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“Il treno intercity diretto a Roma Termini è in arrivo a Civitavecchia al binario 2, allontanarsi dalla linea gialla” ebbi come un sussulto, di scatto mi svegliai con quella fastidiosissima voce femminile e metallica che mi risuonava nelle orecchie.
Ed ecco svanire nel nulla l'immagine di Bianca, e quel meraviglioso prato verde tornare il realistico vagone del treno, davanti a me al suo posto, solo un sedile vuoto, la prossima fermata sarebbe stata la mia.
 Un mio vecchio amico che si era trasferito a Roma per frequentare gli studi universitari mi avrebbe ospitato per qualche giorno, non si era posto troppe domande su cosa sarei andato a fare giù in città, io dal mio canto non gli diedi troppe spiegazioni al telefono, anzi sembrava entusiasta all'idea di vedermi e anch'io pensai che un volto amico mi avrebbe fatto bene in un momento così.

 Di colpo pensai a un episodio che mi era successo con una donna qualche settimana prima in treno, in un vagone fin troppo simile a quello in cui avevo appena dormito.
 Si chiamava Chiara, ed era una donna molto più grande di me, il che risultava insolito per me che avevo sempre avuto relazioni con ragazze più piccole.
stavo leggendo un libro quando d'un tratto iniziò a guardarmi, in un primo momento non ci feci troppo caso continuai la lettura quando all'improvviso lei ruppe il silenzio.
“Ti sta piacendo quel libro?” Chiese lei.
“È un buon saggio critico.” Risposi io.
Lei continuò: “e come mai ti diletti in certe letture?”
“mi sta dando una grossa mano con l’università.”
“Tu sai chi ha scritto quel libro?”
“Certamente!”
“Bene sappi che quell'uomo è mio marito,o meglio era...stiamo affrontando un divorzio”
“come mai se posso permettermi?”
“Mi ha tradita con la sua tirocinante all'università”
“mi spiace tanto."
“Non devi spiacerti, tu non hai colpa di questo e poi tornando indietro non penso che avrei bruciato la mia vita con quel porco"
“non sapevo neppure se lui fosse ancora in vita, come lo ha conosciuto un uomo così tanto più grande di lei?”
“Beh, ero giovane e forse avevo la tua età più o meno, frequentavo l'università di lettere moderne e tutto avrei voluto fare meno che l'insegnante alle scuole medie, mia attuale professione. - Sospirò lei - Lui era il mio professore di letteratura, già vent'anni fa era piuttosto noto come critico e riusciva a lasciarci ammaliate tutte con le sue parole, era di un’eloquenza senza eguali e ogni volta che apriva bocca, rimanevo incantata con gli occhi sognanti per quell'uomo che ora ripudio tanto, facevo di tutto per mettermi in mostra e cercare di essere la prima della classe, compiti aggiuntivi, saggi scritti al posto suo e compiti a casa corretti assieme a lui.
Era incredibile come tanta capacità espressiva e eloquenza potessero convivere con tanto menefreghismo per quelli che lui trovava aspetti secondari del suo lavoro. Rimasi assai delusa quando scoprii che in molti dei ‘suoi’ libri scolastici il suo nome fosse solo una vuota firma sul lavoro di altri per far vendere di più alla casa editrice di appartenenza, ma ormai il processo di innamoraramento era completato e io ero completamente persa di lui, così un giorno quando ci trovavamo nel suo studio a correggere i compiti in classe, lui mi prese e Dio solo sa quanto ero invaghita di quell'uomo, già spesso mi aveva fatto qualche apprezzamento quando rimanevamo soli, ma mai nella vita avrei pensato che tutto ciò sarebbe successo.”
“Deve essere stata davvero molto presa da un così abile scrittore." Le sorrisi io,lei riprese la narrazione e per quanto fosse lungo il monologo della sua vita,rimasi incantato a sentir parlare quella donna ,che forse aveva poco meno del doppio dei miei anni, ma la cui bellezza, seppur sciupata dall'età e dalla delusione negli occhi per una così lunga storia finita,era ancora apprezzabile.
Non penso che scorderò mai i suoi occhi verdi con pagliuzze azzurre, circondati da ciglia molto folte e annerite dal mascara, le sue labbra fini, i suoi capelli tinti di scuro con qualche pelo bianco sporgente nel mezzo, impossibile era non far scendere l'occhio lungo la scollatura di quella sua leggera camicetta di lino sbottonata, che nulla nascondeva allo sguardo e che neppure i dettagli del suo reggiseno di pizzo scuro lasciava all'immaginazione.
Per quanto fosse avanti con gli anni, ancora aveva un corpo piacevole e così mentre mi perdevo la testa in questi dettagli completò la narrazione. Me ne resi conto solo perché udii le parole  “e mi ritrovo qui, vent'anni più vecchia e penso che la mia giovinezza sia stata sciupata da un uomo che non la meritava”.
Le rivolsi uno sguardo realmente dispiaciuto, quando lei mi chiese i motivi per cui fossi in viaggio, io titubai, continuai a guardarla negli occhi e le dissi che ero uno studente pendolare e che stavo tornando da Pisa, la città in cui frequentavo la mia università, ma che la mia destinazione non era affatto la mia città natale.
Lei mi chiese dove fossi diretto, e io risposi un po imbarazzato che neppure io ero sicuro di saperlo, visto che ormai avevo perso la mia fermata ascoltando quella donna e mi trovavo ormai in qualche posto sperduto prima di Torino, dove lei sarebbe scesa, non mi ero reso conto che avevamo passato parlando quasi quattro ore, lei mi rivolse un altro sguardo e bastò quello per leggermi dentro, capire quanto anch'io stessi soffrendo e che il mio viaggio senza meta era solo all'inizio, io non volevo mostrarle altro, ma era come se lei con il suo sguardo magnetico riuscisse a vedere tutte le immagini che scorrevano nella mia testa .
Ci trovavamo sempre più vicini nella solitudine di quella cabina chiusa,finché non so per quale incontrastabile follia le nostre labbra si incontrarono in un bacio.
Da prima ci distaccammo velocemente, ma quando i nostri sguardi si incontrarono nuovamente, non potemmo fare a meno di farlo di nuovo e ancora e ancora, scendendo sempre un po più in giù dal collo e la scollatura.

 Non so quanto tempo rimasi in sospeso a pensare a quella scena, so solo che per la seconda volta ero interrotto da quella dannata e fastidiosa voce del treno che però questa volta, a modo suo, mi disse che dovevo scendere.
Presi il carico di quella pesante valigia e lo trascinai faticosamente verso l'uscita del treno nel freddo della notte.
Appena sceso, scartai quello che rimaneva in tasca del mio panino, mi sedetti in una panchina lì davanti e crollai per la stanchezza con la testa appoggiata sulla valigia davanti a me, credo fossero più o meno le due o le tre di notte, ma ero troppo stanco anche per controllare l'orario quando mi addormentai tutto aggrovigliato nel freddo di quella notte.

Io Forse PartiròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora