Ultima notte
Non sapevo bene se chiamare Sheila o no. Volevo dirle che avevo comprato il vestito che avevamo visto in quel negozio, anche se già lo sapeva. Papà me lo aveva pagato, felice come una Pasqua e sembrava un po’ più tranquillo mentre camminava tra le persone, all’aria aperta. Forse era un po’ troppo su di giri per la questione del ballo, perché sperava che io ci andassi anche per divertirmi e non solo per uccidere.
Per fortuna non aveva fatto commenti sullo spacco o sulla scollatura, molto più accentuata di quel che mi sembrava. Appena me lo aveva visto addosso, gli erano brillati gli occhi come ad un bambino in un negozio di giocattoli.
Mi lasciai cadere sul letto, col telefono accanto al cuscino. Magari l’avrei chiamata più tardi.
L’elastico mi faceva male alla testa, perciò sciolsi la coda e sistemai i capelli su tutta la coperta, attenta a non averne sotto la schiena. Per un momento fissai il soffitto, cercando di seguire una piccola crepatura beige scuro.
Chiusi gli occhi ed iniziai a pensare. Mancavano solamente due giorni alla fine di tutto. O all’inizio. A ogni modo non credevo nemmeno io di resistere tanto dopo aver ucciso Arthur: Victor sarebbe venuto sicuramente a vendicarsi e mi avrebbe dissanguata molto velocemente. Speravo almeno avesse avuto la clemenza di risparmiare Gabriel. Lui non c’entrava in questa storia, era stato solo per un mio capriccio se ora sapeva tutto. Ma alla fine lo avrebbe scoperto comunque quindi, in fin dei conti, non era completamente colpa mia.
L’unico rumore che si sentiva era quello della pioggia che sbatteva contro la mia finestra. Mio padre era di nuovo in laboratorio e non si sentiva niente. In quel momento di pace cercai di rilassarmi per godermi gli ultimi giorni della mia vita, quando improvvisamente squillò il telefono. Balzai a causa della vibrazione e della suoneria attaccata all’orecchio. Mi massaggiai per un secondo le tempie e risposi, senza guardare nemmeno il numero.
«Pronto?», mugugnai addormentata.
«Kim? Sono Sheila», disse dall’altra parte della cornetta.
«Ciao Sheila», dissi sorpresa, «sai, volevo chiamarti».
«Davvero?», chiese col mio stesso tono.
«Sì. Volevo dirti che alla fine ho comprato quel vestito...».
«È fantastico Kim! Brava, brava! Quanto hai speso?».
«Non lo so, me l’ha comprato mio padre. L’ho solo provato e pagato, non ha nemmeno guardato il prezzo. Era fin troppo felice», ridacchiai tornando con un tono pacato.
«Voglio crederci cavolo, non esci mai tu! Per poi andare ad un ballo! Penso che tuo padre tutto subito abbia detto “questa non è mia figlia, dov’è scappata la mia Kim?”», disse ancora entusiasta della notizia e imitando la voce di mio padre. Mi lasciai coinvolgere dalla sua risata serena, spensierata.
«Già...», mugugnai. Ci fu una pausa, fin troppo lunga per essere da Sheila.
«Oggi Gabriel mi aveva chiesto del tuo vestito, ma non ho detto niente. Mi era solo scappato che era blu, niente di più. Era incredibilmente curioso», disse.
«Maledizione!», esclamai improvvisamente, «devo assolutamente nascondere il vestito o Gabriel lo vedrà!».
Silenzio totale, di tomba. «Come lo vedrà? Viene da te dopo?», chiese come se fosse stata una notizia esilarante. Pensai all’articolo e al giornalino della scuola, per poi strizzare gli occhi, maledirmi mentalmente e sbattermi la mano sulla fronte. Cercai di essere diplomatica.
«Mi deve portare una relazione di biologia, niente di che. Non si sa mai, meglio nasconderlo».
«Sì hai ragione», rispose. Tirai un sospiro di sollievo, sperando che l’avesse bevuta. «Comunque ti avevo telefonato per dirti una cosa».
«Dimmi», risposi sistemandomi comoda sul materasso. Casualmente, i miei occhi caddero sulla foto di mia madre, ancora poggiata sulla scrivania. Una morsa di ferro mi serrò lo stomaco.
Sentii una piccola risata. «Ho parlato con Gabriel oggi pomeriggio, dopo scuola».
M’irrigidii, concentrandomi sulla sua voce. «Dove?».
«Stava passando davanti casa mia, finito l’allenamento. Abbiamo parlato di alcune cose...», e fece una pausa. Cercai di rimanere il più tranquilla possibile mentre si divertiva da morire a stuzzicarmi.
«Di che genere?».
«Ti do solo un consiglio: sii più aperta con lui, sembra stia soffrendo molto».
Aggrottai la fronte, anche se non poteva vedermi. «Scusa Sheila, ma non riesco a seguirti».
«Non è sicuro dei tuoi sentimenti verso di lui, crede che questa storia non durerà ancora per molto. A me sembrate perfetti insieme, non voglio che vi lasciate e non voglio vedere Gabriel soffrire. È un bravo ragazzo, ci tiene davvero a te».
«Oh», mi lasciai scappare. Per un momento pensai si trattasse di uno scherzo. Poi mi venne in mente la finta che dovevamo mettere in scena: l’essere fidanzati. Ma se doveva durare fino a venerdì sera, perché mai Gabriel aveva detto a Sheila che forse era già finita? Probabilmente intendeva dire che, essendo una recita, dopo sabato avremmo smesso di vederci. Mi sentii male. «Che ti ha detto esattamente?», chiesi.
«Beh alla fine ho parlato più io che lui». Che novità, pensai. «Davvero, sembrava piuttosto giù di morale. Camminava sotto la pioggia come se stesse andando al patibolo, invece che a casa. Lui è innamorato di te Kim, innamorato perso».
Soffocai una risata. Non volevo perdere tempo a darle spiegazioni che non avrebbe capito. Mi limitai a non rispondere subito. «Lo so», mentii, «ma sai come sono fatta. Non ci riesco ad essere aperta con le persone. Potrebbe rimanere deluso da me e quindi sì che mi lascerebbe e durerebbe per poco tempo», dissi con tono leggermente più isterico. Nella menzogna, avevo detto la verità. Sheila non rispose subito.
«Credimi, non ti lascerebbe. Lui vuole solo conoscerti meglio, vuole farti stare bene», disse con voce più incalzante. Sapevo benissimo che Sheila aveva un sesto senso in queste cose. Peccato che quel potere non poteva farle capire che stavamo solo recitando.
«Lo so che vuole farmi stare bene, io ho il bisogno di star bene. Ma non ci riesco, non riesco ad aprirmi», risposi, «vuole capirmi per proteggermi, lo so perfettamente».
«E perché non vuoi lasciarglielo fare?». Mi sedetti sul bordo del letto, incrociando le gambe.
«Io non...». Non riuscii più a parlare, o avrei gridato. Sheila capì bene in quel momento che cosa intendessi dire quando insistevo sul fatto che non riuscivo ad aprirmi: ne aveva appena avuto prova.
Non era vero che non volevo lasciarmi proteggere da Gabriel. Anzi, fosse stato per me avrei davvero voluto essere la sua ragazza, avrei voluto davvero che lui fosse innamorato di me. Mi ero resa conto di tutto ciò nello stesso momento in cui lo pensai. Ma non era così, per questo cercavo di tenermi tutto il rancore dentro e soffrire in silenzio. Ero abituata a farlo, perché non continuare?
Mi ero convinta per diciott’anni che non avevo bisogno di nessuno, specialmente di un ragazzo: un bastone tra le ruote. Questo tipo di vita lo avevo stabilito prendendo delle decisioni e facendo certe scelte. Sapevo benissimo a cosa sarei andata incontro.
Ma da quando Gabriel si era intromesso, non riuscivo più a credere di essere così forte da vivere da sola. Anche i più duri avrebbero avuto bisogno di qualcuno, prima o poi. Per esempio mamma: non era sola, aveva me e papà, era felice della sua vita. Ero sicura che non avrei mai potuto averne una simile.
Mi strinsi nelle spalle. «Non mi va di parlare di me, sai che non mi piace», sbuffai infine.
«Sì lo so, lo so...», rispose sbuffando a sua volta. Nessuna delle due disse niente.
«Dai, cerca di distrarmi», borbottai. Sheila era una campionessa nel toglierti la concentrazione da qualsiasi cosa: la sua parlantina era così stressante che rintontiva.
«Okay. Allora... Non hai idea di quanto mi manchi Arthur!», esclamò. Soffocai un ringhio d’irritazione. Pessima idea la mia, pessima. Altro che distrarmi, mi faceva preoccupare sempre di più. E io non ero abituata a preoccuparmi.
«Sì, ti capisco», risposi con voce distaccata, quasi maleducata.
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Ice Heart
Vampiros"E se le tue difese crollassero a pezzi?" Kimberly Drake, londinese di diciotto anni, ha perso sua madre e ora anche la sua unica amica è in pericolo. Dovrà misurarsi contro l'ultimo figlio del primo vampiro ad essere stato creato, Victor. Ma nel su...