In pochi minuti è stato assalito da troppe domande, tutte così uguali e differenti tra loro che è quasi sicuro che il suo capogiro dipenda strettamente da quanto sta vivendo, deve essere così. Clarke Griffin non c'entra, se ne convince in fretta.
Scaccia via con uno sbuffo impercettibile l'immagine di quella ragazza poco più piccola di lui, si costringe a rivolgere il suo sguardo altrove, non la cerca più, non vuole farsi sopraffare ancora da quei ricordi confusi che non ha mai dovuto affrontare realmente.
Nota quindi che Raven ha i capelli stretti in una severa coda alta e indossa un vestito sobrio color antracite. Si compiace di quanto poco sia cambiata.
Jasper ha tagliato i suoi capelli lunghi che ora invece rimangono ordinati in una rasatura millimetrica ma sembra comunque sprofondare nella camicia bianca e troppo larga che indossa goffamente.
Dietro di lui un tizio dai lineamenti asiatici avanza timidamente e cerca di partecipare come può a quella caotica riunione, si è presentato poco prima ma non riesce a ricordare il suo nome.
Harper invece affianca il maggiore dei Blake, splende di un sorriso brillante, ha un viso meno tondo e più interessante, è cresciuta bene, si ritrova a pensare: 'Chi l'avrebbe mai detto.'
Eppure il ragazzo non riesce a districarsi in quell'orgia di sguardi e domande riservate esclusivamente a lui e sente il maledetto bisogno di una via di fuga.
E pensare che un tempo amava essere il protagonista indiscusso.
"Perché siete tornati? Non che mi dispiaccia ma ormai ci avevamo perso le speranze."
S'interroga il giovane Jordan senza sapere che quella riflessione pesi quintali nel cuore di Bellamy che prova comunque ad accennare un ghigno.
"Dovevamo sistemare alcune pratiche."
"Quindi poi tornerete in Australia?"
Harper è quasi preoccupata da quella ipotesi.
"Perché Octavia non c'è?"
Raven sembra invece stupefatta dall'assenza della minore dei Blake e Bellamy non riesce a crederci, la faceva più perspicace, è sempre stata la prima della classe dopo tutto.
Non è lui però che dovrebbe fornire giustificazioni al comportamento della sorella eppure non trova altra scelta.
"Ha sofferto parecchio il Jetlag, era sfinita."
Taglia corto.
Deve approfittare di quel momento di silenzio per ideare una scappatoia, si avvicina a Raven quindi, da quel che ha capito gestisce quello strano posto con Clarke.
"Sai dirmi dov'è il bagno Rav?"
"Certo ma non scappare, non abbiamo ancora finito con te."
Lo dice ridacchiando ma agli occhi del maggiore dei Blake suona davvero come una sorta di perversa minaccia.
La ragazza gli fornisce le indicazioni necessarie e il giovane si dilegua senza fare troppi complimenti.
Nessuno sembra colpito dal suo comportamento schivo e, per quel che vale, se ne compiace.
Non si rende conto ma sta quasi correndo, facendosi largo tra la calca; certo che i suoi amici ne hanno fatta di strada, pensa in modo che gli appare sconnesso da tutto ciò che sta vivendo, o forse no, sa che tutto ciò che è accaduto in sua assenza lo disorienta fino a stupirlo.
Quando arriva davanti la porta del bagno, fuori dalla sala principale, affianco a quella che deve essere la stanza adibita a segreteria di cui gli parlava la giovane Reyes poco prima, si permette di guardarsi intorno quasi con il fiatone.
E' buio e le voci arrivano finalmente ovattate alle sue orecchie.
Non cerca il bagno, cerca qualcosa di più definitivo che di cinque minuti passati in un cubicolo tutto specchi e umidità.
Conosce abbastanza bene l'architettura dominante di Washington, gli esterni appaiono tutti differenti tra a loro ma al loro interno le disposizioni strutturali non mentono, si assomigliano fottutamente.
Gli basta dare un'ulteriore occhiata in giro per confermare le sue teorie, trova al volo la porta d'emergenza e ci si fionda a capofitto, si lascia scivolare fuori in modo furtivo.
E' libero.
Sale i gradini che lo porteranno sul tetto del palazzo a due, a due.
Essere il figlio di un operaio che lavora da tutta la sua miserabile vita per un impresa edile ha i suoi vantaggi, un sorriso amaro gli curva le labbra leggermente dischiuse per permettere al leggero fiatone di fuoriuscire.
Sospira, lascia che l'aria frizzante della sera si abbatta su di lui, lo liberi dai pensieri, lo inebri. Chiude gli occhi, poi li riapre con uno scatto nervoso.
Si adagia al cornicione, permette ai suoi gomiti di trovare un punto di appoggio più o meno comodo e sprofonda nella visione notturna della sua Washington.
Mille luci delineano l'orizzonte, non ha la più pallida idea di dove si trovi, ha perso l'orientamento non appena Murphy ha superato i pochi punti di riferimento che gli erano rimasti della City, non si era mai spinto oltre se non per rarissime occasioni e quasi sempre si era mosso utilizzando i mezzi pubblici, di riconoscere quelle strade via, via più agiate nella loro lussuosa composizione non se ne parlava.
Forse quella città non è più la sua, forse non lo è mai stata.
Inspiegabilmente si ritrova a metter ordine nella sua testa, numera gli eventi, i visi che ha visto da quando è atterrato nuovamente sul suolo americano.
Pensa a suo padre, a Murphy, a Bryan e Nathan, a Raven e ai ragazzi e poi quel viso diafano e puro fa capolino nella sua mente.
Clarke Griffin di fronte ad un quadro che lo ritrae.
Ha riconosciuto quella chioma bionda dal primo istante in cui l'ha vista.
L'avrebbe riconosciuta in ogni situazione, si giustifica, era fin troppo semplice aspettare di trovarsela lì, non era il suo atelier quello?
Quando quella sera Murphy gli aveva detto che sarebbero andati all'inaugurazione della mostra di Clarke Griffin i suoi occhi erano colmi di sorpresa.
"Una mostra?"
"Arte."
Gli aveva spiegato l'amico e così aveva finito per raccontargli che la ragazza si era iscritta alla facoltà di Medicina per seguire le orme della madre ma poi aveva mollato.
Una persona speciale l'aveva convinta a seguire la sua vocazione ma nessuno sapeva chi fosse, Clarke non ne aveva fatto parola con nessuno, semplicemente da un giorno all'altro aveva buttato tutto all'aria dando il via a non poche discussioni con parenti e genitori.
"Deve essere stato un ragazzo, non credi?"
La frase era fuoriuscita senza troppa esitazione.
"Mmh. Non credo, i gusti di Griffin sono più particolari di quanto credi."
Particolari.
Che diamine voleva dire?
Si era impedito tuttavia di approfondire, perché doveva interessarsi alla vita privata di quella che nei suoi ricordi era ancora una ragazzina smorfiosa? Il resto del percorso fino al monolocale dei loro amici quindi era stato piuttosto silenzioso.
Ma adesso John non c'è e la sua curiosità riemerge.
Quello che continua a non spiegarsi è perché nessuno si fosse mai reso conto della dote che Clarke aveva costudito gelosamente.
Nemmeno Octavia ai tempi doveva sospettarlo, sua sorella aveva il vizio quasi malsano di raccontargli qualsiasi cosa riguardasse quella ragazza.
Quando aveva fatto quel ritratto?
Perché proprio lui?
I quadri di sotto erano strani, non brutti ma semplicemente bizzarri.
Più astratti che reali, linee colorate che accennavano idee.
C'erano corpi nudi di donne, sguardi penetranti, occhi verdi, cangianti, mani che si stringono ma il tutto era inserito in contesti confusi, le linee non erano mai volte a dipingere qualcosa di concreto, ne davano uno spunto ma non lo completavano, lo lasciavano immerso in colori confusi, sfondi macchiati, senza riferimenti tangibili.
Il suo ritratto era l'unico in bianco e nero.
L'unico i cui contorni delicati davano vita ad un'immagine palpabile, poteva davvero immaginarsi riverso su quel tavolo intento a leggere chissà quale libro.
Ogni sfumatura grigiastra sembrava far breccia nel suo animo, renderlo manifesto, non si era percepito così reale nemmeno in foto.
Ma lui di arte non capisce nulla e alla fine di quelle ponderazioni scrolla semplicemente le spalle in un moto di frustrazione.
Cerca di scacciare via l'immagine di sé su quel foglio ruvido, ingiallito.
Forse non aveva nulla di meglio da esporre.
Si convince di nuovo di una mera ipotesi.
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Out of Breath
Fiksi Penggemar[Bellarke - Modern.AU] Dal testo: "Mi dispiace." Sussurra timidamente. E sa che dovrebbe porgere le sue scuse ad ognuno di loro ma vuole essere sicura che sia proprio lui ad udirle per primo. Ad ogni modo se c'è una cosa che Bellamy Blake sa...