XIV

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Il respiro di Clarke arriva alle sue orecchie in modo sempre più leggero e regolare eppure percepisce ancora le braccia ancorate con una certa pressione al suo busto, da quel piccolo dettaglio comprende che la giovane Griffin deve essere in un precario mondo dei sogni, il suo corpo non si è lasciato andare totalmente al sonno e lei sembra essere pronta a scattare sull'attenti da un momento all'altro.
Dal suo canto Bellamy Blake riconosce sulle palpebre sempre più pesanti tutta la stanchezza che quella maledetta notte gli sta riservando, ci sono degli istanti in cui, impotente, lascia che esse si chiudano facendo spazio al buio primitivo e a quell'innato senso di pace che ha percepito fin dal momento in cui l'ha stretta tra le sue braccia.
Eppure decide di non estraniarsi da quel luogo infimo, di combattere fino all'ultimo quel senso di spossatezza.
Le sue orecchie infatti rimangono in tensione ed i suoi polpastrelli ben stretti al profilo di quella ragazza incredibile, non ha la minima intenzione di recidere quel contatto, la paura di perderla improvvisamente potrebbe lacerarlo, sente con tutto sé stesso il profondo bisogno di saperla al sicuro.
Almeno lei deve esserlo.
Del resto non è stato in grado di tenere lontano dalla sofferenza suo padre e poi sua sorella, non può fare ancora una volta lo stesso errore.
Deve trovare il modo e la forza di farlo quanto meno con lei.
E' quel senso di responsabilità ma anche la voglia di vedere Clarke nuovamente sorridere che lo tengono saldamente attaccato alla realtà e Bellamy cerca di aggrapparvisi con ogni brandello di volontà.
Così, quando un rumore attira la sua attenzione, il maggiore dei Blake ha smesso da un pezzo di concentrarsi sullo scorrere del tempo, i secondi e poi i minuti si sono susseguiti senza che lui potesse controllarli esattamente come i suoi pensieri.
Quindi distrattamente volge il suo sguardo verso la porta d'ingresso, quasi come avesse dimenticato di attendere visite e nel momento in cui finalmente scorge i visi dei suoi amici e di sua sorella, le sue labbra si allargano in un'espressione distesa e a tratti sorpresa.
Li osserva muoversi goffamente nella sala pallida, non sono abituati ad avere a che fare con luoghi simili così nota la spensieratezza volare via dai loro visi in un attimo per poi lasciare spazio ad un principio di sollievo quando i loro occhi identificano i corpi ammassati che appartengono a lui e Clarke.
Sono rapidi a raggiungerli, i primi a capitolare al suo cospetto sono Raven e Murphy, poco dietro vede Octavia e velocemente intuisce il motivo del suo restare in disparte.
"Sta riposando."
Si affretta ad annunciare regolando il volume della sua voce che fuoriesce roca e stanca, non bada ai convenevoli.
Sa che alle orecchie dei suoi amici quello appare come un semplice dato di fatto, una giustificazione per il suo mancato saluto.
Ma vuole essere prima di tutto una sorta di rassicurazione per sua sorella, non è ancora il momento di affrontare antichi rimorsi.
Anche se non può ancora osservarla la percepisce tirare un sospiro di sollievo.
E' piuttosto convinto di conoscere perfettamente ciò che le passa per la testa; probabilmente si sta maledicendo, non aveva previsto d'incontrarla così, di essere costretta ad avere a che fare nuovamente con lei in un momento talmente delicato.
Ormai O' è abbastanza matura da sapere che non può fare altro che mettere da parte il suo orgoglio e soprattutto il suo risentimento ma, privata di quegli atteggiamenti che nel corso degli anni sono diventati il suo scudo protettivo, ora deve essere completamente presa dal panico.
Per questo nel momento in cui vede emergere il suo viso tra le spalle di Raven e John cerca di regalarle un sorriso d'incoraggiamento, non è certo che lo abbia recepito però, ha subito notato che il suo interesse non è affatto per lui quanto per Clarke ancora dormiente e ignara di quanto stia accadendo attorno a lei.
Ad attirare nuovamente il suo sguardo è John che si gratta il capo e viene prontamente seguito da Raven che verosimilmente ha l'incredibile capacità di tradurre quel gesto in una frase di senso compiuto.
"Bell non sei costretto a raccontarci nulla se non vuoi... Ma se hai bisogno di condividere qualsiasi cosa... Bhè siamo qui per questo."
Il ragazzo accanto a lei annuisce guardandolo dritto negli occhi mentre Octavia si avvicina silenziosamente e piuttosto lentamente fino a prendere posto accanto a lui.
Il maggiore dei Blake non può rimanere in silenzio, lo ha fatto per troppo tempo, sa che se scegliesse di non dire nulla impazzirebbe del tutto eppure non ha la minima idea di come iniziare.
"E' accaduto tutto così velocemente..."
Sputa fuori quel pensiero senza rendersene realmente conto, parlando più a sé stesso che agli altri.
"Lei sta bene?"
Octavia deve aver captato perfettamente il significato di quella sua frase, una richiesta d'aiuto, il bisogno di percepirli accanto non solo fisicamente per non essere costretto a rivivere quell'inferno da solo.
Si limita ad annuire inizialmente.
"E' in coma indotto e la prognosi è riservata ma ci hanno detto che entro stamane sarà svegliata, credo stiano conducendo degli accertamenti... E' caduta dal terzo piano di un appartamento, Marcus ha detto che è un miracolo che sia ancora qui."
Non riesce ad essere più specifico di così, non se la sente di condividere il resto della storia, non vuole appesantire anche loro con quei dettagli che restano gravi ed indelebili nella mente.
Abbassa il suo sguardo dopo aver pronunciato l'ultima sillaba, lo rivolge al viso di Clarke affossato sul suo petto, è convinto che anche lei sarebbe d'accordo con la sua decisione.
John si accovaccia sulle ginocchia per raggiungere il suo volto con quegli occhi glaciali, gli posa una mano sul ginocchio esercitando una leggera pressione ed è un gesto di conforto veloce, quasi incerto ma per Bellamy acquista un valore indecifrabile.
"Ve la caverete."
Sussurra facendo oscillare il suo sguardo da lui a Clarke.
"Certo che lo farete e anche Charlotte starà bene, dobbiamo crederci, nulla è ancora perduto ok? E lo so che adesso sembra tutto così insormontabile ma siamo insieme, proprio come ai vecchi tempi..."
Raven s'interrompe sorridendo flebilmente ad O' per poi riprendere
"Sono sicura che questa notte diventerà presto solo un brutto ricordo sbiadito dai più belli che verranno."
E Bellamy vorrebbe davvero crederci ma sente di non avere assolutamente la forza per farlo, tuttavia piega il viso di lato e rivolge loro un ghigno di gratitudine, sforzandosi di farlo risultare il meno provato possibile.
"Pensavamo di prendere qualcosa prima di arrivare qui ma O' ha insistito a rimandare. Qualcosa di caldo però ci farebbe bene, non trovate? C'è una caffetteria qui nei paraggi, io e Rav' potremmo prendere qualcosa che ne dite?"
"Buona idea..."
Bellamy risponde velocemente a John pensando che ormai il cappuccino offertogli da Kane ha smesso di fare il suo effetto e lo congeda con un cenno del capo.
Così il giovane uomo dalla capigliatura color faggio cinge premurosamente in vita Raven con il suo braccio e volta le spalle alle tre figure rimaste sulle sedie.
Bellamy non si sofferma più di tanto su quel gesto, non elabora alcuna considerazione eppure non può proprio fare a meno di notarlo.

"Come stai?"
Gli occhi di Octavia si fanno grandi e carichi di apprensione in fretta.
Bell scuote solo appena la testa, vuole evitare che quel leggero movimento possa in qualche modo infastidire Clarke.
"Non lo so. Sono stanco e purtroppo penso di stare fin troppo bene."
Sua sorella scrolla le spalle, è un gesto sbarazzino ed anche il suo naso che si arriccia appena e le sue labbra fine sembrano voler esprimere una certa leggerezza.
"Fino a qualche tempo fa non avrei mai immaginato di vedere nulla di simile..."
Octavia rivolge un leggero cenno a quello strano groviglio di braccia e teste che sono diventati lui e Clarke, sorride e Bellamy intravede una nota d'orgoglio in quella sua strana espressione.
Non credeva capace sua sorella di riuscire a mettere da parte così bene tutto il resto, quella matassa di sentimenti che per troppo tempo le hanno lacerato il petto e l'hanno rigonfiata di rancore, risentimento e di sguardi tesi e muti.
Il maggiore dei Blake si ritrova a soffocare una risata goffa e quasi timida.
Lo fa per tante ragioni diverse ma sicuramente perché si vede colpevole di provare nel profondo una gioia remota e confortante, capace di scaldarlo e farlo andare avanti.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 14, 2018 ⏰

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