gabriel continuava a rubarmi le patatine dal piatto, ma non mi dava affatto fastidio. Il mio sguardò si fissò sull’inutile etichetta della bottiglia, mentre mangiavo un grissino ogni tanto e masticavo lentamente, con la mente altrove.

Immaginavo come avrebbero reagito i nostri compagni l’indomani, cosa avrebbero detto e come si sarebbero comportati con noi. Non che fosse cambiato molto rispetto a due o tre giorni prima, ma in qualche modo sentivo che quella piccola frivolezza avrebbe scosso un po’ le acque del liceo.

O forse ero solo io troppo paranoica e mi costruivo castelli di sabbia.

«Sei ancora arrabbiata?», domandò improvvisamente, facendomi tornare coi piedi per terra.

Sbuffai, senza alzare lo sguardo. «No, non sono arrabbiata», risposi con fare stanco. «Sono furiosa».

Si schiarì la voce e rimase in silenzio per qualche attimo. «Con me?», chiese infine, intimorito.

«No, con me stessa. A volte non riesco a controllarmi e ciò mi fa infuriare».

Riprese a mangiare a testa bassa. «Mi dispiace».

Sollevai subito lo sguardo su di lui. «Di cosa?».

«Di averti fatta arrabbiare», sospirò, stringendosi nelle spalle.

Gli sorrisi, per tranquillizzarlo. «Ma ti ho appena detto che non mi hai fatta arrabbiare tu. Anzi, dovrei ringraziarti dato che mi hai avvertito. Credo che se lo avessi scoperto domani da sola, leggendo il giornalino, sarebbe stato molto peggio. Avrei come minimo spaccato la testa a quel povero ragazzo», scherzai.

Finalmente anche lui si sciolse in un sorriso meno testo. «Già, come minimo».

Poggiai i gomiti sul tavolo, incrociando le dita e fissando Gabriel. «Penso di essere stata troppo dura con lui. Forse è meglio che vada a scusarmi per il mio comportamento poco garbato», ragionai ad alta voce.

Scosse la testa, continuando a ridere. «No, credo che anche io avrei reagito allo stesso modo».

Sollevai le sopracciglia e lo sfidai con lo sguardo, piegando leggermente la testa sul lato. «Bugiardo, non avresti mai risposto così». Non rispose e ciò mi divertì. Certo che non avrebbe mai risposto in quel modo, era troppo gentile per farlo. «Sono stata un po’ brutale, non è vero?».

«No, affatto», mentì spudoratamente. Rimasi immobile a fissarlo, fino a quando non mi avesse detto la verità. Lo leggevo nei suoi occhi che lo stava dicendo solo per farmi piacere. «Okay, un po’ lo sei stata», ammise infine, sbuffando e sviando lo sguardo da un’altra parte.

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