Osserva le mani di Clarke strette al volante, le nocche quasi bianche come se la stretta fosse troppo forte, gli occhi glaciali sono fissi sulla strada ed una smorfia seria le inclina leggermente all'ingiù le labbra.
Non ha parlato.
Non ha fatto domande, ha semplicemente impostato il navigatore ed ha messo in moto.
Ed è proprio questo che le invidia e che la fa apparire così dannatamente lontana da lui, questa è la differenza abissale tra loro due.
Non è serena, lo può vedere da come si aggrappa ad ogni singola parte della vettura - dal volante al cambio - e da come le sue labbra sono strette e fine in un'espressione apparentemente imperturbabile che però in fondo cela in modo piuttosto marcato un velo di pura angoscia.
Eppure Clarke Griffin resta muta, inscalfibile, tiene con sé qualunque sensazione stia provando o perlomeno tenta di farlo, tiene persé ogni interrogativo che naturalmente la sta tormentando, non potrebbe essere altrimenti.
Lui non è così, Bellamy Blake non sarebbe mai in grado di fare qualcosa del genere e se da un lato invidia il distacco della sua compagna di viaggio, dall'altro la compatisce.
Perché Bellamy è un vulcano perennemente attivo, inarrestabile e la sua sete di conoscenza, in qualsiasi situazione, non conosce limiti.
Ma soprattutto il maggiore dei Blake ha imparato a non avere paura dei propri sentimenti, o quantomeno prova costantemente a non rimanere ingurgitato dal terrore di rivelare sé stesso e lo fa perché sente uno stramaledetto bisogno di sentirsi libero, di aprire il suo cuore agli altri, è l'unica cosa che lo fa sentire realmente vivo e che riesce a salvarlo in momenti che, come questo, appaiono bui e indissolubili nel loro tragico andamento.
Non ha paura Bellamy tranne quando si tratta di lei.
Ma se Clarke non fa nulla per rendere sopportabile quell'istante che appare indistricabile e senza fine, lui sente il dovere pressante di renderlo meno oscuro, più chiaro e reale.
"Si tratta di Charlotte."
Quindi sputa fuori quell'affermazione come se ne valesse la sua stessa vita.
"E' stato Marcus a chiamarmi, ed è un bene che tu fossi qui con me perché... Ha chiesto esplicitamente di noi due, insieme."
Le labbra della ragazza allora si schiudono in un leggero sussulto eppure non lasciano fuoriuscire ancora alcuna parola e Bellamy sente un moto di frustrazione e rabbia montare nel suo petto, opprimere ogni suo organo.
Sa che dovrebbe rimanere lucido, che ha il compito di comportarsi da adulto eppure avrebbe bisogno d'aiuto, non è mai stato bravo a chiederlo ma lo ha sempre avvertito, da solo non può farcela, non ci è mai riuscito ed è anche per questo se per tutta la sua misera esistenza ha lavorato senza sosta per far sì che quel gruppo di ragazzini crescesse insieme e fosse pronto a qualsiasi cosa pur di salvarsi il culo l'un l'altro, è stato lui ad educarli a quell'amore così denso e primordiale che rende capaci di compiere sacrifici.
Proprio lui che da quell'unico sentimento in fin dei conti ha sempre provato a sfuggire perché terrorizzato dalle sue estreme conseguenze.
Di fronte a quel silenzio Bellamy vorrebbe solo urlare ma si rende conto di essere stanco, forse se Clarke non è più in grado di aprirsi con lui è anche colpa sua e degli atteggiamenti scostanti ed irriverenti che per troppo tempo le ha riservato, certo, alla fine è cambiato ma del resto lo ha fatto con un imperdonabile ritardo, quando ormai mancavano poche ore alla sua dipartita.
Per cui lascia che la sua schiena smetta di rimanere rigida e si adegui alla forma comoda del sedile, poi volge il suo sguardo in direzione opposta, lontano, verso il mondo esterno che sfila velocemente dietro il vetro freddo del finestrino.
"Ti sei affezionato a lei, non è vero?"
La voce della giovane Griffin è calda ma estremamente incerta e sul viso del maggiore dei Blake appare una smorfia amara, è sempre così, proprio quando sta per arrendersi, per gettare la spugna definitivamente, Clarke rimescola le carte in tavola, manda avanti quel gioco infinito cambiando strategia e lasciandolo ogni volta di stucco.
Inspira mentre annuisce.
"Credo di si. Mi ha ricordato di noi alla sua età, soli contro tutto."
"Forse non eravamo così soli però..."
"Già, non così ma ammettilo, ci sentivamo in quel modo anche noi, incompresi e chiusi in gabbia."
La percepisce annuire, ha deciso di non voltarsi di nuovo verso di lei, parlarle in quel modo è più facile.
"Ti ho visto l'altro giorno, hai fatto un buon lavoro con lei, più di quanto non avrei saputo fare io."
"Non ero sicuro e non lo sono tuttora, anzi... Spero di non aver detto nulla fuori posto, non vorrei aver contribuito in qualche modo a..."
Le parole si rifiutano di uscire, rimangano a grattare sul fondo della gola, non potrebbe reggere un peso simile, si è già sentito abbastanza in colpa quando è venuto a conoscenza della crisi di suo padre.
Poi però d'improvviso i pensieri smettono di esistere all'interno della sua mente, percepisce la mano calda di Clarke sul suo ginocchio ed il mondo intorno a lui sparisce per un millesimo di secondo.
"Non ci pensare nemmeno Bell. Non hai alcuna colpa tu, semmai sono io quella a cui è sfuggito qualcosa, sono io che avrei dovuto fare di più."
Il maggiore dei Blake raggiunge la mano di Clarke con le proprie e la stringe avvolgendola con cura, se lui non è colpevole allora non si tratta nemmeno di lei, è strano pensarlo ma, nonostante i loro ruoli dentro quell'aula siano profondamente diversi, è insieme che affrontano quell'universo di drammi personali e visini affranti.
"Tu non c'entri principessa, sei un essere umano come tutti gli altri, non puoi fare l'impossibile in così poco tempo, sai meglio di me che per fare effetto il tuo corso ha bisogno di andare avanti ancora un po'."
Ora la cerca, ha bisogno di trovare i suoi occhi acquamarina, solo guardandola in viso ha una chance di rassicurarla e non vuole assolutamente farsela sfuggire.
L'impatto è veloce, dura pochi secondi, il maggiore dei Blake si è voltato al momento giusto, non appena ha percepito sul proprio corpo la sua occhiata si è affrettato a non perderla del tutto e a ricambiarla.
Un flebile sorriso inclina la bocca di Clarke, è un grazie sordo e mesto e a Bellamy va bene così.
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Out of Breath
Fanfiction[Bellarke - Modern.AU] Dal testo: "Mi dispiace." Sussurra timidamente. E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo. Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa...