"Pensi che possa andare bene?"
Clarke osserva Raven rimanendo estasiata dalla sua eleganza.
La giovane donna è avvolta in un fine vestito blu notte, la stoffa in raso riflette in sgargianti sfumature ogni fascio di luce che incontri sul suo sentiero ed illumina in modo unico il volto tutt'altro che rilassato della moretta.
Annuisce, incapace di esprimersi, poi decide di prendersi ancora un attimo per guardarla: non l'ha mai vista così, la Raven sempre sicura di sé e spavalda ha lasciato spazio ad innumerevoli insicurezze e a una fragilità che non credeva potesse appartenerle.
Ma non c'è nulla di negativo in questo, Clarke infatti fa caso solo all'estrema tenerezza che avvolge la ragazza e forse prova un filo d'invidia nei confronti di quell'emozione così pura e genuina che l'amica proprio non riesce a nascondere.
"Sei perfetta Rav'."
Sussurra quasi esterrefatta e sfoggiando un sorriso sincero.
Senza aspettare alcuna reazione la giovane Griffin poggia le sue labbra sulla guancia dell'amica e cerca di rassicurarla
"Andrà tutto bene. E se John dovesse fare qualche stupidaggine ne pagherà le conseguenze, posso assicurartelo."
Raven annuisce, sul suo viso domina di nuovo la solita espressione decisa e determinata anche se la bionda sa che presto quel briciolo di fiducia in sé stessa scomparirà nuovamente.
"Ora però devo andare, non sei l'unica a doversi rendere presentabile."
La mora annuisce e prima che l'altra possa abbandonare la stanza le afferra una mano.
"Grazie per tutto Clarke. Non so come avrei fatto senza di te, a dire il vero non so proprio cosa mi stia accadendo..."
Un velo di preoccupazione avvolge la frase e la bionda scuote appena la testa.
"Non pensarci nemmeno, non devi ringraziarmi."
Mentre compie a ritroso la strada che la porterà a casa Clarke Griffin ripensa a Raven e all'ultima frase da lei pronunciata.
La sua mente fa il resto, ripercorre in modo fedele il dialogo affrontato pochi giorni prima con l'amica quando le ha svelato i dettagli che l'hanno portata ad accettare l'invito di Murphy.
"Non so dirti nemmeno io cosa sia scattato dentro me. Ho sempre visto John come un idiota, voglio dire, non ho tutti i torti non trovi? Ricordi com'era da ragazzino?"
"Decisamente insopportabile..."
Aveva semplicemente accennato Clarke ridacchiando.
"Ecco. Per me John è sempre stato solo ed esclusivamente quello. Quel ragazzo dagli occhi glaciali che se ne stava seduto in un angolo e guardava tutti dall'alto con scherno e plateale superiorità. Non importa cosa facevi, lui riusciva sempre a deriderti e a farti sembrare un perfetto idiota."
Allora la bionda aveva annuito, non esistevano parole più aderenti per descriverlo ma dentro sé sentiva crescere la curiosità, voleva capire davvero cosa avesse visto poi l'amica in quel ragazzaccio che non si era mai soffermata a tentare di comprendere.
Effettivamente non si era dedicata molto a Murphy, lo aveva sempre visto solo come l'amico esuberante di Bellamy e quando aveva iniziato a frequentare il suo gruppo non era di certo a lui che aveva rivolto la sua attenzione.
Il maggiore dei Blake infatti le aveva reso difficile tentare di soffermarsi sugli altri dato che riusciva a calamitare sempre l'attenzione su sé stesso, in particolare con lei, visto che non le aveva mai lasciato un attimo di pace.
Era stata talmente assorta dal combattere la sua battaglia personale contro l'arroganza e l'astio unico riservatole dal moro che per un lungo periodo tutto il resto della comitiva non era stato che di contorno.
La bionda allora si ritrova a strizzare gli occhi, si spreme le meningi e cerca di riesumare ricordi che comprendano il giovanissimo John Murphy.
Nella sua mente però ancora una volta riesce ad intravedere solo la figura longilinea di Bellamy Blake.
Così lo ricorda mentre sbuffa ed alza gli occhi al cielo quando lei, per la primissima volta, si siede al loro tavolo a mensa.
O intento a sbattersi rumorosamente alle spalle la porta della sua camera lasciando fuori lei ed Octavia.
Lo rivede cambiare espressione, irrigidirsi, nascondere il suo sorriso ogni qual volta i loro occhi s'incontrano per poi fuggire in sguardi lontani e piccati.
Riconosce il tono della voce scostante e pregno di sarcasmo, pronto a controbattere ogni sua proposta per passare un sabato sera differente dai soliti.
Nulla.
Ricorda John solo come la spalla del maggiore dei Blake, pronto a prendersi gioco di chiunque sia sotto la mira dell'amico ma nulla più.
Poi però le parole di Raven la conducono nuovamente nella giusta direzione, l'aiutano a far sfumare l'immagine di Bellamy.
"Le cose però sono cambiate quando i fratelli Blake sono andati via. Tu all'epoca non eri ancora sempre con noi e forse non sei riuscita a cogliere pienamente ciò che è successo a John. E' come se solo dopo la partenza di Bell fosse riuscito a ritrovarsi. Improvvisamente si è fatto carico di tutto ciò a cui aveva sempre pensato Bellamy. Ci ha tenuti uniti, sai? Si è persino preoccupato per te..."
Clarke aveva alzato un sopracciglio e la sua espressione aveva preso le forme della sorpresa, lei non si era curata mai abbastanza di lui e quel ragazzo aveva persino mostrato una sorta di interesse nei suoi confronti.
"E' stato lui a pregarci di non lasciarti indietro. Ricordi quando t'invitavamo alle feste del college? O quando organizzavamo le serate-cinema a casa di Jasper? Era sempre John a ricordarci di scriverti o chiamarti."
Nel dire ciò Raven si era morsa un labbro, era evidente che provava un seppur sottile senso di colpa ma Clarke non era riuscita a biasimarla.
Nemmeno lei li aveva cercati del resto, non così tanto.
Erano più grandi, facevano una vita differente e soprattutto erano stati suoi amici solo per via di Octavia e Bellamy. Se non fosse stato per i fratelli Blake chissà, forse lei non si sarebbe mai avvicinata a dei tipi così.
Perciò era rimasta in silenzio, aveva annuito appena e si era preoccupata di comunicare con i suoi occhi che ormai non c'era nulla di cui vergognarsi, ne era passato di tempo e le cose, nel bene o nel male, si erano sistemate.
"Pensava ad ogni cosa e lo faceva in modo silenzioso, mantenendo per tutto il resto del tempo la sua abituale maschera da guastafeste patentato. Continuava a rendersi insopportabile con le sue battute stupide, i suoi sbeffeggiamenti e la sua aria da 'nessuno può ferirmi, sono John Murphy, diamine! Ma io si che posso fregarvi... E lo farò a dovere'. E alla fine abbiamo capito che quel suo modo di essere era tutto ciò che ci teneva uniti. Quando ci annoiavamo a morte e restavamo bivaccati per ore sul divano di Harper lui tirava fuori una qualsiasi osservazione idiota, offensiva nella maggior parte dei casi, ma che alla fine ci faceva ridere a crepapelle, o quanto meno ci risvegliava dal torpore perché poi qualcuno finiva sempre per alzarsi provando ad acciuffarlo, per ricordargli che no, non poteva fregarci, non sempre. Solitamente ero io a farlo..."
A quel punto la moretta aveva abbassato lo sguardo e un leggero sorriso aveva rivolto all'insù il profilo delle sue labbra carnose.
Effettivamente era vero, Raven era l'unica che da sempre era riuscita a tener testa all'esuberanza di John Murphy.
A Bellamy bastava uno sguardo per azzittirlo o bloccarlo ma quella era un'altra storia, il subordinamento di uno all'altro era un risultato naturale e spontaneo dovuto probabilmente alla stima che John nutriva nei confronti dell'innata ed innegabile indole da leader che il maggiore dei Blake sfoggiava con un certo vanto e con la giusta dose di spontaneità.
Per Raven era diverso.
La sua forza caratteriale, il suo amore per la collettività, la sua forza interiore si era sempre contrapposta al cieco arrivismo di Murphy, al bieco egoismo di quel ragazzo snello e dagli occhi chiari e pungenti che tanto si divertiva a farsi beffa degli altri se non per cattiveria – quello non era certo un aggettivo adatto alla sua persona – almeno per banale noia.
Ed ora, finalmente Clarke riusciva a captare i dettagli delle sue memorie, in ognuna di esse la sua amica era effettivamente l'unica che tentava e riusciva a tener testa alle innumerevoli fuoriuscite del giovane Murphy.
Erano bastati quei pochi istanti e subito la giovane Reyes, dopo aver inspirato profondamente, ricominciò da dove si era interrotta
"Non l'ho notato subito, sai? Ci è voluto tempo, anni direi. Siamo cresciuti insieme, tanto da non rendercene davvero conto, non subito. Poi un giorno, all'improvviso ti svegli e ti accorgi di quanto tutto il mondo attorno a te sia cambiato, di quanto ogni singola persona sia maturata. John è stato il primo forse, il primo a trovarsi un lavoro vero, un posto fisso. A comprarsi un buco lontano da quella periferia nella quale siamo cresciuti e a renderlo una casa presentabile, tanto da invitarci a cena, ti ricordi?"
Era stata una domanda retorica la sua, una pausa enfatica durante la quale però Clarke non aveva potuto fare a meno di annuire.
"Era stato così premuroso da includere Lexa nell'invito."
La bionda aveva deglutito rumorosamente allora, quel dettaglio le squarciava in due il petto ravvivandole la memoria più del dovuto.
Ma Raven che se ne era prontamente accorta, in fretta e furia aveva ripreso il discorso
"Vedi, il fatto è che John non ha voluto renderlo manifesto ma è stato il primo a diventare adulto, a lasciarsi alle spalle il passato e soprattutto a farsi carico di tutto ciò che comportava una scelta simile. Nessuno lo ha notato perché lui è stato maledettamente bravo a non farcelo pesare..."
A quel punto Clarke aveva notato le mani di Raven, le dita affusolate non riuscivano a star ferme, si muovevano da sole intrecciandosi, incontrandosi e contorcendosi tra loro in una danza dominata dall'imbarazzo e da una lieve ansia.
"Stai serena Rav'. Non c'è bisogno che tu vada oltre. Credo di aver capito."
"Qualche sera fa siamo rimasti soli al pub. Monty e Harper hanno tagliato la corda quasi subito, Jasper non era venuto e Bellamy è tornato a casa prima preoccupato per Octavia che a quanto pare ha deciso di snobbarci tutti..."
Clarke si era umettata le labbra, sapeva che O' non stava evitando tutti ma lei e, volente o nolente, lei stava imitando il suo identico gioco.
"Comunque per o motivo o per l'altro ci siamo ritrovati soli. In condizioni normali saremmo tornati a casa un po' avviliti ma è statostrano, tutt'altro che normale. Non avevamo affatto sonno e così abbiamo deciso di prenderci l'ultima birra e abbiamo cominciato a camminare senza una vera meta. Ci siamo ritrovati al belvedere, dall'altra parte della città, senza nemmeno rendercene conto. Abbiamo parlato talmente tanto che il tempo ha cominciato a divenire un po' meno universale. Mi sembravano passati minuti ed invece eravamo lì da ore. John mi ha raccontato così tanto di sé ed io non sapevo nulla. E' come se prima dell'altro giorno non lo avessi mai conosciuto realmente. Per esempio non sapevo che da bambino era stato per un periodo in affido; suo padre era un piccolo criminale, un ladruncolo da quel che mi ha detto e sua madre per qualche anno ha tentato di redimerlo, lasciandosi tutto alle spalle, persino lui. Finalmente sono riuscita a capire e se vuoi a giustificare alcuni lati dei suoi atteggiamenti peggiori. Non lo so Clarke... E' come se improvvisamente di fronte a me fosse apparsa una persona completamente differente, o meglio, lui è stato sempre lì, non è diverso, solo molto più profondo rispetto a ciò che ama dimostrarci e nessuno di noi è stato davvero in grado di osservarlo per quello che è."
Le frasi uscivano dalla bocca di Raven alla velocità della luce tanto che Clarke Griffin aveva provato a tranquillizzarla ancora una volta.
"Respira Rav', non vado da nessuna parte..."
Sapeva che quella velocità e quell'agitazione erano causate più dall'emozione che da qualsiasi altra cosa, si notava dal modo in cui Raven scandiva ogni parola, sembrava fremere, era come se non vedesse l'ora di arrivare alla fine della sua personalissima odissea con Murphy.
Quindi quando aveva ascoltato l'amica rassicurarla, aveva semplicemente annuito più volte sbattendo in fretta le palpebre.
Aveva poi ripreso piuttosto in fretta, come del tutto incapace di mettere in pratica il consiglio della Griffin.
"Così è arrivata l'alba e allora sì, ci siamo finalmente stancati. Quando il sole ha invaso la città, illuminando i nostri visi tirati per la nottata insonne appena trascorsa, ci siamo guardati come se prima di quel giorno non l'avessimo mai fatto. Al buio è facile raccontarsi, parlarsi; è quando viene il giorno che ci vuole un gran fegato. E John a quel punto mi ha chiesto di andare con lui alla reunion, sempre se non avessi altri progetti. Ed io ho riso perché andiamo, quali altri progetti potevo avere? E ho detto sì, non ci ho pensato, capisci? E' stato del tutto spontaneo, in un certo senso credevo di averlo sempre desiderato..."
"E adesso?"
Clarke odiava rovinare i momenti ma Rav era una delle sue più care amiche e non poteva permettersi di vederla soffrire, egoisticamente, temeva che se anche lei si fosse fatta male, sarebbero andate a fondo insieme.
"E adesso... Non so, ho solo paura di non riuscire a trovare ancora quella magia ma cerco di essere confidente."
E allora la bionda l'aveva abbracciata forte sorridendo, Raven si meritava davvero quella felicità che trepidava dalle sue parole, che scoppiettava riempiendo la stanza di aspettative e sogni e quell'abbraccio voleva essere un porta fortuna.

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Out of Breath
Fanfiction[Bellarke - Modern.AU] Dal testo: "Mi dispiace." Sussurra timidamente. E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo. Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa...