VI

738 42 4
                                    


C'era una cosa che per Bellamy Blake aveva sempre significato più di ogni altra: la famiglia.
Sin da piccolo avrebbe sacrificato tutto pur di sapere sua madre, suo padre e sua sorella al sicuro.
Era insito nel suo cuore e quando qualcuno gli faceva notare quell'attaccamento quasi spasmodico, non riusciva a riconoscere da dov'è che si originasse quel sentimento così forte. Sapeva solo che faceva parte di lui in modo indissolubile.

Per questo quando sua madre li aveva inspiegabilmente abbandonati alla volta di Sydney il suo mondo gli era come crollato addosso.
Era accaduto tutto così velocemente: il giorno prima Aurora e Michael scherzavano e guardavano la tv uno affianco all'altra e solo ventiquattro ore dopo un taxi portava in aeroporto sua madre che stringeva tra le mani un biglietto di sola andata per la sua terra di origine.
Le pratiche per il divorzio avvennero a distanza e Bellamy fu più protagonista di quel che volesse, si ritrovò costretto ad aiutare il padre tra raccomandate, avvocati e siti online dei quali si servirono per compilare tutta la documentazione necessaria.
Non ebbe il tempo per arrabbiarsi, inizialmente era stato semplicemente travolto dalla furia dei suoi genitori e profondamente frustrato dal non poter trovare una spiegazione logica a tutto quel dramma.
Solo in un secondo momento la rabbia si impossessò di lui: era astioso con Michael che non aveva fatto assolutamente nulla per fermarla, orripilato dal comportamento di Aurora che gli aveva voltato le spalle con una semplicità unica e leggermente deluso da Octavia che sembrava impassibile di fronte alle scelte che quei due cocciuti dei loro genitori stavano intraprendendo senza minimamente tener conto del resto.
Si sentì messo da parte ed il suo sentimento fu esteso a sua sorella: come amplificato, nessuno si era curato di pensare a loro due: vittime sacrificali di quell'assurda separazione.

Perciò quando arrivò la sentenza fece ciò che sentiva più giusto: seguire Octavia; percepiva tutto il peso di quella responsabilità nei confronti di lei dato che i loro genitori avevano deciso di ignorarla, di tralasciarla come se nulla fosse, accecati da un egoismo che il maggiore dei Blake non era in grado di concepire.
Ed era così che si era lasciato sfuggire la sofferenza di suo padre, lo aveva sopravvalutato, lo aveva persino accusato, lo riteneva colpevole almeno quanto Aurora di quanto stava accadendo.
Già perché Mike non aveva mosso un dito, aveva riservato a tutta quella situazione un atteggiamento del tutto passivo come se non gli interessasse, sembrava solo voler far finire tutto alla svelta e Bellamy non era riuscito a perdonargli quella scelta così pateticamente vittimista.

Probabilmente sarebbe andata avanti così se, anni dopo, non avesse mai ricevuto una lettera confidenziale dal Washington Hospital.
Proprio quando tutto sembrava aver trovato un epilogo più o meno sereno, almeno ai suoi occhi, suo padre era stato ricoverato d'urgenza per intossicazione da alcool e i dottori avevano ritenuto opportuno avvertire almeno un familiare, soprattutto per la fallita terapia che aveva intrapreso in una clinica riabilitativa.
Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso, che fece tornare a galla senso di colpa e un maledetto senso di responsabilità mancato, che lo spinse ad aprire gli occhi e che gli fece prendere in considerazione l'idea di ritornare.
Dopo tutto avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per il bene della sua famiglia ed in parte lo aveva fatto ma era stato così sciocco da non rendersi conto che chi tra tutti aveva bisogno di lui era proprio Michael, rimasto inevitabilmente solo.
Trascinare con lui Octavia era stata una conseguenza, non le aveva lasciato scelta, poco importava se lei gli avesse riservato rancore per tutta la vita.
La lontananza aveva già provocato troppe vittime e Bellamy Blake non sarebbe mai riuscito ad affrontare tutto ciò che lo aspettava a Washington DC senza la presenza di sua sorella, saperla distante gli avrebbe solo causato ulteriore preoccupazione e non poteva permettersi errori questa volta.
Era una scelta egoista forse, in un certo senso persino disperata, tutta devota al mantenimento della promessa che sette anni prima si era fatto: Mia sorella, mia responsabilità.
Una promessa suggellata dalla cecità di Mike e Aurora, se loro non erano stati in grado di essere presenti per lei, ci avrebbe pensato lui.

Aveva provato un certo stupore quando sua madre lo aveva assecondato, asserendo esplicitamente che quella era la decisione migliore: dovevano esserci l'uno per l'altra, erano fratello e sorella: sangue dello stesso sangue e in un momento così delicato era assolutamente necessario che restassero insieme.
Così fu lei a fare il lavoro più sporco ancora una volta: a comprare altri biglietti di sola andata, a comunicare la notizia che avrebbe stravolto nuovamente la vita ad O', che avrebbe incrinato di nuovo il sottile equilibrio che con tanta, troppa testardaggine la giovane Blake aveva raggiunto, che l'avrebbe allontanata se non per sempre per un lasso di tempo, forse irrimediabilmente lungo, dall'unica persona con la quale era riuscita a sentirsi sé stessa in Australia, l'unico uomo al quale avesse mai aperto il suo cuore: Lincoln Whittle.


Quando Clarke termina il suo racconto, la sua versione dei fatti, in un attimo Bellamy viene travolto da tutto ciò che per anni e mesi ha tentato di nascondere.
Il divorzio, il trasferimento, il progressivo abbandono di suo padre sono cose a cui ha tentato di non dare grande rilevanza, almeno in apparenza, poco ha importato se ogni notte prima di chiudere gli occhi quei pensieri lo tormentassero, in superficie aveva comunque fatto di tutto per eliminarli.
Ma soprattutto Bellamy Blake è sempre stato convinto che nessuno sapesse nei dettagli di quel dramma familiare senza fine, certo, tutti i suoi amici erano al corrente del motivo per cui era stato costretto a lasciare gli Stati Uniti, non perché lui ci tenesse particolarmente a sventolare ai quattro venti le cause ma perché al tempo Octavia aveva sentito il bisogno di confrontarsi, di parlare con la maggior parte di quelle persone che erano i loro più cari ed intimi amici.
Nessuno però aveva osato mai scendere nei dettagli, ognuno di loro era stato vicino ai due fratelli come aveva potuto senza mai ledere quella dignità, quell'alone di privacy di cui i Blake non avevano potuto fare a meno.
Ma le cose erano cambiate.
Adesso Clarke sapeva.
E paradossalmente sapeva più di lui, aveva fatto molto di più di quanto non avessero mai potuto fare lui ed Octavia.

Non si permette di sorreggere di nuovo il suo sguardo mentre quei pensieri lo torturano, quando le nuove informazioni cominciano a far emergere al meglio quel puzzle che fin dall'inizio gli era apparso incompleto.
Si sente in colpa, vorrebbe darsi dell'idiota, sputarlo fuori quel rancore che prova nei suoi confronti per essere stato tanto cieco e meschino.
Perché nel profondo sa che non spettava a Clarke Griffin stare al fianco di Michael Blake, doveva esserci lui, suo figlio, ancora una volta era una sua responsabilità ma proprio come Aurora e Mike avevano fatto con Octavia, lui sembrava aver ripagato suo padre con la medesima moneta.
Se n'era lavato le mani, non si era minimamente posto il problema.

Sa che deve parlare, deve sforzarsi di trovare le parole adatte, è lui ad essere in difetto e glielo deve.
Quella ragazza non era obbligata a fare tutto quello per Michael eppure, senza chiedere nulla in cambio, si è sacrificata per suo padre e quel che è peggio è che lo ha fatto al suo posto, per una sua ingiustificabile mancanza.
Le labbra sono secchissime, lo percepisce appena tenta di aprir bocca, le umetta appena poi, solo dopo aver inspirato quanta più aria possibile, lascia che il fiato dia forma a quei pensieri confusi
"G-grazie."
Tiene ancora i suoi occhi fissi sul terreno, non è in grado di sostenere lo sguardo cristallino di Clarke, non si è mai sentito così debole, così insicuro.
No.
Perché Bellamy Blake odia sentirsi in debito con qualcuno e se quel qualcuno non gli è indifferente è ancora peggio.
"Non essere stupido Bellamy, non dovresti nemmeno ringraziarmi."
E' inevitabile, la sua risposta ha innescato in lui una confusione tale da costringerlo ad incontrare i suoi occhi.
Sembra sincera, le sue sopracciglia sono leggermente inclinate, gli appare quasi preoccupata ed è tutto ciò che non vorrebbe mai, non sopporta che qualcuno si impietosisca, provi pena nei suoi confronti ma è una situazione così drasticamente delicata.
Se Clarke non avesse a suo modo salvato suo padre, la lascerebbe lì, si alzerebbe, le volterebbe le spalle probabilmente per sempre, metterebbe il suo cuore in pace e si rassegnerebbe ma non oggi, non ora, non dopo tutto ciò che finalmente sa.
"Senti, è il minimo che io possa fare okay? Non eri obbligata a fare nulla di tutto ciò che mi hai raccontato e quindi non posso fare a meno di dirti grazie, non voglio sapere che cosa sarebbe potuto accadere se..."
Si morde un labbro, posa i suoi occhi altrove, non può continuare, farebbe troppo male e non vuole sentirsi ancora più vulnerabile.
"Hei."
Clarke si sporge verso di lui, posa lentamente una mano sulla sua spalla esercitando una delicata pressione sulla sua pelle, fa piano: probabilmente ha paura che lui possa reagire in modo forastico.
Ma Bellamy Blake rimane al suo posto, impietrito da quel contatto che non ha chiesto e che non riesce a scacciare, dal quale si sente completamente intrappolato, del quale vuole cogliere tutto il calore che in quell'istante gli appare come l'unica ancora di salvezza.
"Non posso sapere come ti senti... Ma posso immaginarlo, ci sto provando. Sappi solo che non devi colpevolizzarti Bellamy, tu non c'entri nulla, hai fatto tutto quello che potevi, sei stato con Octavia e fidati, posso assicurarti che era ciò che desiderava Mike, non avrebbe sopportato di sapere O' sola, lo sai anche tu questo."
Il maggiore dei Blake scuote la testa appena, sa che ogni parola di Clarke è esatta eppure non riesce a calmarsi del tutto.
Non può davvero perdonarsi, continua a rimproverarsi perché sa che avrebbe dovuto almeno rendersene conto, prestare più attenzione e invece no, non è stato capace.
"Smettila di torturarti."
"Non ci riesco."
Risponde con il fiato corto.
"Ma devi. Lo devi fare per tuo padre e Octavia, non è ancora troppo tardi."
La sua mano che ha sfiorato la spalla fino a quel momento, tentenna appena prima di ritirarsi, Bellamy Blake cerca di non farci caso, di non darlo a vedere ma quel distacco lo scuote ancora di più, avrebbe voluto sentire quel calore su di lui per almeno un altro po' di minuti.
Annuisce lievemente in risposta, assottigliando appena le labbra, poi guarda distrattamente lo schermo del cellulare: è tardi, tra poco Michael metterà un piatto caldo in tavola e alla luce di tutto quello che ha scoperto non può proprio perdersi quel semplice rito quotidiano.
"Dovremmo andare."
Clarke lo guarda di sottecchi, vuole assicurarsi che stia bene, che non stia buttando quella scusa solo per scappare dalla sua emotività, lo sa benissimo, la riconosce ancora sotto molti punti di vista, è sempre stata così, si è sempre preoccupata più per gli altri che per sé stessa, ha perennemente messo il bene comune sopra ogni altra cosa ed in un certo senso le è grato di non essere cambiata di una virgola.
La ragazza getta un'ultima occhiata al lampione poco distante da loro che nella flebile luce del crepuscolo si è finalmente acceso.
"Hai ragione..."

Out of BreathDove le storie prendono vita. Scoprilo ora