IX

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Si guarda un'ultima volta allo specchio poco prima di lasciare il monolocale, un pizzico di agitazione le fa sussultare il petto.
Il riflesso le mostra una ragazza con i capelli biondi e sciolti che le cadono dolcemente sulle spalle in ordinati boccoli, è una ragazza come tante e quell'immagine la terrorizza: ha paura, di non essere abbastanza per un compito simile, del resto si vede così ordinaria.
Eppure il viso appare più sereno di quel che sente di essere ed in un certo senso tale visione le infonde una, seppur minuscola, sicurezza in più.
Ed è proprio quest'ultima che la convince a lasciarsi alle spalle l'immagine di sé riflessa nella cornice specchiata.
Grazie al cielo il percorso in macchina è breve e le lascia poco tempo per pensare, tutto ciò che riesce a fare quindi è tentare di visualizzare nella sua mente le fotocopie del manuale che Kane le ha fatto recapitare; in quelle due nottate non ha quasi dormito per studiarlo a fondo.


In realtà Marcus l'aveva chiamata dicendole che non era importante che lo leggesse per intero anteriormente alla prima lezione ma Clarke non ne aveva proprio potuto fare a meno.
La verità è che non lo aveva fatto solo perché temeva di arrivare impreparata al compito che andava a svolgere ma anche e soprattutto perché sentiva il disperato bisogno di tenersi ancora una volta occupata.
Nei pochi giorni precedenti aveva tentato di parlare con Raven della mail di Lexa senza ottenere alcun risultato.
Ogni volta che provava ad aprire bocca la sua lingua rimaneva impastata ed attaccata al palato; le aveva provate tutte, aveva persino immaginato un ipotetico discorso.
Ogni mattina quando percorreva a passo svelto la strada che la separava dall'atelier cercava di pensare al modo migliore per raccontare all'amica di quanto era accaduto.
A nulla era servito.
Così di sera tardi, quasi fosse un rito, prendeva in mano il cellulare, scorreva i nomi sulla rubrica sino ad arrivare a quello di Harper ma ogni volta che stava per avviare la chiamata, le sue dita rimanevano bloccate a mezz'aria, pochi centimetri separavano i suoi polpastrelli dallo schermo eppure quelli, ogni volta, erano sufficienti a far desistere la giovane donna.
Allora Clarke per armarsi contro i ricordi che tentavano ferocemente di assalirla sprofondava nella lettura dettagliata di quel manuale, si proiettava nel futuro, cercava d'immaginarsi all'opera, di capire come applicare al meglio le metodologie esposte dalle dispense.


Quando si ritrova a parcheggiare, nella sua mente ha già visualizzato i primi tre capitoli ed un sorriso soddisfatto le inarca appena le labbra.
Solo scendere dall'autovettura la riporta davvero a contatto con la realtà, con ciò che di lì a poco accadrà ed inevitabilmente il battito cardiaco accelera un po'.
Clarke Griffin ha paura, qualcuno potrebbe chiamarla ansia da prestazione ma per lei è qualcosa di più, di nuovo teme di non essere adatta, di non riuscire in quell'arduo compito che è aiutare gli altri.
Del resto come può farlo se non è in grado di aiutare sé stessa?
Questo interrogativo le logora i pensieri e diventa in fretta un mantra inquietante nella sua testa.
Fin quando almeno, entrando nell'edificio, trova Marcus Kane in giacca e cravatta pronto ad accoglierla.
Le basta scorgere il suo sorriso cortese per ritrovare la necessaria tranquillità.
"Eccola, la nostra eroina! Pronta?"
La ragazza cerca di sorridere ed annuisce appena, Marcus che sembra aver compreso perfettamente il suo stato d'animo le poggia una mano sulla spalla e accompagnandola verso la sala adibita ad aula le sussurra:
"Tranquilla, è normale avere un po' d'ansia ma sono sicuro che andrà tutto bene. Nel frattempo devo presentarti una persona, i ragazzi non arriveranno prima di venti minuti e voglio illustrarvi le ultimissime cose."
Quel fare paterno le infonde una nuova sicurezza e la ragazza segue l'uomo a passo serrato
"Grazie."
Dice con un filo di voce, poi l'altro le sorride ed alza le spalle.
E' il movimento del suo corpo robusto e appena invecchiato a comunicarle che lui è lì per quello.
Percorrono qualche corridoio, un paio di rampe di scale ed infine una dicitura incisa nel marmo bianco di un'arcata imponente indica loro che si trovano nel dipartimento di arte moderna così i due si fermano dinnanzi ad una porta leggermente socchiusa.
Marcus la guarda di nuovo: i suoi occhi nocciola si puntano fedelmente nei suoi acquamarina.
Clarke si ritrova ad annuire, lo sguardo impaurito è però colmo di determinazione e così l'uomo senza esitare dischiude l'uscio che rivela una piccola sala adibita ad aula, prima di entrare la bionda scorge una manciata di banchi disposti in modo ordinato in tre file e del materiale da disegno posto su ognuno di essi.
Qualcosa dentro lei freme.
Solo quando scorge Kane già all'interno della stanza, si decide a seguirlo e una volta lasciatasi alle spalle il dipartimento non può che dischiudere le labbra: le pareti sono colme di volumi ed in fondo all'aula un'enorme finestra inonda il luogo di una luce brillante e calda.
"Clarke..."
Marcus la richiama vedendola assorta nella contemplazione di quel posto.
"Come ti dicevo vorrei presentarti il tuo collaboratore nonché supervisore del progetto."
La bionda si volta di scatto mordendosi un labbro per essersi lasciata prendere dalla distrazione ed in quel preciso istante i suoi occhi si scontrano con due carboni ardenti.
"Bellamy Blake."
Quel nome che conosce così bene le arriva in modo ovattato alle orecchie, dopo tutto non ha bisogno di udirlo davvero per collegare quello sguardo alla persona cui appartiene.
L'instabile equilibrio a cui si è aggrappata finora crolla in men che non si dica.
Un groviglio di emozioni assale il suo sistema nervoso donandole una scossa che le fa tremare le mani.
Sente le guance arrossarsi e si ritrova incapace di reagire.

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