Capitolo 4 - IL RIFLESSO

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Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello di Hogwarts si svegliò sotto una pesante coltre di neve. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e Ginevra e i gemelli Weasley stavano per essere puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Raptor dovunque andasse, rimbalzando sul retro del suo - stupido - turbante. 

- Ma come vi è venuto in mente? - tuonò la professoressa McGranitt mentre li scortava dal preside. - Prendervi gioco di un'insegnante! È inaudito!
Quella non era la prima ramanzina che i tre ricevevano dalla vicepreside. Dopo i fatti accaduti la notte di Halloween, Ginevra venne soprannominata "la principessa delle serpi" ma a lei non piaceva che gli altri la chiamassero in quel modo, le dava una sensazione sgradevole. Preferiva distrarsi facendo scherzi insieme ai gemelli, come quando erano piccoli.
Quella mattina stavano facendo una battaglia a palle di neve e quando i loro sguardi guizzarono verso il professore di Difesa contro le Arti Oscure decisero che l'occasione era troppo ghiotta per farsela scappare.
E ora erano lì, ad ascoltare l'ennesimo rimprovero della McGranitt, che aveva deciso di farli punire dal preside stesso. - Visto che le mie punizioni non servono a niente - mormorò tra sé e sé.
A questo proposito, Ginevra era un po' agitata. Non era mai stata nell'ufficio del preside e man mano che si avvicinavano si chiedeva cosa dovesse aspettarsi una volta lì. Fred e George erano il ritratto della spensieratezza e dell'indifferenza, per loro era una normale routine e la cosa non la stupì affatto.
Dopo aver camminato lungo il corridoio si fermarono davanti a un orribile e immenso gargoyle di pietra.
- Cioccorane! - disse la McGranitt e tutt'a un tratto il gargoyle prese vita e fece un balzo di lato, mentre la parete dietro di esso si apriva. Anche se forse erano nei guai, Ginevra non riuscì a trattenere lo stupore. Dietro la parete c'era una scala a chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto. I tre vi salirono insieme alla McGranitt e a quel punto la parete si richiuse alle loro spalle con un tonfo.
Salirono fino ad arrivare a una porta di quercia lucente.
Una volta giunti in cima scesero dalla scala mobile di pietra. La professoressa McGranitt bussò alla porta che si aprì senza far rumore.
Entrarono e Ginevra si guardò attorno, curiosa.
Era una stanza circolare, grande e bella, piena di rumori strani. Su alcuni tavoli dalle gambe lunghe e sottili erano posati molti curiosi strumenti d'argento avvolti in nuvolette di fumo. Le pareti erano ricoperte di ritratti di vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C'era anche un'enorme scrivania con i piedini a zampa di leone, dove aldilà di essa era seduto il preside, che rivolse ai tre ragazzi un sorriso bonario.
Ginevra vide che alle spalle di Silente, su uno scaffale, era poggiato il Cappello Parlante. La sua mente iniziò a vagare mentre i suoi occhi scrutavano il vecchio cappello con una strana sensazione di incertezza.
Si chiedeva se il cappello l'avesse smistata nella Casa giusta quando un suono melodioso le fece voltare il capo verso un uccello vermiglio delle dimensioni di un cigno, appollaiato su un trespolo d'oro. Una volta aveva letto qualcosa riguardo alle fenici ma non ne aveva mai vista una, se non nelle illustrazioni dei libri. Rimase letteralmente catturata dalla sua bellezza, tanto che riuscì a dimenticare di non essere sola nella stanza.
- Ah, Fanny è un bel esemplare - disse Silente, notando l'interesse della Serpeverde. - Non trova, signorina Black?
Ginevra distolse l'attenzione dalla fenice e annuì, imbarazzata.
Silente le sorrise affabile e dopo aver indugiato lo sguardo su di lei, si rivolse alla McGranitt.
- Mi dica, professoressa, cosa hanno combinato questi giovani ragazzi?
- Hanno stregato delle palle di neve facendo si che rincorressero il professor Raptor - rispose fulminandoli uno ad uno.
Quando Ginevra vide il preside ridacchiare ne rimase un po' confusa.
- Ah, lei lo trova divertente? - si infervorò la McGranitt.
- Perché non dovrei, professoressa? Non mi dica che lei non lo ha trovato divertente! - la provocò Silente e lei arrossì.
- Questi studenti devono essere puniti e non elogiati per la loro bravata, signor Preside!
Silente sospirò affranto e rivolse ai tre studenti un sorriso triste. Poi i suoi occhi azzurri si illuminarono.
- E sia. Aiuterete il guardiacaccia Hagrid con i preparativi della Sala Grande! - decretò con un sorriso scaltro e soddisfatto.
La McGranitt, invece, strabuzzò gli occhi. - E questa sarebbe una punizione?
- Se avessero fatto qualcosa di molto grave allora li avrei puniti diversamente, Minerva. Ma date le circostanze... Insomma, dopotutto è stato uno scherzo innocente, dico bene? - Silente si rivolse ai tre ragazzi che annuirono e sorrisero riconoscenti.

Subito dopo aver lasciato l'ufficio del preside, i tre ragazzi si recarono verso l'abitazione del guardiacaccia. Hagrid viveva in una casetta di legno al limitare della Foresta Proibita.
George bussò alla porta, all'interno si udirono una serie di latrati sempre più forti. Poi risuonò la voce di Hagrid che diceva: - Giù, Thor... Sta' giù!
Li fece entrare, cercando di trattenere per il collare un enorme danese nero.
Quando li vide ne rimase un po' sorpreso, perché i due Weasley non lo andavano a trovare da tempo. Fred gli spiegò che Silente aveva chiesto loro di aiutarlo con i preparativi, omettendo il fatto che fosse una punizione, e Hagrid sorrise contento.
- Fate come se foste a casa vostra - disse lasciando andare il suo cane che si avventò dritto su Ginevra, buttandola a terra e iniziando a leccarle la faccia.
- Thor! - lo rimproverò Hagrid. - Sta' giù!
- Va bene, cucciolone. Sì, ok... Invece di ridere datemi una mano! - esclamò Ginevra ridendo, chiedendo aiuto a Fred e George che intanto si facevano quattro risate.
Hagrid fu costretto a prendere Thor in braccio, lei fu libera e con la faccia ricoperta di bava.
I gemelli ridevano ancora e Ginevra assestò ad ognuno una gomitata nelle costole venendo poi contagiata dalle risate.
- Lei è Ginevra Black - disse George mentre Hagrid versava dell'acqua bollente in una grande teiera e disponeva alcuni biscotti su un piatto.
- Black? Oh, conoscevo tuo padre. Un tipo davvero divertente, poi... - si interruppe e Ginevra prese uno strano colorito in volto. - Non preoccuparti. Non ho nessun pregiudizio. Figuriamoci! Prego, servitevi.
I ragazzi presero un biscotto a testa e i gemelli fecero finta di addentarli.
All'inizio Ginevra non capì il perché del loro gesto, ma dopo averne addentato uno finse anche lei di gradire moltissimo. Erano così duri che per poco non le si spezzarono i denti.
- Come sta vostro fratello Charlie? - chiese Hagrid ai gemelli.
- È in Romania con il suo grande amore - disse Fred sbattendo le ciglia e parlando in falsetto.
- Oh, si. Dev'essere bello stare con i draghi - sospirò Hagrid. - Andrete da lui per Natale?
- Solo i nostri genitori e nostra sorella.
- E non dimentichiamoci i genitori della sposa! - ridacchiò George.
- E dai! - lo spintonò Ginevra, ridendo. - Non dovreste prenderli in giro.
Hagrid aggrottò la fronte, confuso.
- Mia cugina è fidanzata con Charlie e vive in Romania con lui - spiegò la ragazza. - E adesso sono tutti convinti che si sposeranno a breve.
- Nostra madre e la signora Tonks hanno paura che si sposino di nascosto - rise George seguito dall'amica che ripensò a quell'estate in cui le due donne complottavano il modo migliore per far "visita" ai loro figli.

Natale era arrivato accompagnato dal freddo e dal gelo. Quella mattina, dopo aver fatto una rilassante doccia, Ginevra indossò un paio di jeans e il classico maglione fatto a mano che Molly Weasley le regalava ogni anno: era azzurro con una grossa G bianca.
Dubitando di trovare i suoi amici grifoni nella Sala Grande alle sette del mattino, decise di fare un giro per i corridoi.
I primi di dicembre aveva trovato un'aula abbandonata dove, da qualche tempo, passava delle ore al suo interno. Quando varcò la soglia rivide l'oggetto che la spingeva a tornare fin dal primo giorno in cui lo vide.
Era uno specchio meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. Sulla sommità c'era un'iscrizione che all'inizio credeva fosse scritto in una lingua antica, ma che poco dopo intuì fosse una scrittura speculare e una volta decifrata capì il senso della frase: mostro non il tuo viso ma le tue brame.
Quando abbassò lo sguardo verso il suo riflesso vide un uomo dai capelli neri che le sorrideva. Ginevra allungò la mano per toccarlo ma l'unica cosa che le sue dita incontrarono fu una fredda lastra di vetro. E come la prima volta che lo vide iniziò a piangere.
- Papà... - mormorò tra un singhiozzo e l'altro.
L'uomo nello specchio sembrava volerla confortare, stringere tra le sue braccia, ma era impossibile. 'Lui non è realmente qui' si ripeteva la ragazza. Si era detta di non tornare più in quella stanza almeno cento volte e non si era mai data ascolto.
- Anche tu qui, Ginevra?
La ragazza si voltò di scatto, spaventata. Dietro di lei c'era Albus Silente. - È da un po' di tempo che gironzoli da queste parti.
Ginevra si sentì un groppo alla gola che le impediva di parlare.
- Dovresti ormai aver capito che questo Specchio non ci dà né la conoscenza né la verità - disse Silente con dolcezza. - So che ti manca tuo padre ma lui non vorrebbe che tu ti rifugiassi qui, inseguendo un'illusione.
- Ha ragione, professore. Ma sarà difficile non tornare.
- Avevo già intenzione di spostarlo prima che tu lo trovassi - disse Silente guardando il suo riflesso. - Ti chiedo di non cercarlo mai più.
Ginevra annuì.
- La ringrazio, professore. Buon Natale.
- Oh, buon Natale anche a te, Ginevra. E buon compleanno - la ragazza lo guardò stupita per poi sorridere e ringraziarlo.
Quando Silente rimase finalmente solo nella stanza, guardò quello che lo specchio davanti a lui gli mostrava e si chiese se stesse facendo la cosa giusta.

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