Capitolo 12

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12.

Alessandra sbarrò gli occhi di soprassalto, oppressa dal terribile presentimento di aver dormito troppo. Guardò il soffitto con un nodo alla gola, mentre con una mano tastava a tentoni il comodino alla ricerca del suo cellulare.

Si sentiva troppo riposata e tutte le cellule del suo corpo vibravano simultaneamente, come in una specie di avvisaglia che tentava di prepararla psicologicamente a un trauma. Sbloccò il telefono trattenendo il respiro e quando vide l'orario temette di morire.

Erano le otto e quindici.

«No...»

C'era un momento, quello immediatamente successivo alla presa di coscienza, dove si restava immobili, incapaci di reagire. Appena aperti gli occhi, una giornata appena iniziata che si presentava già irrimediabilmente compromessa paralizzava. Il cervello andava in sovraccarico, diviso tra l'incredulità e l'iperaffaticamento dovuto dalla necessità di rimediare soluzioni in qualche frazione di secondo. Il corpo teso si faceva più pesante, ancorandosi al materasso. E le palpebre facevano su e giù, nella vana speranza di cancellare il tempo perso come un brutto incubo.

Alessandra riaprì un solo occhio, sperando di aver letto male. Quasi si strozzò.

«Merda!» urlò, liberandosi delle coperte con dei calci.

Corse in bagno strillando, si lavò in un batter d'occhio e mentre si infilava frettolosamente i vestiti, chiamò con voce stridula Manuel, il suo coinquilino.

Manuel accorse in camera sua con il fiatone e spalancò la porta con aria preoccupata.

«Che succede?!»

«Ho dormito troppo, devi darmi uno strappo con il motorino in Procura!» lo pregò, quasi piangendo «Ti prego, sono nella merda! Oggi ho la mia prima udienza!»

Manuel, fortunatamente già vestito, annuì vigorosamente con il capo. Si lasciò trascinare anche lui dall'agitazione e trotterellò per la stanza urlando, senza sapere in che modo darle una mano.

«Io te lo avevo detto che avresti dovuto chiudere tutto alle dieci. E invece hai voluto lavorare fino all'una di notte!»

«Dovevo ripetere tutto! Simone ha detto che prima dell'udienza avrebbe testato la mia preparazione sul caso e che stamattina avrebbe dato un'occhiata alle domande che ho preparato.»

«E non poteva farlo ieri?!» squittì Manuel irritato, passandole la borsa.

«Ieri è stato fuori tutto il giorno.» sibilò Alessandra, portandosi una mano in fronte affranta «Mi ucciderà! Questa è la volta buona che mi fa fuori!»

«A che ora è l'udienza?»

«Alle dieci.»

«E tu saresti dovuta essere lì...?»

Alessandra guardò l'orologio. Le venne da piangere.

«Ora.»

Manuel l'afferrò per un braccio e le puntò il dito contro.

«La multa per eccesso di velocità la paghi tu.» sentenziò, prima di trascinarla fuori.

Alessandra controllò spasmodicamente l'orario per tutto il tragitto. Manuel si stava dilettando in una prova guida del suo motorino di seconda mano degna di un professionista, tra slalom, sorpassi da ritiri della patente e imprecazioni volgari con un marcato accento meridionale. Gli occhi di Alessandra lacrimavano, ma nonostante i capelli che le schiaffeggiavano il viso a causa del vento, il suo sguardo era puntato rigorosamente sulle lancette.

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