Capitolo 10

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Alessandra e Flaminia uscirono dalla stazione di Garibaldi, trascinando al loro seguito le loro valigie con un po' di agitazione. Girovagarono con lo sguardo alla ricerca della Bmw di Marco e quando la intercettarono, scorgendo anche la figura di Luca seduta sul sedile del passeggero, deglutirono vistosamente.

Avanzarono con passo incerto in direzione dell'auto, timorose di scorgere lo stato di animo dei rispettivi fidanzati che erano troppo intelligenti per essersi potuti bere la manfrina che avevano montato maldestramente la sera precedente.

«Ti sembrano incazzati?» bisbigliò Flaminia all'orecchio di Alessandra nervosa.

«Non riesco a vederli da qui!»

«Ci uccideranno, lo so! Hanno capito perfettamente che abbiamo mentito e adesso ce la faranno pagare!» rincarò Flaminia affranta, portandosi una mano in fronte.

Alessandra sollevò gli occhi al cielo e sbuffò scocciata.

«Flami, piantala! Mi stai facendo agitare ancora di più!»

Flaminia le rifilò un'occhiata astiosa e addentò il labbro inferiore.

«Non avrei dovuto ascoltarti! Avrei dovuto dirglielo subito!»

Alessandra spalancò la bocca oltraggiata.

«Ah adesso sarebbe colpa mia?! Chi è che è piombata all'improvviso a Roma? E chi si è inventata la stronzata del phon?!»

«Oh lascia stare! Sono stronza in testa io!»

Alessandra osservò divertita l'amica, scuotendo la testa. Il sorriso, però, le morì di botto quando si trovò dinanzi all'auto del suo fidanzato.

Marco Ferraro scese dalla macchina, infilandosi una mano nei capelli con il suo solito fare austero. Alessandra lo osservò con particolare attenzione e non le sfuggì la postura rigida e il sorriso sadico, quello che lei conosceva bene, quello che increspava le sue labbra quando macchinava qualcosa di poco piacevole. Le si avvicinò senza guardarla e quando giunse dinanzi a lei, Alessandra poté scorgere tutta la sua disapprovazione nell'azzurro dei suoi occhi.

«Ciao...» mormorò debolmente.

«Ciao!» rispose lui con fare distaccato, mentre sollevava la sua valigia e quella di Flaminia per sistemarle nel cofano.

«Come stai?» azzardò, addentando il labbro inferiore.

«Io bene. Tu? Come è andato il viaggio?»

Il suo tono era tranquillo, ma era una tranquillità che sapeva più di pacatezza. Era più una quiete apparente che nascondeva una tempesta che aspettava solo il momento propizio per poter esplodere.

«Bene.» si limitò a dire, deglutendo.

Alessandra salì in auto, mentre Flaminia, con una mano che si grattava la nuca, fissava il suo fidanzato rimasto seduto sul sedile del passeggero anteriore.

Luca non era sceso dalla macchina e guardava fisso dinanzi a sé con la mascella rigida e le braccia incrociate al petto. Diversamente da Ferraro che celava dietro la sua compostezza tutto il suo livore, lui non si preoccupò di manifestare liberamente quanto fosse arrabbiato.

Flaminia si avvicinò al finestrino con aria colpevole e cercò più volte lo sguardo dell'uomo senza però ottenere risultati.

«Ehi...»

Luca le rifilò un'occhiata distratta, poi tornò a girarle la faccia, e Flaminia non riuscì a contenere la sua delusione. Non si aspettava le feste, né certamente un bacio, ma che Luca, il suo Luca sempre allegro e scherzoso, non la guardasse nemmeno, la ferì in modo smisurato, facendola sentire ancora più stupida e colpevole.

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