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Prime luci dell'alba a Roma e io ancora su quella panchina dormiente vengo svegliato da questa fastidiosa luce. Alzo confuso lo sguardo al cielo e inizio a guardarmi attorno, a fianco a me c’è tutto un altro mondo che forse per stanchezza, o meglio per pigrizia, non avevo visto la sera prima.
Sento odore di marcio, piscio e pattume, d'un tratto vengo nauseato da una scena atroce ai miei occhi, un gruppo senzatetto che aveva dormito in stazione stava levando le tende allontanandosi da quel posto, pronti a affrontare una dura giornata sotto il sole cocente della capitale.

 Il mio cuore rimase scosso a pensare che a pochi metri da me, ci fosse chi davvero non avesse più niente, ma che ancora facesse di tutto per tirare avanti a vivere, pensai che io forse al posto loro avrei mollato la vita, finendo sotto al primo treno anziché sopra.
Continuai a girarmi attorno e a vedere questo raccapricciante scenario a fianco a me, li guardai a lungo e loro guardarono me.
In un primo momento ero quasi schifato da tanta sporcizia, ma ben preso notando tra loro una signora probabilmente meno anziana di quel che sembrava con a fianco dei bambini, nel mio cuore si accese una fiamma ardente di empatia e compassione.
Avevo dormito in stazione come loro,ma a me dalla vita non mancava nulla, anzi fino a pochi mesi prima avevo tutto e per la prima volta nella vita mi ero sentito davvero soddisfatto.
Iniziai a chiedermi  se davvero avesse avuto senso questo mio viaggio, se davvero avesse avuto senso ridurmi a dormire in stazione alla ricerca di qualcosa che neanche ero convinto che davvero ci fosse.

Continuavo a pormi domande quando uno di loro con un povero cane zoppo mi si avvicinò tremante.
I due, padrone e animale, avevano dormito sopra un cartone sporco a neanche tre metri dalla panchina in cui mi trovavo potevo ancora notare la bottiglia di birra rotta appoggiata per terra sul cartone ai piedi di una grossa colonna.
Mi si avvicinò tremante con quella giacca di pelle macchiata, la camicia sporca e l'alito ancora odoroso di birra, io spaventato mi chiesi che volesse, quando lui indicò tremante il pezzo di panino che mi era rimasto in mano dalla notte prima, senza esitare troppo glielo diedi e lo lasciai mangiare seduto a fianco a me nella stessa panchina.
Finito voracemente il panino con appena tre morsi, mi ringrazio facendo per appoggiarmi una mano sulla spalla,dentro di me ero schifato, non avevo mai sopportato gli elemosinanti o i senzatetto, li avevo sempre considerati elementi della specie che non si sapevano adattare alla società.

Ripensai a un episodio accaduto quasi otto anni prima quando di anni ne avevo ancora sedici e ero preso dalla boria e dalla goliardia di quell'età.
Mi trovavo su un autobus a fine estate, non ricordo neppure precisamente dove stessi andando, ricordo solo il caldo e il nauseante odore di un barbone salito forse abusivamente su quel bus e lo spregio con cui tutti lo stavano guardando.
Costui era un uomo abbastanza anziano ,molto sporco e gobbo,probabilmente era ubriaco e gridava insulti in maniera frenetica agli altri passeggeri, aveva una grossa macchia al centro dei pantaloni segno che probabilmente si era pure pisciato addosso, il che era molto probabile a giudicare dall’odore che emanava, costui continuò poi a imprecare contro il mondo, il governo e Dio, inoltre pretese che qualcuno gli cedesse inorridito il posto.
Una volta seduto fece cadere la goccia che fece traboccare il vaso si levò le scarpe facendo salire un fetore immondo in quel mezzo pubblico, noi per fortuna stavamo per scendere, quando d'un tratto,uno tra noi preso da un momento di goliardia gli gridò una frase come  “Fatti un bel bagno con la benzina e datti fuoco!”
Era incredibile come presi dalla foga del momento ci sentivamo grandi a aver attaccato con tanta crudeltà una persona visibilmente disperata e sfregiata dalla vita, o come qualcuno tra gli altri passeggeri scoppiò a ridere come segno di approvazione senza rendersi conto della gravità delle nostre parole, ripensai a quella scena con profondo disprezzo,ma verso me stesso questa volta, mentre la voce di quest altro barbone mi fece tornare al presente.

“Tutto bene?” Mi chiese quasi timoroso lui.
“Si diciamo…” Risposi un po’ impacciato io
“comunque, - Disse strofinandosi una lozza mano coperta da un paio di guanti rotti sulla folta barba - Grazie ancora per il panino”.
“Figurati, l'ho fatto volentieri.” Gli feci sorridendo io.
Lui allungo a me una mano presentandosi “Comunque piacere Giuseppe,come ti chiami?”
“Francesco” Risposi scostandomi nel tentativo di evitare il contatto fisico.
“Sei così giovane ragazzo,che fai qui in stazione di prima mattina, non è posto sicuro per chi non è di casa come me .”
“Sto compiendo un viaggio cercando ispirazione per il libro che ho sempre sognato di scrivere - Risposi e poi girandomi verso lui- Tu, invece, come sei finito qui?”

“come avrai capito la vita non è stata un'amante gentile con me, si è comportata più come troia capace di fottermi in ogni modo!”
“da quanto tempo vivi così?”
“Sono ormai sette maledetti anni che la mia vita ha iniziato a degenerare”
  Pensai che quell'uomo per quanto reso rozzo nei modi dalla situazione che stesse vivendo, si esprimeva fin troppo bene e in maniera molto efficace per essere un qualunque senzatetto,quindi preso da un'ondata di coraggio e di curiosità, gli chiesi: “E prima chi eri?”
“Beh- fece lui alzando gli occhi al primo cielo mattutino - prima ero un uomo modesto e felice, avevo persino una famiglia, anche se dubito che loro si ricordino di me -  Continuò con una lacrima sugli occhi - Quando persi il lavoro, iniziai a sentirmi inutile,a bere,e nulla riusciva più a scuotere il mio corpo da quel divano,poi un giorno al bar conobbi il mio demone peggiore il gioco,nella mia testa pensai che forse una sola piccola e insignificante giocata avrebbe potuto sistemare la mia vita e farmi riavere la fiducia e il rispetto di mia moglie e un giorno di mia figlia ancora piccola... Non fu così nel giro di tre mesi persi ogni soldo e fui sbattuto fuori casa dai miei stessi cari .”
“Deve essere stato molto difficile per te adattarti a questo stile di vita così diverso da quello a cui eri abituato.”
“Neanche troppo, è stato molto peggio perdere loro, un solo anno dopo mio padre per giunta. - Fece lui tirando fuori da un vecchio borsellino ormai distrutto e usurato un ancor peggio ridotto portafogli in cuoio con dentro solamente poche fototessere- perderle è stato il dolore più grande a cui ancora non mi sono riuscito a abituare, per me è solo il dolore per aver perso qualcuno di caro che porta l'uomo a vagabondare, certo non tutti come barboni come me e ognuno a modo suo,ma dentro tutti coloro che soffrono vivono come naufraghi .”
Mi sentii come scosso da queste parole un brivido mi pervase la schiena fino a raggiungere il cervello, lasciandomi quasi impietrito, proprio quello era lo stato d'animo che da tempo cercavo di descrivere nel mio racconto, lui vedendomi scosso mi disse: “ti senti così anche tu non è vero? Per quanto tu abbia due occhi grandi da sognatore, li vedo come affievoliti, non perdere mai i tuoi sogni ragazzo e se scrivere è ciò che davvero vuoi fare viaggia pure, ma sappi che non ti servirà viaggiare il mondo per ritrovare te stesso. - Fece accarezzandosi la barba- Questa è una città magica, non a caso è la capitale, se hai qualcuno da cui stare, per il momento ti consiglio di rimanere qui a cercare l'ispirazione per il tuo romanzo .”
  Mi ritrovai molto nei suoi consigli, lo ringraziai, appoggiandogli io una mano sulla spalla, fregandomene di quanto fosse sporca quella giacca e me ne andai trascinando quella valigia che improvvisamente mi sembrava più leggera della sera prima.

 Uscito dalla stazione, alzai la testa verso il cielo e gettai uno sguardo il sole, con occhi nuovamente pieni di viva speranza.
Dopo quell'incontro, dentro mi sentivo diverso e ero consapevole che il mio viaggio era appena iniziato.

Io Forse PartiròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora