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Quel compleanno fu il compleanno più bello di tutta la mia vita e anche l'ultimo con tutti quelli che amo.
Tornati all'istituto sorridenti scoprimmo che c'era stato un attacco da parte di alcuni seelie, che erano riusciti ad eludere le misure di sicurezza.
Erano stati tutti uccisi tranne uno.
Un bambino.
Un piccolo bimbo di fata, con le orecchie a punta e gli occhi di un verde fosforescente.
Poteva avere 5 o 6 anni e si dimenava sulla sedia nella quale l'avevano legato, troppo stretto.
"È solo un bambino!"urlai con rabbia verso le due guardie che stavano ai lati della cella nella quale l'avevano rinchiuso.
Non appena mi vide urlò:"BIANCA"e ripeté il mio nome per tante volte, fino a che non mi fecero entrare nella cella.
"BIANCA, LUI MI UCCIDERÀ"non appena disse così notai quella corona di capillari intorno all'ormai conosciuto foro di puntura, ingrandirsi.
"Aiutami"mormorò sconfitto il bambino.
Mi avvicinai a lui e feci qualcosa d'istinto, senza nemmeno pensarci, senza preoccuparmi di niente, come se fosse automatico e come se fossi destinata a questo.
Mossi le mani con gesti sinuosi ed eleganti e una luce più chiara del solito scaturì da esse.
Una luce bianca come le piume di un'angelo, un bianco non abbagliante, ma pur sempre bianco, quindi un tipo di magia mai visto.
Quel raggio di luce andava verso la ferita del bambino, che sembrava piano piano sparire, insieme al marchio accanto ad essa.
Il piccolo seelie mi guardò spaesato.
"CE L'HAI FATTA, TU SEI LA CHIAVE"disse poi dimenandosi ancora sulla sedia.
Lo slegai e lui urlò ancora:"NON FARTI PRENDERE BIANCA, TU SEI LA CHIAVE".
Io stessa ero confusa e non sapevo che cosa avevo fatto e come, ma entrarono due guardie che mi ammanettarono stretta e mi dissero:"Stronza, sei sempre stata in mezzo come se fossi una di noi, sporca nascosta".
I ricordi riaffioravano e mi sembrava di vivere un dejà- vu.
Le guardie mi portarono via dalla cella, mentre il bambino urlava di non toccarmi.
Incuriositi da tutti quei rumori, gli shadowhunters si erano riuniti nella sala principale, da dove venivo trascinata.
"NO NON TOCCATEMI, LASCIATEMI ANDARE VI PREGO"urlavo disperata, un'altra lacrima solitaria che scendeva sulla mia guancia.
Un'altra delle mie più grandi paure si stava avverando.
"Cosa state facendo!"disse Alec, mettendosi davanti alle guardie, impedendo loro di passare.
"Questo essere ci ha manipolato finora, spostati, la dobbiamo interrogare".
"Sappiamo tutti benissimo che cosa vuol dire interrogare e voi non lo farete"disse Isabelle.
"Vi prego lasciatemi"dissi disperata.
I miei amici sapevano che non piangevo mai e che quindi dovevo essere realmente terrorizzata.
"Non capite, giovani Lightwood, questa cosa si è introdotta nell'Istituto ed è diventata vostra amica e la vostra amante"guardò Alec"ma non è quello che sembra, non so come ma ha potuto sopportare le rune, però adesso ha curato quel nascosto che ha partecipato all'attacco di oggi"
"Lei non è la mia amante, e tutto ciò che ha fatto è salvare il salvabile, aiutando qualcuno che non c'entrava nulla in tutto questo.
I seelie hanno attaccato l'Istituto sotto ordine di qualcuno e noi dobbiamo distruggere quel qualcuno, non degli innocenti."
Le guardie non lo ascoltarono e mi tirarono verso le celle per nephilim.
Mi fecero sedere e mi legarono ad una sedia.
"Ci divertiremo" disse uno, leccandosi le labbra.
Lo guardai con disgusto.
Poi sentii qualcuno entrare nella cella e dire a uno dei miei torturatori che i 3 shadowhunters scomparsi erano tornati.

"CHI SONO I TUOI GENITORI"ripeté l'uomo per la millesima volta, dopo la mia risposta"io non ho genitori".
Probabilmente è da tutto il pomeriggio, sera e so che tra poco saremmo arrivati alla mattina del giorno dopo, che stavo lì, disperata, con una runa dell'agonia sul polso che risvegliava i miei peggiori ricordi, che non appena finiti, dopo aver aperto gli occhi, mi lasciavano in un altro incubo.
Continuavano a farmi domande su domande e io facevo solo risposte vaghe, per non mettere nei guai nessuno, anche se così inguaiavo me stessa.
Ad un certo punto uno degli uomini mi mise le mani sulle spalle e stava scendendo.
"Levami le mani di dosso"dissi con voce ferma, in realtà trattenevo le lacrime e mi chiedevo"perché deve capitare a me? Non posso essere felice per almeno un poco?".

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