Sofferente e stanco delle continue offese che gli uomini Gli recano, Dio decide eccezionalmente di farsi intervistare, nella speranza di poter recuperare quel rapporto che un tempo aveva con gli uomini. Tameto, giovane giornalista, un giorno riceve...
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"...Buongiorno, sono io, Tameto. Sono un po' emozionato... del resto non è una opportunità che capita tutti i giorni, e credo che Lo sappia meglio di me..."
" Dammi pure del tu, figlio Mio. Stai tranquillo, non essere intimorito."
Tameto non era intimorito. Sembrava esternare una certa sicurezza.
"Ma... perché sento solamente la Tua voce? Non riesco a vederti... posso sapere dove ci troviamo?"
"Ci troviamo in un posto molto particolare. Per adesso, non è importante che tu lo sappia. Non saresti pronto. Sai perché ci troviamo qui?"
La voce che Tameto sentiva era prorompente, decisa ma dolce al tempo stesso. Era emozionato. Davvero tutto quello che stava vivendo era reale?
"Sì, ma ancora non riesco a crederci. ...Sto parlando con Dio!"
"Figlio Mio, sapessi a quante cose voi non credete..."
La voce si era leggermente affievolita. Il tono era diventato meno deciso e più flebile, con una punta di malinconica rassegnazione.
"Può darsi, ma.. ecco, mi sembra sempre più incredibile. Dio, il creatore Onnipotente del Cielo e della Terra, ha deciso di farsi intervistare da me. Spero che tu possa capirmi, ma per me non è semplice."
Per un attimo, non vi fu alcuna risposta.
"No, quella non è mia."
Tameto si fermò per un momento. Si guardò attorno velocemente, un po' intimorito, alla ricerca di qualcosa, come un ladro impaurito che abbia sentito un rumore improvviso durante una delle sue rapine notturne.
"Cosa...? Non è tua... cosa?"
"La barba."
Per un momento Tameto pensò veramente di sognare ad occhi aperti. Non sapeva dove si trovasse, era un po' intimorito da tutto ciò che stava succedendo. Era confuso, ma tentava di mostrare una certa compostezza.
"La barba? Di quale barba stai parlando?", chiese Tameto in tono di disappunto.
"Mentre ti rivolgevi a me, nella tua mente Mi hai immaginato come un signore anziano, dal volto indefinito, con una lunga barba grigia, folta e riccia. Tuttavia, quella barba non è Mia. Non ho nessuna barba. Figlio Mio, ricordati sempre che niente Mi è nascosto. Tutto ciò che pensi, che senti, che provi e che vedi, Io lo percepisco."
Vi fu qualche altro attimo di silenzio. Tameto era scosso, un misto tra l'attonito e l'incredulo. Eppure era vero: prima nella sua mente, aveva immaginato un signore anziano, sulla sessantina, dalle mani grandi ed avvizzite. Ed ovviamente, con una lunga barba grigia, folta e riccia.
"Bè...", farfugliò sillabicamente Tameto.
Ancora silenzio. L'imbarazzo che stava provando era sempre più evidente, eppure Lui non diceva niente. Aspettava pazientemente, in silenzio, che Tameto riprendesse a parlare.
"Bè, sai... quando l'altro giorno sono entrato in camera e mi sono sdraiato sul letto, dopo una lunga giornata di lavoro in redazione, non mi sarei mai aspettato di sentire quella che poi si è rivelata la Tua voce. Dopo aver superato la forte incredulità iniziale, mi ha colto di sorpresa la richiesta che mi hai fatto, quella di concederti un'intervista. Non volevo risponderTi male. Ma tutto sommato, non ero spaventato..."
"Hai ragione, non eri spaventato. Eri proprio terrorizzato, figlio Mio."
Ancora silenzio. La voce che Tameto sentiva aveva adesso assunto una certa vena ironica, come quando una donna sa di creare un certo imbarazzo in un uomo ma aspetta che sia lui a chiederle qualcosa. Tameto stava iniziando a comprendere che era veramente il caso di dimostrarsi sinceri. A questo punto era chiaro che non poteva nasconderGli proprio niente. Stavolta non dovette sforzarsi di riprendere la conversazione.
"Vedi, figlio Mio, quanto spesso vi fate prendere dalla paura? La semplicità è la chiave di tutto. Tanto più riuscirai a mettere da parte la logica, l'orgoglio, la paura e la presunzione, tanto più facile sarà per te riuscire a sentirMi".
"D'accordo, capisco."
Tameto stava iniziando a tranquillizzarsi. In fin dei conti, si può avere davvero paura di qualcuno che conosce tutto di te?
"Non è il caso che tu abbia paura. La paura nasce in voi quando temete il giudizio degli altri, figlio Mio. Se gli altri non vi giudicassero, o se non aveste timore di ciò di cui potrebbero pensare di voi, non un solo uomo su questa terra avrebbe paura di esprimersi. Io ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso. Non sono qua per giudicarti. Quale paura potresti mai avere, figlio Mio?"
Era incredibile. Sembrava che quella voce, in un primo momento decisa, stesse diventando dolce ed amichevole. Pareva quasi che si adattasse allo stato d'animo di Tameto. Che fosse solo un'impressione?
"Quando avete paura di qualcosa o di qualcuno, percepite dentro di voi un pericolo. Anche se quel qualcuno o quel qualcosa si avvicinasse a voi in punta di piedi, se ne avete paura lo respingerete a prescindere. E' parte integrante della vostra natura, figlio mio. Purtroppo lo so bene."
"Purtroppo..?"
"Sapessi quante volte nemmeno oso sfiorarvi, ma Mi avvicino solo silenziosamente a voi, sperando in una vostra attenzione. Eppure Mi respingete sempre, senza nemmeno volerMi conoscere. E ciò che più Mi ferisce, è che spesso non Mi respingete per paura, ma per presunzione, per orgoglio, per mancanza di voglia."
Stavolta Tameto dovette concentrarsi molto per sentire quelle parole. Il tono era calato. Per un attimo, a Tameto parve che quelle parole fossero state interrotte da un impercettibile singhiozzo, come quando si vorrebbe proseguire un discorso, ma sarebbe inevitabilmente interrotto dalle lacrime.
"Credo di aver afferrato il concetto. Penso proprio che Tu abbia ragione."
Tameto cominciava ad abbassare le sue difese. Percepiva in quelle parole qualcosa che era diverso da ciò che era abituato a sentire dagli altri. Erano pervase da un'insolita sensibilità. Erano semplici, dirette e sembravano far emergere al meglio ciò che volevano esprimere, senza secondi fini di alcun tipo. Tameto pensò che non sarebbe mai riuscito a formulare simili discorsi.
"Vedi, figlio Mio, quanto siete prevenuti? Quanto vi sottovalutate? Per quale motivo non dovresti riuscire ad esprimerti pure tu al meglio, seguendo il Mio esempio? Basta un po' di onestà, una buona dose di sincerità e quanto basta di semplicità. Ho donato a ciascuno di voi delle speciali e specifiche facoltà, è vero, ma ogni uomo è in grado di fare molto di più di quanto egli stesso creda".
Tameto non ero molto d'accordo. Del resto, è sempre stato una persona piuttosto sicura di sé. Tanto più che era inutile mascherare ciò che pensava.
"In realtà, penso che un po' tutti sappiano qual è il loro valore, chi più chi meno..."
"Tu credi, figlio Mio?"
Tameto si scrutò interiormente per qualche secondo. Non capiva cosa potesse esserci di strano nella sua affermazione. Era stato sincero, aveva detto quello che pensava veramente a Dio, che fosse giusto o sbagliato. Non era questo, quello che Lui voleva?
"Non avertene a male, figlio Mio. Volevo solo spingerti a riflettere un po'. Sai quando viene davvero in superficie ciò che siete, figlio Mio? Il vero valore di ciascuno di voi emerge pienamente durante le difficoltà. Per un marinaio è semplice rimanere stabile fintanto che il mare è tranquillo. Riuscirà a non perdere la calma anche quando sarà mosso?"
Tameto aveva capito ciò che Lui intendeva dire. Lo sapeva benissimo. Ma vi aveva mai veramente riflettuto sopra? Era un interrogativo, questo, a cui è difficile dare una risposta. Si prese del tempo prima di rispondere: non glieLo disse, dato che Lui avrebbe sicuramente saputo il perché del suo momentaneo silenzio. Ma una cosa era certa: adesso Tameto era pronto più che mai per cominciare l'intervista.