Capitolo 6

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Se c'era una cosa che Marco aveva imparato nella sua vita, era che qualunque conversazione che iniziasse con la canonica frase "dobbiamo parlare" fosse destinata a concludersi in un epilogo spiacevole. C'era un'aura sinistra, quasi minacciosa, in quelle semplici due parole, forse perché accompagnate quasi sempre da uno sguardo grave, o forse per la rigidità del corpo che trasudava tutta l'oppressione di pensieri capaci di ferire.
Alessandra era ferma sul posto e le mani irrequiete e sudate che si annodavano tra loro, diedero a Marco l'impressione che l'emicrania che aveva cercato di debellare tutto il giorno sarebbe presto tornata a fargli visita.
La guardò dal basso verso l'alto e quando si specchiò in quegli occhi verdi che amava tanto, così brillanti e espressivi, tremò nel trovarli così opachi.
Alessandra era limpida; non c'era gioia o angoscia che potesse eludere le vie obbligate dei lineamenti del suo viso. Era come se ogni parte del suo corpo fosse per natura impossibilitato a nascondere le emozioni. Le gambe si facevano irrequiete, strofinandosi tra loro per l'ansia o la frenesia, e il colore verde dei suoi occhi somatizzava la portata delle sue emozioni: più brillante in caso di felicità, più nebuloso, quasi tempestoso, quando qualcosa l'affliggeva. In entrambi i casi, però, erano leggibili al punto da fungere da specchio della sua anima.
Marco trovava che talvolta tutto questo fosse frustrante. Avrebbe voluto che Alessandra non fosse sempre un libro aperto, perché proprio in quei momenti, quando la paura nei suoi occhi era tale da farla tremare, essere catapultato nel bel mezzo delle sue preoccupazioni lo faceva soffocare.
Si fece guardingo e con una lentezza estenuante si alzò in piedi. Qualcosa gli diceva che fosse meglio ripristinare le rispettive altezze; quei centimetri in più lo facevano sentire più al sicuro. Lo faceva sempre anche in aula e in tutte le occasioni che sapeva che avrebbe dovuto difendersi.
Alessandra seguì attenta ogni suo movimento e quando lo vide socchiudere gli occhi in quel modo sospettoso, quello che cercava di leggerle dentro, deglutì una copiosa quantità di saliva.
Si fissarono per qualche attimo, senza proferire parola, chi per timore, chi per principio.
Marco sollecitava con lo sguardo Alessandra; tra i due era lei quella che aveva qualcosa da dire e dunque l'arduo compito di introdurre il discorso spettava a lei.
Alessandra addentò il labbro inferiore per il disagio e per quanto avesse percepito l'impazienza di Marco, non riuscì ad aprire bocca.
Non riusciva proprio a dirgli per la seconda volta che voleva andarsene via, anche perché non era vero. Lei non voleva andarsene; avrebbe voluto tanto restare a Napoli, ma le circostanze le imponevano di spostarsi altrove.
In realtà la sua idea non era quella di andarsene del tutto: l'opzione era quella di fare da pendolare o nel caso peggiore, quella di fittare una stanza per consentirle di fare il tirocinio quei quattro giorni della settimana e tornare poi ogni weekend da lui.
Pensandoci bene, non era poi così folle come proposta e neppure pretenziosa, anzi, tantissime persone sceglievano di adottare questa routine, nonostante lo stress che essa poteva comportare.
Non se ne importava che fosse stancante, che l'andare avanti e indietro potesse sfiancarla, lei per Marco lo avrebbe fatto.
Fu proprio questa ultima constatazione a rassicurarla e a darle il coraggio necessario per affrontare quella che sicuramente si sarebbe tradotta in una pesante discussione.

- Forse è meglio che ti siedi. – mormorò e la voce le uscì più flebile di quanto pensasse.

Marco strinse la mascella e i suoi occhi si fecero ancora più gelidi.

- Sto bene così. – sibilò, incrociando le braccia al petto – Adesso la smetti di girarci intorno e mi dici qual è il tuo problema? –

Alessandra sussultò impercettibilmente, ma in un certo senso si aspettava che lui reagisse in quel modo brusco, d'altronde Marco Ferraro non era certo noto per essere un tipo diplomatico. Deglutì nuovamente, stavolta a vuoto, e solo in quel momento si rese conto di essere totalmente priva di saliva, prosciugatasi in ogni sua goccia a causa dell'ansia.
Lo guardò ancora una volta negli occhi, così freddi e impassibili, con l'aria colpevole di chi aveva tanto da scusarsi, senza ancora aver dato un motivo per farlo. Poi sospirò rassegnata.

Non chiedermi di scegliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora