11 La nostra giornata

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Cole e Jack si salutano dandosi il cinque e il pugno, saluto di qualsiasi ragazzo ai giorni d'oggi
"A noi non ci saluti?" chiede Bet indicando me e lei. Jack per risposta mi da il cinque e bacia Bet.

Ci sediamo in un tavolo al centro del locale, all'ora di cena questo posto è spesso pieno di gente. Non è di quei locali sofisticati, con i piatti che costano un occhio della testa. Qua si mangiano i piatti base, come una fetta di carne è un piatto di pasta con il sugo, che è proprio quello che ordiniamo.

Cole guarda il suo amico, poi Bet che è seduta alla sua destra
"Sophie o Anne?" la mia amica è confusa per questa domanda
"Come fai a sapere i nomi?" Cole si gira verso Jack che subito abbassa lo sguardo e iniziano a ridere, Bet e io gli lanciamo ad entrambi i nostri tovaglioli
"Ci siamo chiamati ogni giorno" ammette Jack alzando le braccia in segno di resa
"Perché non facciamo una vacanza?" la proposta di Bet fa zittire le nostre risate
"Una vacanza?" se conosco Cole sta prendendo in considerazione l'idea
"Si potrebbe fare" dico con un sorriso
"Si perché no? Sarebbe bello" Jack è d'accordo
"A cosa avevi pensato?" continua lui verso Bet
"Potremmo affittare una casa e visitarci una bella città"
"Ci penseremo" Cole, per quanto entusiasta di quest'idea, non lo da a vedere, non da a vedere niente.

Dopo cena decidiamo di camminare un po' per non andare a casa, vogliamo stare in giro.

Quando guardo l'orologio mi accorgo che è più tardi di mezzanotte
"Ti accompagno a casa" accetto la proposta di Cole, non che avessi avuto dubbi sul farlo, e ci incamminiamo in direzione di casa mia a passo lento, come a volerci vivere ogni passo e ogni respiro che facciamo
"Cosa ne pensi dell'idea di Bet?" chiedo per buttare lì l'argomento
"Mi sembra una buona idea ma un po' complicata da realizzare"
"In che senso complicata?"
"Dovremmo decidere il posto e i giorni, trovare una somma senza chiedere niente ai genitori" di sicuro non può chiedere una somma così alta ai suoi genitori e non vorrei che iniziasse nuovamente con le corse
"Ti piacerebbe andare in un posto con noi?" chiedo sorridendo
"Si" ride ma penso che lo faccia perché sto ridendo anch'io
"Anche se non so chi possa cucinare per quei giorni" ammetto
"Io sono un bravo cuoco" dice lodandosi e io non posso che fare una faccia strana così lui continua
"Tu i miei piatti li mangi e ti piacciono anche" sottolinea
"Dico che mi piacciono per pietà, perché non voglio farti rimanere male" mi giro per guardare la sua espressione e vedo che sta facendo finta di essersela presa così mi avvicino e gli sfioro un braccio per farlo sorridere
"Se per te siamo qualcosa io, Bet e Jack cerca di non avvelenarci"
"Pensavo a qualcosa di più sofisticato del veleno" inarco le sopracciglia in segno che non capisco
"Pensavo di sputare dentro i piatti" dice sorridendo
"Non lo faresti" lo sfido
"Chi ti dice che non l'ho fatto?"
"Quando? Quando cucini a me?" annuisce e io mi fermo di scatto per fingere un conato di vomito
"Non puoi averlo fatto"
"Certo, non hai sentito quell'olio prima? In realtà era saliva"
"Sei disgustoso" dico tremando ma dentro di me so che scherza
"In fondo anche se non lo dico spesso e non lo dimostro neanche siete una delle poche cose che contano per me" sono le parole che poi mi accompagnano anche nella mia stanza. Quando salgo per andare a dormire ripenso a quella frase, significativa, Cole non dice spesso quello che sente e quando lo fa ti lascia senza parole.

Mi stendo sul letto e chiudo gli occhi, anche se all'inizio non ho sonno so che stendendomi e chiudendo gli occhi posso riuscire ad addormentarmi.

So che il sogno di Bet è Brooklyn e penso che se andassimo in una città del genere ci potremmo divertire, ma ci divertiremmo indipendentemente dalla città in cui andremmo.

Mi sveglio presto per via del mal di testa, guardo l'ora e sono le cinque del mattino. Mi alzo a fatica e vado a sciacquarmi la faccia nella speranza che mi passi il dolore, ma no, quello continua. Ritorno nella mia stanza e mi metto in ginocchio davanti ai miei mobili, adesso che ho del tempo libero davanti posso sistemare. Apro la prima anta dell'armadio e, sotto i vestiti infondo, ci sono degli scatoloni. Ricordo che quando ho messo dentro a questi le mie cose non ho fatto le etichette da attaccargli sopra con scritto il contenuto. Apro il primo che mi sembra il più leggere e dentro ci sono i cd con la musica, ne prendo qualcuno e lascio gli altri là dentro, leggo i titoli di quelli che ho in mano, The Beatles, Rolling Stones, Elvis e Bruce. Musica di mio fratello e di mio padre. Lo appoggio di nuovo dentro la scatola e dopo averla chiusa la metto sul letto, ci guarderò più tardi. Apro un'altra scatola, più pesante di quella precedente, la apro e vedo una raccolta di libri, la prima raccolta di libri che ho avuto. I primi libri che ho avuto, da bambina, i primi romanzi e le prime storie che non erano scritte da Geronimo Stilton, i primi senza figure e i primi ad essere sottolineati. Andrò a comprare una mensola nuova per mettere questi, così prendo la scatola e la rimetto dov'era prima. Ne apro un'altra, leggera, e dentro ci sono le sciarpe e i guanti invernali, un paio rosa e un paio blu. Li usavamo io e mio fratello quando i nostri genitori ci portavano a sciare ogni anno, mi ricordo che anche Cole voleva venire con noi ma per una seria di motivi, ogni anno diversa, non poteva. Cerco sul fondo e vedo anche i nostri cappelli, quelli con il pon pin che ci piaceva indossare per farlo rimbalzare da una parte all'altra. Ricordo anche che in mezzo a quella neve cadevamo sempre ma lo facevamo ridendo, ci siamo fatti sgridare dal controllore della pista e avevamo fatto amicizia con il barista del locale affianco. Apro un'altra scatola immersa nei ricordo quando mi suona il telefono.

Ho alcune domande per voi
Chi sarà al telefono?
La scatola cosa contiene?
Amber riuscirà a fare la vacanza con Bet e gli altri?
Cole riuscirà a trovare la somma che gli serve in che modo?
Spero vi piaccia il continuo e buona lettura.

Il mio Bad Boy 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora